Magistrati che fanno politica? Non sono d’accordo, innanzitutto perché hanno una innata difficoltà a gestire il consenso. Non sono abituati“. Sono le parole del magistrato Piercamillo Davigo, ospite di In Onda Estate, su La7. “I magistrati non devono cercare il consenso” – continua – “Infatti, un magistrato che cercava consenso era Ponzio Pilato, che fece il referendum su chi si volesse libero tra Gesù e Barabba. Il problema specifico dell’Italia è che c’è un elevato tasso di faziosità. Se quindi un magistrato va a fare politica, intanto, getta un’ombra su quello che ha fatto prima. E comunque, quando rientra, rischia di perdere credibilità. Secondo me, è sbagliato, però dobbiamo prendere atto che questo è il pensiero medio dell’opinione pubblica”. E sottolinea: “Trovo abbastanza irritante che la politica ce l’abbia coi magistrati che fanno politica, perché, se un magistrato si candida, vuol dire che c’è qualcuno che candida quel magistrato. Se non li candidassero, i magistrati non potrebbero diventare politici. Per questa ragione, l’Anm ha chiesto al Parlamento, che sta esaminando un ddl per regolamentare il problema del rientro dei magistrati, di stabilire che i magistrati che provengono da incarichi politici, quando rientrano, non abbiano incarichi giurisdizionali. Ovviamente non si può pensare di vietarlo per legge, perché in tutti i Paesi civili i diritti politici li tolgono ai delinquenti. Solo in Italia c’è qualcuno che propone di toglierli ai magistrati“. Davigo si pronuncia anche sul tema migranti: “Larga parte dei problemi di questo Paese deriva dall’imprevidenza della classe dirigente. Io non so se ci sono altri Paesi dove la classe dirigente si distingue per così tanta imprevidenza su tutto, anche nel gestire l’immigrazione. Quando negli anni ’90 si è cominciato a porre un problema di necessità di immigrazione dal punto di vista economico per la crisi demografica e perché gli italiani non volevano fare una serie di lavori, un Paese accorto avrebbe cominciato a rilasciare i visti, selezionando gli immigrati. Io non ho mai visto nessuno lamentarsi delle domestiche filippine. Non avendo rilasciato i visti, salvo rari casi” – continua – “il risultato è che c’è stata una fortissima immigrazione clandestina seguita da sanatoria, secondo la peggiore tradizione italiana. Tutti i governi fanno le sanatorie: non solo per gli immigrati, ma anche per il fisco, l’edilizia e così via. Non è affatto vero che gli immigrati commettono più reati degli italiani. Anzi, quelli regolari sono decisamente meno devianti degli italiani, perché sanno che rischiano il non rinnovo del permesso di soggiorno”

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