Riforma del sistema penitenziario, sospensione della prescrizione dopo la condanna in primo grado e delega sulle intercettazioni. Il governo ha chiesto il voto di fiducia sul contestato (e per mesi affossato in commissione) disegno di legge per la riforma del processo penale. Dopo vari tentativi di mediazioni e rallentamenti, passa la linea del ministro della Giustizia Andrea Orlando che da sempre chiedeva la fiducia sul ddl tra le proteste di Ncd e delle opposizioni. L’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi non si era mai espresso direttamente e la questione era sempre stata rimandata. Ora è arrivato il momento per l’Aula di Palazzo Madama di esprimersi sull’argomento: le dichiarazioni di voto inizieranno il 15 marzo alle 9.30 e alle 11 ci sarà la prima chiama. Nel pomeriggio ci sarà invece la mozione di sfiducia del M5s contro il ministro Luca Lotti e giovedì mattina si voterà la decadenza del senatore Augusto Minzolini (Fi).

La scelta di porre la fiducia ha scatenato non poche polemiche. Se Forza Italia l’ha definito “uno scandalo”, a criticare il provvedimento è stato anche l’ex Pd Felice Casson che ha annunciato non voterà e quindi, presumibilmente, uscirà dall’Aula. “E’ un testo mediocre”, ha detto il senatore che è anche uno dei relatori del provvedimento, “che non risolve i problemi”. Su temi caldi come la prescrizione offre solo “un pannicello caldo” e serve soltanto “come bandierina per il ministro della Giustizia. L’”unica nota positiva”, ha detto Casson, “è l’aver eliminato la legge ex Cirielli”, ma su molti altri aspetti del provvedimento è critico. A cominciare dal sistema delle notifiche per il processo penale. “Le notifiche avvengono ormai quasi esclusivamente per via informatica, tranne per il processo penale. Qui si fanno ancora come nel Medioevo, forse perché si è ceduto alle lobby di qualche avvocato…”. Per Forza Italia è una vergogna le decisione di mettere la fiducia: “E’ a dir poco scandaloso”, ha dichiarato il deputato azzurro Francesco Paolo Sisto. “Imporre una fiducia politica su norme penali che, peraltro, porteranno alla compressione dei diritti della difesa, all’allungamento a dismisura dei tempi processuali e alla restrizione del diritto di fare appello è semplicemente una vergogna. Governo e Pd stanno anteponendo le ragioni della campagna elettorale congressuale al rispetto del dettato costituzionale, travolgendo i diritti e le garanzie dei cittadini e bypassando il Parlamento: la democrazia vive così la drammatica cronaca di una morte annunciata”. Per il Movimento 5 stelle il “ddl Penale è una vergogna per uno Stato di diritto e per questo voterà contro”: “Tutti dobbiamo far sentire la nostra voce, prima che ci arrestino per aver postato un’intercettazione di un politico corrotto”. Secondo i grillini, il ddl è un modo per fermare i magistrati “mentre l’inchiesta per corruzione in Consip sta travolgendo “sia il Pd che il ‘sistema’ Renzi, il governo, con la complicità di Alfano e Verdini, accelerano, guarda caso, l’approvazione del ddl penale (fermo in Commissione da quasi 2 anni) con l’ennesimo voto di fiducia per legare definitivamente le mani ai Magistrati e alle forze dell’ordine. Il messaggio del governo a chi lavora per scoprire tangenti e corrotti è semplice: ‘Tu fatti i cazzi tuoi’ (copyright Cetto La Qualunque). Garantismo per i tangentari, bastoni tra le ruote della giustizia e carcere per i cittadini che fanno informazione”.

L’iter del provvedimento è stato particolarmente tormentato. Dopo il via libera della commissione Giustizia del Senato ai primi d’agosto, in Aula si è arenato l’11 ottobre, impallinato dalle tensioni fra Ap e Pd e dal clima di attesa per il referendum sulle riforme costituzionali. E così, non è tornato all’attenzione dell’assemblea prima del 28 febbraio scorso. I punti fondamentali sono la prescrizione, la delega sulle intercettazioni e la riforma dell’ordinamento penitenziario. Per quanto riguarda la prescrizione si prevede un massimo di 3 anni per la sospensione dei termini: in caso di condanna in primo grado, uno stop di un anno e mezzo tra il processo di primo grado e l’appello, e la medesima sospensione tra secondo grado e Cassazione. L’aumento dei termini di prescrizione, con uno stop fino a 18 anni, è poi previsto per i reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione.

Sempre per quanto riguarda la durata del procedimento, si inserisce il limite di 3 mesi per decidere se procedere o archiviare. Allo scadere del termine della durata massima delle indagini preliminari il pm avrà tempo 3 mesi per decidere se chiedere l’archiviazione o esercitare l’azione penale. Il limite – dopo una modifica introdotta nel corso dell’esame dell’aula – potrà essere prorogato di altri 3 mesi per inchieste di particolare complessità. Il limite previsto per i reati di mafia e terrorismo è invece di 12 mesi. In caso di mancata decisione entro il termine previsto l’indagine sarà avocata dal procuratore generale presso la Corte d’appello. Le nuove regole si applicheranno solo alle nuove iscrizioni di reato. Si introduce inoltre l’obbligo di archiviazione quando la persona offesa non abbia presentato opposizione e pm o pg insistano nel richiedere l’archiviazione stessa. Di contro viene abrogata la disposizione in base alla quali l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti per i procedimenti in camera di consiglio.

Molto discusso anche il punto che riguarda le intercettazioni. Nel ddl si prevede anche una delega al governo per la famosa questione della pubblicazione delle intercettazioni con l’inserimento di udienze filtro durante le quali i magistrati possono eliminare dagli atti quelle non penalmente rilevanti o che ledono la privacy soprattutto di soggetti terzi. Nel provvedimento all’esame vengono trattate anche le intercettazioni informatiche (ad esempio quelle tramite il programma virus Trojan) che saranno possibili solo se c’è la certezza “che si stia svolgendo l’attività criminosa”, fatto salvo i reati di mafia e terrorismo. Infine, sempre in merito alle intercettazioni, l’emendamento presentato dal governo chiede un taglio del budget del 50 per cento: “quantificabili in 10 milioni per 2017, 20 milioni per il 2018 e 50 milioni per il 2019”. Un punto contestato dallo stesso Casson: “Anche se la razionalizzazione dei costi è condivisibile”, ha detto, “ora sarà più complesso per le Procure disporre le intercettazioni”.

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