Si allargano le tutele per la maternità, ma non si fa cenno al diritto a una retribuzione equa e proporzionata sancita dalla Costituzione. Si prevede una tutela contro i ritardi nei pagamenti delle fatture ma, in sostanza, cambia poco quando il pagamento non arriva proprio. Nei giorni scorsi la Camera ha votato lo Statuto sul lavoro autonomo con le modifiche introdotte dalla commissione Lavoro alla Camera. Il testo, presentato dal governo Renzi agli inizi del 2016, passerà ora all’esame del Senato per la terza lettura, con un passaggio blindato in vista dell’approvazione definitiva. Il ddl 4135 interessa una platea di 2 milioni di lavoratori, tra partite Iva e collaboratori, è composto di 22 articoli suddivisi in tre capi, il primo dei quali contiene proprio le norme per la tutela del lavoro autonomo. Ci sono misure attese da anni, come quella che riconosce l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, a decorrere dal 1 luglio 2017, ai collaboratori, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca, a fronte di un incremento dell’aliquota contributiva pari allo 0,51% e quelle sulla deducibilità totale, nel limite di 10mila euro all’anno, delle spese sostenute per la formazione.

Le occasioni perse – Accanto a queste novità, ci sono anche dei limiti, delle occasioni perse. “Nonostante ci siano alcune misure positive – spiega a ilfattoquotidiano.it Vincenzo Martino, vicepresidente dell’Agi (Avvocati giuslavoristi italiani) – noto una discrasia tra la decisione con cui nel Job Act si sono volute diminuire le tutele del lavoro dipendente, rendendo anche più facili i licenziamenti, e la debolezza dello Statuto del lavoro autonomo, che trovo un provvedimento molto timido”. La prima carenza? “La mancanza di una tutela efficace in applicazione ai principi sanciti dagli articoli 35 e 36 della Costituzione, ossia di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro”. In questa direzione “la proposta della Cgil prevedeva una tutela molto più corposa, anche in termini di riconoscimento di condizioni di lavoro dignitose”.

Il committente non può modificare unilateralmente il contratto – Il ddl estende l’applicabilità delle disposizioni del decreto legislativo n. 231/2002, che disciplina i pagamenti nelle transazioni commerciali tra imprese (e tra imprese e pubblica amministrazione), anche a quelle tra lavoratori autonomi e imprese, amministrazioni pubbliche o altri lavoratori autonomi. L’articolo 3 stabilisce che il committente non può modificare unilateralmente le condizioni del contratto (né rifiutarsi di stipularlo in forma scritta) o, nel caso di una prestazione continuativa, recedere senza congruo preavviso. Sono considerate abusive, inoltre, le clausole che prevedono termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento. In caso di condotte abusive, il lavoratore autonomo ha diritto al risarcimento del danno, “anche promuovendo un tentativo di conciliazione mediante gli organismi abilitati”. E questo è sicuramente uno degli aspetti più importanti del testo. Se le scadenze relative ai pagamenti non vengono rispettate scattano gli interessi di mora.

“È positivo che non siano ritenuti validi termini di pagamento più lunghi, neppure se previsti da un contratto – spiega Martino – e se esisteva già una norma che prevedeva il pagamento degli interessi moratori (dunque non si tratta di una novità in assoluto), è anche vero che questi interessi decorreranno dal mancato versamento del compenso e non dalla presentazione della domanda giudiziaria”.

“Sull’ingiunzione non cambia molto. E le partite Iva potevano dedurre costo per l’assicurazione anche prima” – Diversa la questione del mancato pagamento e del procedimento per ingiunzione. “Nel testo vedo più marketing che tutele effettive” commenta Martino. “I lavoratori autonomi sono equiparati agli imprenditori – spiega il giuslavorista – e, quindi, potranno ottenere l’ingiunzione di pagamento dal giudice semplicemente producendo l’estratto delle scritture contabili in copia autentica. Rispetto al passato non cambia molto, in quanto anche per gli autonomi la strada per l’ingiunzione non era così complessa”. E se da un lato il nuovo testo rende integralmente deducibili i costi per la garanzia contro il mancato pagamento, dall’altro si prevede che la garanzia venga “fornita da forme assicurative o di solidarietà”, lasciando un po’ tutto in mano al lavoratore. “Tra l’altro – spiega Martino – il fatto che gli oneri sostenuti siano deducibili al 100% è una novità per i contratti di collaborazione continuata e continuativa e non per le partire Iva, a meno che non si tratti dei regimi forfettari”. A riguardo, il presidente dell’associazione di freelance Acta Anna Soru spiega: “Il problema resta e non è di semplice soluzione. Servirebbe una forma di assicurazione, un fondo, ma ad oggi consideriamo già un passo in avanti la tutela contro i ritardi nei pagamenti”. Secondo il presidente di Acta “non sarà così facile far valere questi diritti”. Per questo, in una prima versione del testo si prevedeva che tutte le controversie fossero rimandate al Tribunale del lavoro. “In termini pratici – spiega Soru – sarebbe stato importante, perché avrebbe reso il testo stesso più efficace data la differenza nei tempi rispetto alla giustizia ordinaria”.

Congedo parentale sale da 3 a 6 mesi. In caso di malattia sospensione dal lavoro per massimo 150 giorni – Per quanto riguarda la maternità, la prima novità riguarda la possibilità di ricevere l’indennità di maternità anche se non ci si astiene effettivamente dal lavoro non solo per chi esercita attività d’impresa, ma anche le libere professioniste iscritte alla Gestione separata che fatturano. La durata del congedo parentale è aumentata da 3 a 6 mesi, come per i dipendenti e il congedo può essere fruito entro i primi 3 anni di vita del bambino (ad oggi si può chiedere solo entro il primo anno). Il rapporto di lavoro non si estingue in caso di gravidanza, malattia e infortunio dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa. Si può richiedere la sospensione (senza diritto al corrispettivo) dell’attività lavorativa per non più di 150 giorni nell’anno solare. “Noi speriamo che si possa intervenire ulteriormente sul fronte maternità – spiega Soru – equiparando i metodi di calcolo a quelli utilizzati per le professioniste ordiniste e che fanno riferimento all’anno precedente a quello della maternità e non a quello in cui nasce il bambino”. E se il testo prevede che in caso di malattia e infortunio particolarmente gravi si possa interrompere il versamento di contributi e premi fino a due anni, restituendoli in seguito (il lavoratore potrà rateizzare il debito), “riteniamo opportuno – conclude il presidente di Acta – che si arrivi a una definizione più estesa di malattie gravi per le quali, ad oggi, ci sono complicate restrizioni”.

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