"Di cosa va più orgoglioso?", gli chiede Minoli nell’ultima intervista tv. Pausa. "Di non aver mai tradito gli ideali della mia giovinezza". La scelta di classe nel tempo in cui costava davvero. Nascere in una famiglia nobile di Sassari – bisnonno garibaldino, nonno liberale, padre socialista – buttare tutto a mare per iscriversi al Pci sotto il fascismo.

Finire in carcere per i moti del pane, è il 1944. "Adunata sediziosa", 3 mesi, lettere serie dalla prigione al fratello Giovanni: "Impegnati nella lotta!". Lui 22 anni, Giovanni 20, due ragazzi. Enrico Berlinguer non ha il fisico e il curriculum dell’eroe predestinato. Chiuso, minuto, testardo, viso che si illumina di sorrisi timidi ma rari.

Però mostra carisma magnetico anche se fa le squadre di calcio sulla spiaggia di Stintino. A scuola va male in italiano, perde la madre a 14 anni, una malattia terribile: encefalìte letargica. Legge libri proibiti – Marx, Bakunin e Lenin – nella biblioteca di uno zio. Liceo all’Azuni, quello della classe dirigente.

Ma di sera corre in bicicletta – di nascosto dal padre – in campagna: riunioni clandestine con gli operai antifascisti.

Alla Liberazione è segretario della Fgci: piace a Togliatti, ma dopo la morte del Migliore lo retrocedono: segretario in Sardegna. Torna al vertice, però: nel 1968 è vicesegretario del Pci e leader designato (il candidato sconfitto: un certo Napolitano). Nel 1968 è a Mosca, nemico dell’ortodossia brezneviana. Porta i compagni a discutere sotto un albero per non farsi intercettare: il primo grande strappo del Pci. Nello stesso anno il partito condanna l’invasione della Cecoslovacchia. Dice: "Sono comunista dalla punta dei piedi alla radice dei capelli".

Però è un comunismo eretico e antisovietico. Sofia, 1973, un finto incidente. Il Kgb prova a farlo fuori, è salvo per miracolo: "È un attentato", spiega. Ma il segreto regge vent’anni.
Mosca, 1976, XXV congresso del Pcus: "Non può esistere socialismo senza democrazia": è l’eurocomunismo (copertina su Time).
Nel 1980 ai cancelli della Fiat: operai in sciopero, microfoni legati con lo scotch: "Il Pci è con voi". Nel 1981, a Scalfari: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni… Esiste una questione morale”.

Duella con Craxi, fischi al congresso del Psi e battaglie contro (tutti) i missili. "Noi siamo convinti che questo terribile intricato mondo possa essere letto, conosciuto, interpretato, messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, e della sua felicità". Muore durante un comizio a Padova, giugno 1984.

Da Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio

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