Rigopiano è senz’altro la tragedia peggiore. Ma non è sola”. Tra le poche cose che Giuseppe Del Papa, il sindaco di Cellino Attanasio, riesce a dire, prima che la comunicazione s’interrompa, c’è questa. La linea è molto disturbata: c’è tempo solo per comunicare le informazioni più importanti. Ed evidentemente, per il primo cittadino di questo piccolo Comune del Teramano, rivendicare l’attenzione dei media è una priorità: “Non possiamo permettere che un solo evento, per quanto impressionante, oscuri la sofferenza di altre migliaia di persone”.

Non c’è solo Rigopiano. Parlando con i cittadini e gli amministratori di tanti Comuni abruzzesi arroccati tutt’intorno al massiccio del Gran Sasso, sui versanti aquilano e teramano, ce lo si sente ripetere decine di volte. “Raccontate anche i nostri drammi”. Storie di paesi e frazioni isolate, di strade sommerse dalla neve, di attese e di rabbia per aiuti che sembrano non giungere mai, o che quando finalmente arrivano si presentano sotto la forma di mezzi vecchi e inadeguati, ruspe che non servono o turbine che s’inceppano dopo pochi minuti di lavoro. Drammi che piccoli lo sono soltanto se si fa riferimento alla dimensione dei paesini che li vivono; storie periferiche solo perché i nomi di certi Comuni – Cermignano, Pietracamela, Capitignano – suonano così strani, quasi esotici. Ma l’emergenza che queste comunità stanno affrontando è reale: terremoto e maltempo hanno condannato all’isolamento e al buio, per giorni, un numero impensabile di cittadini dell’entroterra abruzzese. E se nel nord della provincia dell’Aquila, nei pressi dell’epicentro delle scosse del 18 gennaio, la situazione va lentamente migliorando, alle pendici dei Monti della Laga, ai confini con le Marche, e un po’ dovunque nella Val Vomano le testimonianze che si raccolgono sono preoccupanti. “L’emergenza è grave, e le forze in campo per risolverla insufficienti”, ammette chi è impegnato in queste ore nella sala operativa allestita dalla Prefettura di Teramo. “Inutile girarci intorno. Se si evita di fare polemica, è solo per calcoli politici: molti sindaci, e magari anche qualche alto dirigente della Provincia, non se la sentono di sparare contro il proprio stesso partito”.

Valle Castellana. L’intero paese isolato con una bimba malata. Il sindaco: “Ieri ho sbroccato con la Protezione civile, ma non è servito” – Era già stato duramente colpito dai terremoti del 24 agosto e del 20 ottobre scorsi, questo Comune teramano di meno di mille abitanti a una manciata di chilometri dal confine marchigiano. “Ma la tragedia, stavolta, è anche peggiore”, dice  al telefono un residente di Valle Castellana, prima che la telefonata s’interrompa. Da lunedì 16 gennaio, gli abitanti del paese sono tagliati fuori dal mondo, privi di energia elettrica e bloccati da cumuli di neve alti fino a 3 metri, nelle frazioni più montagnose. Come Pietralata, dove una bimba soffre da giorni, pare, di febbre altissima. Pare, perché le notizie sono frammentate: riuscire a parlare con chi si trova lì è praticamente impossibile. A risponde subito, al telefono, è invece il sindaco, Vincenzo Esposito, che è a Teramo per richiedere l’intervento dell’Esercito e della Protezione civile. Ed è furioso: “Ieri ho sbroccato durante una riunione qui alla sala operativa. C’è una impreparazione imbarazzante nel coordinare i lavori. Le attese sono enormi, e la nevicata era abbondantemente prevista: mica come il terremoto”. Il tutto aumenta la frustrazione. “Ricevo telefonate dei miei concittadini che mi rivolgono preghiere, lacrime, insulti. Non ce la faccio più”. Solo nella serata di venerdì, tramite un elicottero dell’esercito, sono stati portati i primi medicinali ai residenti di Pietralta e Valle Castellana. Ma per aprire una via d’accesso, e di fuga, ci servirà ancora tempo. I tecnici dell’Enel parlano di lavori che procedono a rilento anche per il rischio continuo di slavine e valanghe. Da Trento sono arrivate delle turbine: ma sulla strada da Ascoli a Valle Castellana hanno subìto dei guasti e sono state costrette a fermarsi.

Prati di Tivo. L’assessore accoglie tutti nel suo albergo: “Siamo 23, tra cui un cardiopatico. Siamo salvi, ma c’è il rischio di slavine”Mirko De Luca è l’assessore al Turismo di Pietracamela, borgo montano di 271 abitanti: il comune più piccolo della provincia di Teramo. Ma Mirko De Luca è anche il gestore di un hotel che si trova nella frazione di Prati di Tivo, a due passi dagli impianti sciistici. È in questo hotel che De Luca ha accolto tutti gli abitanti del paese: “Con il nostro gatto delle nevi siamo andati a recuperare casa per casa, residence per residence, tutte le 23 persone che ora stanno qui da noi. Da più di 5 giorni, con 4 metri di neve e le minime che sfiorano i meno 10. Per fortuna siamo riusciti a far partire il generatore elettrico del mio albergo, e ora attendiamo i soccorsi”. Che però tardano ad arrivare. “Venerdì mattina siamo stati raggiunti da un elicottero dei Vigili del Fuoco: ne sono scesi 4 pompieri per verificare quale fosse la nostra condizione. Ci sarebbe poi una turbina, che però è ferma a Pietracamela e, ci dicono, dovrà lavorare almeno per 20 ore, salvo imprevisti, per venirci a liberare”. Prima del tardo pomeriggio di sabato, dunque, inutile sperare. “Tra noi c’è anche un cardiopatico: non accusa gravi problemi, per ora, ma comunque non stiamo tranquilli. E poi c’è l’altro rischio”. Quale? “Quello delle slavine. Nelle scorse ore se ne è già staccata una molto grande, che fortunatamente non ha investito il centro abitato. Ma altre potrebbero verificarsene. La situazione è molto difficile”.

Isola del Gran Sasso, dove l’isolamento è totale. “Un anziano è morto sotto un capannone. Strutture d’emergenza allertare in ritardo” – Se negli altri Comuni sommersi dalla neve un contatto, benché a fatica, lo riesce a stabilire, con Isola del Gran Sasso – 5mila abitanti e il santuario di San Gabriele come centro di gravità – non sembra proprio possibile. Neppure per la stessa Prefettura di Teramo. “Il sindaco? Neanche noi riusciamo a comunicarci in modo stabile. Sono saltati i ponti radio. Non funzionano né i fissi né i mobili”. Soltanto nella mattinata di sabato una residente, che a Isola gestisce un ristorante, riesce a rispondere via WahtsApp: “La situazione è drastica. Un uomo anziano è morto sotto un capannone. Intere frazioni sono del tutto isolate. Le linee telefoniche sono saltate. Vediamo arrivare solo adesso i primi soccorsi, grazie all’Esercito”. Dopo 6 giorni dall’inizio dell’emergenza. Come se lo spiegano, a Isola del Gran Sasso, questo ritardo? “Le nevicate sono state oggettivamente straordinarie. Ma qui erano previste. Le strutture dei soccorsi sono state allertare in ritardo”. Il cellulare del primo cittadino Roberto De Marco, nel frattempo, continua a risultare irraggiungibile. Ma tutto ciò non vale solo per i giornalisti. Roberto è un universitario nato e cresciuto a Isola che ora studia a Bologna: “E’ da giorni che va avanti così. Provo ad avere notizie dei miei famigliari, ma non riesco a parlarci a telefono”. La ricerca di amici e parenti corre allora su Facebook, su pagine collettive dove si chiede conto di una cugina, di una amica invalida, di una zia ultranovantenne, dove s’invoca l’intervento di un medico. Si organizzano perfino delle staffette: “Per favore, ogni due ore qualcuno si rechi nella stazione dei Carabinieri a riportare ciò che ci diciamo online, perché lì sono senza telefono e senza internet”.

Cellino Attansaio e Cermignano. “Siamo abbandonati a noi stessi. Proviamo a sbrigarcela da soli” – Quando scopre che a contattarlo è un sito web, il sindaco di Cermignano non trattiene un urlo di sollievo: “Finalmente! Ma allora esiste qualcuno che s’interessa di noi!”. È un sollievo amaro, però, quello di Santino Di Valerio, che subito si corrompe in protesta: “Siamo stati abbandonati da tutti. C’è un’incapacità a tutti i livelli: non capiscono il dramma che stiamo vivendo. Gli aiuti arrivano in ritardo, e calati dall’alto. Il risultato è che l’emergenza viene gestita da persone che qui non hanno mai messo piede”. Cermignano è un Comune di circa 1.700 abitanti a metà strada tra Teramo e Atri. L’isolamento in cui si trova da domenica notte è lo stesso che patisce, pochi chilometri più a est, Cellino Attanasio. Il primo cittadino, Giuseppe Del Papa, al telefono sfoga una rabbia che è quasi desolazione: “Ma che Italia è questa? Non sappiamo più nemmeno affrontare una nevicata a gennaio che, per quanto straordinaria, era comunque ampiamente prevista? Riceviamo aiuti col contagocce, senza un minimo di coordinamento e per giunta attraverso macchinari obsoleti”. A Cellino una turbina è arrivata, infatti, ma si è rotta dopo pochi minuti di attività. “Era vecchissima”, sentenzia Del Papa, che prosegue: “Ci sentiamo lasciati soli. Alla fine abbiamo provveduto in proprio: abbiamo noleggiato da ditte private dei mezzi spalaneve. Ma aprire così le vie nel centro storico sarà difficilissimo. E nel frattempo, da ormai quasi una settimana, restiamo senza energia elettrica”. Chi può, da questi paesi scappa, nell’attesa che si superi la crisi. Come Cesare, che venerdì mattina è riuscito a raggiungere la Statale e ha portato i suoi genitori sulla costa: “Ma io sono fortunato, perché abito vicino alla strada principale. Chi sta nelle frazioni interne, è condannato a restare”.

Villa Santa Lucia, a pochi chilometri da Farindola. “Una slavina minaccia il centro abitato” – “Magari la valanga non investirà le case: ma preferisco lanciare un allarme di troppo piuttosto che correre il rischio di dover contare i morti”. Antonio Paride Ciotti, sindaco di Villa Santa Lucia, risponde così quando gli si chiede se davvero il suo Comune possa essere travolto dalla slavina staccatasi da Monte Cappucciata. E del resto Rigopiano è a pochi chilometri di distanza, impossibile non fare paragoni. Anche se qui siamo in provincia dell’Aquila, non lontani dalla Rocca di Calascio, set di molti film e pubblicità. “Per il momento la slavina è a distanza dalle case. Ma per precauzione ha chiesto una verifica alle forze dell’ordine. Monitoriamo l’evolversi della situazione”. Gli abitanti di Villa Santa Lucia, poco più di cento, da giovedì hanno ritrovato anche la corrente elettrica, grazie a dei gruppi elettrogeni. Una delle strade che porta a paese è ormai sgombra: “Si va verso il meglio, speriamo”.

Capitignano e Campotosto: “Non più isolati, ma le scosse non si fermano. Situazione difficilissima” – Sull’altro versante del massiccio del Gran Sasso c’è l’epicentro del terremoto del 18 gennaio. Montereale è rimasto bloccato per quasi 2 giorni, la strada che saliva dall’Aquila era bloccata all’altezza di Arischia. Ancor più grave, però la situazione a Campotosto, Comune di 540 abitanti sparsi nelle varie frazioni tutt’intorno all’omonimo lago: a 1.400 metri d’altitudine. La vicesindaco Gaetana D’Alessio mercoledì aveva protestato: “Sentiamo scosse in continuazione, ma siamo impossibilitati a uscire: siamo bloccati dentro casa, come i topi”. Due giorni dopo appare più serena. Quando risponde al telefono sono le 18 di venerdì: la strada Provinciale da Aringo ormai è percorribile, la Statale 80 quasi. Solo la via verso la frazione di Mascioni rimane in parte non accessibile. Roberto, che lì ha la sua seconda casa, è arrivato dall’Aquila per recuperare alcune cose all’interno: “Non mi è stato permesso. Ma spero che tutto si sblocchi entro il fine settimana”. D’Alessio precisa: “I ritardi sono stati tanti e gravi. Ma c’è da dire che l’emergenza era davvero estesa. La cosa più pesante da sopportare, ora, è il prolungarsi dello sciame sismico. La situazione, pure dal punto di vista psicologico, è difficilissima”.

Anche a Capitignano, nel fondovalle tra Campotosto e Montereale, è ormai la paura il nemico peggiore. Le vie d’accesso al paese sono state aperte, agli sfollati sono stati assegnati degli alloggi nei progetti C.A.S.E. dell’Aquila: quelli costruiti dopo il terremoto del 2009, e ora in parte vuoti. “Il disagio c’è, ma è sempre meglio che restare in un palazzetto dello sport ammassati tutti insieme”, confessano i residenti. Luigi, uno di loro, mentre è in fila per fare richiesta di un alloggio, precisa: “Per le perizie e i controlli alle strutture ci sarà tempo. Ora pensiamo a smaltire il ricordo di quello che abbiamo vissuto pochi giorni fa: sentire le mura della propria casa tremare sotto i colpi del terremoto e sapere di non poter scappare perché fuori dal portone ci sono cumuli di neve, non è bello. Ma tutto si supera”.

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