Trentamila beneficiari per un fondo di 220 milioni di euro, che l’anno prossimo arriverà a 300. Sono i numeri della versione rivista e corretta del programma Home Care Premium, già avviato nel 2010 ed ereditato dall’ex Inpdad, l’istituto di previdenza degli impiegati pubblici confluito nell’Inps. Il piano consente l’erogazione di una prestazione finalizzata a garantire la cura a domicilio delle persone non autosufficienti iscritte alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e a loro familiari. Al momento, dunque, è limitato a dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione che contribuiscono alla gestione con lo 0,35% sulle retribuzioni dei lavoratori e con lo 0,15% versato su base volontaria dai pensionati oltre che con gli interessi su prestiti e mutui concessi agli iscritti. È prevista una forma di intervento mista, con il coinvolgimento di Ambiti territoriali sociali ed Enti pubblici, che vogliano prendere in carico i soggetti non autosufficienti residenti nei propri territori. È possibile già dal 1 marzo chiedere l’accesso al programma, che partirà il 1 luglio 2017 e si concluderà alla fine del 2018. Due i pilastri: da un lato il rimborso delle spese sostenute per assumere un assistente familiare e dall’altro una serie di servizi socio-assistenziali che vengono erogati in modo indiretto in convenzione con gli ambiti o gli enti pubblici. Oggi il programma è destinato ai soli dipendenti e pensionati pubblici perché sono loro che finanziano e non ci sono risorse aggiuntive, ma non è escluso che il programma possa essere esteso. Cosa serve perché ciò possa avvenire? A ilfattoquotidiano.it l’Inps fa sapere che “sarebbe necessaria in primis una modifica legislativa”, intervenendo quindi non con adesioni individuali, ma per categorie di soggetti.

COSA NON FUNZIONAVA NELLA VERSIONE PRECEDENTE – È stato rilevato che legando il precedente piano alla disponibilità degli ambiti a gestire le attività si era creata una copertura a macchia di leopardo, a seconda delle aree geografiche del Paese, favorendo quelle al Nord. La valutazione dello stato di bisogno, poi, avveniva in base a una scheda ormai in disuso in molti Paesi europei perché uguale per i disabili adulti e minorenni e che, quindi, si prestava a valutazioni molto discrezionali. Inoltre, il contributo riconosciuto agli ambiti territoriali sociali per il servizio reso era molto elevato: rappresentava il 20% del costo complessivo del programma che dal 2014 in poi si è assestato intorno ai 200mila euro e al 50% del budget per le prestazioni integrative gestionali. Ecco perché è stato necessario ridisegnare il programma e apportare dei correttivi.

COME FUNZIONA – La platea dei destinatari dell’Home Care Premium 2017 si è allargata di quasi il 50 per cento. A dipendenti, pensionati pubblici e loro coniugi sono stati aggiunti gli affini di primo grado anche non conviventi e le convivenze di fatto. Tutto verte sulla valutazione dello stato di bisogno che dipende dalla condizione di non autosufficienza e disabilità e dal reddito rappresentato dall’Isee sociosanitario. Un operatore sociale individuato dall’ambito sarà guidato nella valutazione e dovrà utilizzare un modello standard di intervista. Tre le aree d’indagine: mobilità domiciliare, attività ordinarie della vita quotidiana e mobilità e attività extradomiciliare. Il beneficiario verrà sottoposto al questionario per la valutazione del bisogno e, a seconda delle risposte, il sistema restituirà un punteggio che determinerà la collocazione in una determinata fascia. Saranno incrociati i valori dell’Isee sociosanitario, determinando il budget di spesa. L’operatore sociale e il responsabile del programma concorderanno così i servizi e verrà sottoscritto on-line un piano di assistenza individuale. Sarà stilata una graduatoria nazionale. Le prime domande potranno essere presentate entro il 30 marzo 2017 e l’elenco sarà pubblicato il 20 aprile. Dal 27 aprile, alle 12, sarà già possibile presentare nuove istanze sia per chi non l’avesse presentata prima, sia in caso di un soggetto che si è aggravato. Ogni primo del mese, infatti, ci sarà un aggiornamento per saturare i posti disponibili.

Il contributo massimo si può ottenere se una disabilità gravissima (che già richiede l’indennità di accompagnamento) è associata a un reddito inferiore agli 8mila euro all’anno. In questo caso, infatti, è previsto un rimborso che può arrivare a 1.050 euro e che integrerà eventualmente altre prestazioni finanziarie di cui il soggetto è destinatario. L’indennità di accompagnamento, ad esempio, viene inglobata nell’assegno massimo che spetta al beneficiario. Gli aspetti normativi non verranno toccati: questo vale, dunque, anche per i permessi lavorativi previsti dalla legge 104 per i dipendenti che hanno necessità di assistere un proprio familiare portatore di handicap. Tra l’altro, dopo la legge Cirinnà e una sentenza della Corte Costituzionale, anche una recente circolare Inps conferma che tali permessi valgono anche per le coppie di fatto, eterosessuali o omosessuali.

Tornando al programma Home Care Premium, l’altro pilastro riguarda le prestazioni socio-assistenziali. Verrà indicato un elenco di servizi e gli Ambiti territoriali dovranno sceglierne almeno cinque. Tre saranno obbligatori, perché sono quelli che storicamente sono stati i più richiesti dai cittadini, ossia i servizi professionali domiciliari resi da operatori, il sollievo alla famiglia e i supporti. Sono poi previsti una serie di servizi integrativi, come l’assistenza psicologica, la fornitura del pasto e, per i minori, i percorsi di integrazione scolastica e i servizi per i minori affetti da autismo. In caso di inerzia degli Ambiti, potranno subentrare Enti pubblici che abbiano competenza a rendere i servizi di assistenza alla persona e che vorranno convenzionarsi. Qualora non ci fosse disponibilità degli Ambiti o di altri soggetti, scatterà un aumento del 10 per cento del rimborso.

L’IPOTESI DI ESTENDERE IL PROGRAMMA A TUTTA LA POPOLAZIONE – Lo stesso presidente dell’Inps Tito Boeri, ha spiegato che le risorse messe a disposizione potrebbero essere ampliate a tutta popolazione nel momento in cui si prendessero in considerazione alcune misure proposte nel rapporto annuale dell’Inps, come, ad esempio, “controlli maggiori e più efficaci sull’utilizzo della 104, dato che ci sono differenze nell’incidenza della 104 tra settore pubblico e privato che non si spiegano né per composizione per età, né per genere degli occupati in questi settori”. Un altro esempio? “Abbiamo chiesto di unificare gli accertamenti sociosanitari – ha dichiarato Boeri – portandoli tutti in ambito Inps per ridurre costi amministrativi e sgravare le famiglie che devono fare una doppia visita, prima per l’Asl e poi per l’Inps”. Da una parte occorrerebbe, dunque, recuperare fondi dalla lotta agli sprechi, dall’altra, sempre con una modifica della norma, estendere l’aliquota dello 0,35% anche ai dipendenti privati che, a quel punto, potrebbero usufruire del programma.

Una scelta che potrebbe essere obbligata, stando ai dati forniti da Boeri su quella che ha definito “un’emergenza su cui lo Stato italiano è impreparato”. Già, perché in Italia ci sono 3 milioni di persone afflitte da limitazioni funzionali serie e, di queste, circa 2,5 milioni sono anziane, con una concentrazione degli over 80. Secondo le previsioni nel 2060 il numero degli ultraottantenni triplicherà. Ancora di più le persone con più di 85 anni, che passeranno da da 1,7 milioni a 6 milioni. Così il rapporto tra gli ultra 85enni e persone in età lavorativa passerà dal 3 al 10%, per cui diminuirà il numero di coloro che potranno prendersi cura di questi anziani. Oggi questa funzione viene svolta per la maggior parte nell’ambito familiare ed è per questo che molte famiglie sono in difficoltà. Secondo una recente indagine dell’Istat 561mila famiglie italiane si sono dovute indebitare o hanno dovuto consumare i loro risparmi per sostenere le spese per la cura dei loro familiari. La cura informale all’interno della famiglia non potrà essere possibile a lungo per ragioni democrafiche e, comunque, ha già oggi un caro prezzo in termini di partecipazione femminile al mercato lavoro.

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