“La riforma finge di promuovere l’inclusione ma in realtà attiva meccanismi perversi per favorire la politica di risparmio del Miur, difatti in ogni parte del provvedimento si fa riferimento alla frase ‘entro i limiti delle risorse disponibili'”. Così Chiara Garacci, madre di una bambina con sindrome di Down e avvocato siciliano che ha vinto due cause per il rispetto del diritto allo studio, commenta le novità introdotte dal ministero dell’Istruzione nella legge delega sul sostegno approvata dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio 2017, ora al vaglio della Commissione cultura alla Camera. Il Miur ha dichiarato l’obiettivo di migliorare l’esperienza scolastica dei 234mila alunni con disabilità iscritti nelle scuole italiane, agevolare il lavoro degli insegnanti di sostegno, facilitare l’impegno delle famiglie: in sostanza far fare un reale salto di qualità all’inclusione scolastica in Italia. Le associazioni che si occupano di difendere il diritto allo studio dei disabili la vedono molto diversamente. “Niente di tutto questo è previsto con la legge delega sul sostegno” denunciano alcuni genitori degli studenti con disabilità. Tra i punti più criticati ci sono quello sulla formazione iniziale degli insegnanti e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria e soprattutto quello sulla valutazione-certificazione delle competenze degli studenti disabili nel primo ciclo di studi: di fatto, l’ultima parola per valutare gli studenti con disabilità non spetterà più alle scuole ma ai Gruppi per l’inclusione territoriale (commissioni esterne, composte da un tecnico presidente, tre presidi e due docenti nominati dall’Ufficio scolastico territoriale che risponderanno direttamente all’amministrazione).

“Qualcosa cambia, ma in peggio. Mia figlia, con queste nuove deleghe sul sostegno, non avrebbe potuto raggiungere i risultati positivi che sta avendo ora. Siamo molto preoccupati per quello che dovranno affrontare i nostri ragazzi perché la continuità didattica resta lontanissima ed è in atto lo stravolgimento del Piano educativo individualizzato (Pei) e l’eliminazione dei Gruppi di lavoro sull’handicap (Glh)” dice Giovanni Barin, padre di una bimba con sordità e una emiparesi. Lo schema di Decreto legislativo che norma la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità “è una vera e propria bomba scagliata su decenni di battaglie sociali fatte per il diritto allo studio delle ragazze e dei ragazzi disabili” denuncia la Rete dei 65 movimenti per il sostegno. Daniela Costabile, che fa parte di questo coordinamento nazionale che riunisce associazioni, singole famiglie e docenti, dice a Ilfattoquotidiano.it che “la situazione non può continuare così. Gli studenti disabili sono persone e non accettiamo che vengano trattati come numeri. Invece di progressi, vediamo solo peggioramenti che penalizzano persone già deboli”.

E la protesta prenderà forma in un presidio giovedì 23 febbraio alle ore 14 di fronte alla Camera dei deputati per chiedere il ritiro delle deleghe sul sostegno in discussione a Montecitorio. “Basta anteporre l’interesse di pochi ai diritti di tutti” è uno degli slogan della loro manifestazione di protesta. Le deleghe sul sostegno, sostiene l’organizzazione, vanno a depotenziare quella Legge 104/92 (sull’assistenza delle persone disabili) “così chiara e lineare, costruita con la volontà e un lungo lavoro di sintesi per restituire la dignità a quegli studenti che vivono una condizione difficile”. Per le associazioni sono tanti i punti da rivedere e riguardano non solo gli alunni ma anche gli insegnanti specializzati e i genitori dei ragazzi disabili. Ecco quattro testimonianze che spiegano come le nuove deleghe sul sostegno “peggioreranno la vita di migliaia di persone speciali”.

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