“L’incertezza è il nemico da battere”, riassume Jean-Claude Trichet, il presidente della Banca centrale europea. Si riferisce all’incertezza che le banche internazionali siano davvero solide e che i loro bilanci possano sopravvivere ai momenti di panico sui mercati. Per questo, nel weekend, i banchieri centrali di mezzo mondo riuniti nel comitato di Basilea hanno stabilito i nuovi vincoli da imporre alle banche. L’intesa raggiunta va sotto il nome di “Basilea 3” (ce ne sono già state due che non hanno ottenuto grandi risultati).

Cosa stabilisce Basilea 3? Le banche potranno prestare meno soldi e dovranno accumulare più riserve per evitare che l’incapacità di alcuni debitori di ripagare il dovuto ne metta a rischio la sopravvivenza. La somma di capitale azionario e riserve (quanto vale la banca e quanti soldi ha) deve essere almeno il 4,5 (e non più il 2) per cento delle attività di rischio in cui sono investiti i soldi dei depositanti. Il parametro che misura la solidità di una banca, il cosiddetto Core Tier 1, deve mantenersi almeno al sei per cento. A questo si aggiunge il tentativo di trasformare le cicale in formiche: le banche dovranno mettere da parte più risorse quando le cose vanno bene per affrontare poi i momenti critici. Ogni Stato può imporre agli istituti di credito di creare un “cuscinetto” con un valore compreso tra lo 0 e il 2,5 per cento del capitale da usare in caso di bisogno. I critici fanno notare che si interviene solo su quanto le banche possono investire, non su come, dove e con quali rischi.

Cosa cambia per le banche? Se le regole funzioneranno, le banche dovranno rinunciare ad alcune occasioni di profitto, perché una parte dei capitali che ora investono dovrà rimanere inutilizzata. Se le banche non   rispettano i parametri di solidità, le autorità di vigilanza possono imporre limiti ai bonus da pagare ai manager e, quel che più conta, ai dividendi da pagare agli azionisti. In teoria, quindi, si introducono forti incentivi a limitare gli eccessi.

Per questo molti istituti, a cominciare da Deutsche Bank, sono pronti ad operazioni di aumento di capitale   (cioè a chiedere soldi ai propri azionisti) per rafforzarsi prima dell’entrata in vigore delle nuove norme ed evitare così le sanzioni. Le banche più grandi, però, temono un effetto perverso: i nuovi vincoli riducono le possibilità di profitto, questo deprime il valore delle azioni in Borsa, quindi si riduce il valore dell’azienda e di conseguenza i parametri (essendo calcolati come percentuali del capitale) diventano ancora più soffocanti.

Quali sono le conseguenze per i clienti? Visto che l’accordo di Basilea introduce di fatto nuovi costi per le banche, il timore è che questi possano essere scaricati sul cliente finale. I più esposti a questo rischio sono i risparmiatori europei, perché in Europa i privati ottengono il 75 per cento dei finanziamenti dal sistema bancario, mentre negli Stati Uniti la percentuale è soltanto il 25 (sono molto più diffuse forme di credito al consumo come gli acquisti rateizzati). Va però ricordato il vantaggio collettivo: con le nuove regole il rischio che gli Stati debbano salvare le banche – come è successo spesso durante la crisi, basti ricordare il caso della britannica Northern Rock – si dovrebbe ridurre drasticamente. Quindi, quello che il consumatore finale paga in più di interessi e commissioni dovrebbe essere più che compensato da minore debito pubblico e interessi più bassi.

Cosa cambia per le imprese? Il concetto cardine di Basilea 2, ripreso e rafforzato da Basilea 3, è che i clienti di una banca non sono tutti uguali. Se un credito è ad alto rischio, perché l’imprenditore che ha ottenuto il finanziamento difficilmente lo restituirà, deve essere poco considerato nel valutare la solidità di quella banca. Le attività, si dice, vengono ponderate per il rischio. Le imprese hanno protestato – e protesteranno – perché dicono che con questo metodo si introducono degli automatismi nel processo decisionale (a chi prestare? di chi ci può fidare?) che finiscono per penalizzare le aziende più piccole. Le banche italiane, giura il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, “saranno in grado di muoversi verso livelli patrimoniali più elevati con gradualità assicurando al tempo stesso il sostegno alle imprese e all’economia”. Ma Confindustria e la Lega Nord, che recepisce i timori dei piccoli imprenditori, sono molto meno ottimiste. Il lato positivo dovrebbe essere che i “cuscinetti” di capitale accumulati nei tempi buoni consentiranno alle banche di lasciare aperti i rubinetti del credito anche quando l’economia va male.

Quando entreranno in vigore le nuove regole? Manca ancora un passaggio formale, l’approvazione del G20 a novembre (per ora hanno detto sì i governatori delle Banche centrali, devono ancora pronunciarsi i governi). Poi, dal 2012 al 2019, cominceranno a entrare in vigore i vincoli sul patrimonio. Tra un decennio, crisi permettendo, le banche dovrebbero essere più solide. La vera incognita è però se Basilea 3 verrà recepita anche dagli Stati Uniti, che non hanno mai applicato Basilea 2. Se così non sarà, l’Europa si ritroverà con banche più solide e meno competitive che operano in un ambiente finanziario pericoloso esattamente come quello attuale.

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