Gli elettori del Movimento 5 stelle compatti per il No, mentre quelli dei partiti tradizionali (vedi Pd ed ex Pdl) si sfaldano tra dissidenti contro Renzi e fronda di berlusconiani a favore della legge Boschi. Ma soprattutto le periferie e le zone con un più alto disagio politico ed economico che puniscono per la seconda volta (la prima era stata alle amministrative di giugno) il leader del Partito democratico. L’analisi dei flussi di voto dell’Istituto Cattaneo e dei risultati scorporati nei singoli quartieri delle città permettono di capire meglio i movimenti degli elettori che il 4 dicembre sono stati chiamati alle urne. E l’immagine che consegnano è quella di un Paese spaccato che là dove soffre di più per crisi economica e mancanza di lavoro, ha deciso di dare il suo messaggio netto contro chi è al potere. Quindi No al Sud, dalla Campania alla Puglia fino alla Sardegna, astensione in Calabria e No nel Nord produttivo di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Sì tiepido solo in Emilia, Toscana e Trentino Alto Adige. L’età è una delle variabili più importanti: come evidenziato da Quorum gli under 34 si sono schierati all’81 per cento contro la riforma, mentre tra gli over 55 ha vinto il Sì. Senza contare che, come fa notare Youtrend, nei 100 comuni con più disoccupati “il No vince con il 65,8% dei consensi”, mentre nei 100 con meno disoccupati ha la meglio il Sì con il 59%.

15320496_10211908258601353_952592135_nIl report del Cattaneo mette in evidenza il diverso comportamento di chi ha scelto i grillini alle scorse elezioni politiche rispetto ai partiti tradizionali: si conferma una fidelizzazione senza precedenti che ha portato in massa i sostenitori del M5s a esporsi contro la riforma del Senato, mentre chi nel 2013 aveva votato per i democratici o l’ex Pdl ha in parte tradito le indicazioni dei dirigenti. “Gli elettori dei partiti storici”, scrive l’istituto, “si frammentano mentre quello del non partito nuovo rivela una compattezza granitica”. L’analisi si è concentrata su 12 città attraverso “il modello Goodman“, ossia si sono presi come punto di partenza i dati delle sezioni elettorali di ciascun comune considerato; e si è basata su “elettori” e non “su voti validi” così da poter valutare “anche gli interscambi con l’area del non voto”. Il riferimento è con il 2013, quando per la prima volta le elezioni hanno consegnato al Paese un nuovo modello tripartito con il Movimento 5 stelle tra gli attori principali.

Si è poi concentrata l’attenzione sul tema delle periferie che, ancora una volta, hanno abbandonato il governo Renzi. I dati esposti dal Cattaneo riguardano il caso di Bologna, dove il fenomeno è evidente: la fetta di popolazione che più si è esposta contro la riforma è rappresentata dai giovani, da chi ha un reddito sotto i 18mila euro, e i residenti delle zone dove gli stranieri superano il 14 per cento. Questa riflessione può essere usata anche per analizzare gli elettori di altre grandi città: a Milano ha vinto il Sì di misura, ma nei quartieri periferici il No l’ha spuntata; discorso uguale per Torino o per Roma, dove ad esempio nel centro storico la legge Boschi è stata valutata positivamente ribaltando completamente il 70 per cento di contrari di Roma Est. Il dato è quindi quello già evidenziato in occasione delle scorse amministrative: Renzi e il Pd hanno perso i consensi delle periferie e delle fasce sociali con maggiori difficoltà economiche.

Elettori Pd in massa al voto, ma non tutti premiano Renzi – Chi nel 2013 ha scelto di votare per i democratici in linea generale ha deciso di non disertare le urne, tanto che “quasi nessuno ha optato per l’astensione”. Diverso però è stato il comportamento a seconda dei casi: c’è stata infatti quella che il Cattaneo chiama “una diaspora” verso il No nonostante il segretario Matteo Renzi avesse chiesto una mobilitazione collettiva e avesse vincolato la vita del governo al successo nelle urne. Il peso di chi ha scelto di opporsi varia a seconda delle città. Si va dal 20,3 per cento di Firenze, la città dove il presidente del Consiglio è stato sindaco, al 33,3 per cento della grillina Torino. Quest’ultimo caso è significativo anche perché proprio in uno dei centri più importanti dove il M5s è al governo, il No non ha stravinto e di sicuro non ha raggiunto i livelli di Sardegna, Sicilia e Puglia. I dissidenti Pd sono di misura a Bologna dove raggiungono il 22,8 per cento dell’elettorato del 2013, mentre raggiungono picchi di oltre il 40 per cento al Sud (Napoli 41,6 per cento, Cagliari 45,9%). A Palermo, città dove i contrari hanno sbancato, è stato il 29,9 per cento degli elettori democratici a scegliere di bocciare la riforma Renzi-Boschi. Da segnalare il fatto che solo a Reggio Calabria addirittura il 29,4% degli elettori ha scelto di astenersi e di non presentarsi alle urne.

Elettori di centro scelgono quasi unanimemente il Sì – L’analisi del voto di chi alle scorse politiche ha scelto partiti di centro deve tenere presente un grande disgregamento interno della compagine, che risulta frammentata tra Scelta civica, Udc e Fli. Bisogna infatti considerare che l’ex presidente del Consiglio Mario Monti ha fatto campagna per il No, mentre il leader Udc Pierferdinando Casini si è schierato per il Sì. La schizofrenia delle posizioni non ha però spinto gli elettori centristi ad abbandonare la linea di sostegno al governo: la maggior parte si sono schierati a favore del progetto di riforma, da Alessandria (71 per cento degli elettori), Brescia (70,6 per cento) e Parma (74,7%) fino a Palermo (70,1%). Sono in parte eccezioni da segnalare città del sud come Reggio Calabria e Cagliari.

I berlusconiani in parte tradiscono il partito e scelgono di sostenere la riforma – Gli ex elettori del Pdl si sono dispersi tra astensione e tra chi ha deciso di non ascoltare le indicazioni del leader Silvio Berlusconi che negli ultimi mesi ha deciso di schierarsi contro la legge Boschi. La fronda dei dissidenti non è determinante nella maggior parte dei casi, ma comunque resta da segnalare: a Bologna i Sì al referendum sono stati oltre il 41 per cento, a Firenze il 44 per cento, a Brescia il 36,8%. Le cifre sono più piccole se invece guardiamo Parma, Napoli e Palermo dove i critici a favore di Renzi sono rimasti sotto il 20%.

La “compattezza granitica” dell’elettorato M5s – Il referendum del 4 dicembre dimostra un consolidamento di chi vota 5 stelle, i cui segnali erano già risultati evidenti in occasione della consultazione sulle trivelle della primavera scorsa. I dati sono schiaccianti: “In sei città su dieci (Alessandria, Novara, Brescia, Padova, Palermo, Napoli) le quote di chi aveva scelto M5s alle politiche e poi si è schierato contro la riforma superano il 90 per cento“. Addirittura a Napoli il 100 per cento di chi aveva votato i grillini è andato alle urne e ha barrato la casella del No. Oltre il 90 per cento a Palermo, città dove i grillini ultimamente stanno soffrendo per il caso delle firme false per le scorse amministrative: le liti interne al Movimento non sono bastate a scoraggiare il fronte di chi ha voluto dare un chiaro segnale all’esecutivo di Renzi. Da segnalare che là dove si discostano dalla linea di Beppe Grillo, gli elettori scelgono di non andare alle urne: il 17 per cento si è astenuto a Torino e Parma, due città notoriamente vicine ai 5 stelle, il 21 per cento a Firenze e il 25,5% a Cagliari.

(Di nuovo) il problema delle periferie per il Pd – Ancora una volta si presenta in modo prepotente il tema delle periferie. I democratici come alle scorse amministrative perdono consensi in aree con gravi problemi economici (vedi il Sulcis dove il No supera il 77 per cento della popolazione) e soprattutto nei quartieri più poveri dei grandi centri. L’Istituto Cattaneo ha provato a fotografare il problema partendo da dati reali e per farlo ha concentrato l’attenzione su Bologna: proprio qui è risultato evidente che il Pd ha perso consensi negli “strati sociali più deboli, appartenenti al ceto medio impoverito”. Nel capoluogo di regione dell’Emilia Romagna, dove ha pure vinto il Sì in controtendenza con i risultati nazionali, il 51 per cento di chi ha un reddito inferiore ai 18mila euro ha votato per il No e i Sì aumentano man mano che aumenta la ricchezza. A questo proposito, scrivono i ricercatori, il voto “sembra essere stato guidato anche da motivazioni di natura economica e sociale”. Viene inserito in questa linea l’analisi sulla base dell’età: i bolognesi che hanno meno di 45 anni hanno votato per la maggior parte (51 per cento) per il No, mentre la percentuale diminuisce con l’aumentare degli anni (il 44 per cento degli oltre 50enni ha bocciato la riforma). L’idea è che i precari siano stati in prima linea nella campagna di opposizione al progetto. Infine è stata considerata anche la presenza di immigrati: là dove gli stranieri superano il 14 per cento la maggior parte degli elettori si è schierato contro e la tendenza diminuisce se calano i non italiani sul territorio.

L’analisi può essere trasferita anche su altri centri, confrontando il risultato nel capoluogo e poi in provincia. Tra gli esempi più significativi c’è Milano: la città amministrata da giugno scorso dal sindaco di centrosinistra Beppe Sala è una delle poche in cui ha vinto, anche se di misura, il Sì. Se però ci si sposta nella zona della provincia il dato viene ribaltato e il No torna in vantaggio con un distacco di addirittura dieci punti. Andando a guardare i singoli dati, la tendenza viene confermata: la vittoria del Sì è netta nel centro storico (64 per cento nel municipio 1) e nella zona “buona” di Porta Venezia (53 per cento nel municipio 3). Mentre nelle zone periferiche (municipi 2 e 9) la spunta il No.

In Sardegna fa rumore la zona del Sulcis: l’area meridionale non più provincia arriva al 77 per cento di  No in una zona fortemente colpita dalla crisi economica. Esemplificativa è anche la città della sindaca M5s Appendino Torino: il fronte dei contrari, comunque vittorioso, aumenta se si passa dal centro alla provincia (da 53 a 56 per cento). Anche qui la dinamica è quella di sempre: nella circoscrizione uno, e solo in quella, vince il Sì alle riforme, mentre in tutto il resto della città la spunta il No con il picco nella circoscrizione 5 (61 per cento di No).

Stesso discorso per Roma dove si discosta di due punti rispetto alle aree periferiche (dal 59 al 61 per cento) e dove comunque il No è vittorioso. La Capitale merita un approfondimento proprio sui quartieri: già come era successo in occasione delle elezioni amministrative, il voto cambia radicalmente a seconda della zona presa in considerazione. Così a Roma centro e nel quartiere dei Parioli vince il Sì, anche se di poco: rispettivamente 50 e 52 per cento dei consensi. Totalmente diversa la situazione se si guardano i risultati delle aree periferiche: a Roma est il No raggiunge addirittura il picco del 70 per cento. Il Sud in generale ha dato lo schiaffo più forte a Renzi con Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia in prima fila nell’opposizione alla riforma della Costituzione. Infine c’è il caso della Calabria: l’astensione in quella regione è stata la risposta per segnalare il disagio nei confronti del governo.

Articolo Precedente

Renzi sale al Quirinale. Mattarella: “Dimissioni dopo ok alla legge di Bilancio”

next
Articolo Successivo

Referendum, il popolo italiano ha parlato. Ora ripartiamo dalla Costituzione

next