Toccatemi tutto, ma non le agevolazioni fiscali sulla casa. Da Berlusconi, a Letta, passando per Monti e ora Renzi, le proposte sul tavolo del governo per elaborare ogni anno la legge di Stabilità hanno sempre incluso e previsto i bonus ristrutturazione e l’ecobonus. Nessun premier, infatti, ha mai pensato di interromperne la proroga. E Matteo Renzi ha già fatto di più: alle prese con i terremotati del Centro Italia, ha confermato che anche nel 2017 sarà possibile avere il maxi sconto del 65% sugli interventi nelle case per l’adeguamento sismico oltre che per l’efficientamento energetico. Mentre il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, in un convegno di Confedilizia, ha detto che nella manovra economica ci saranno anche gli incentivi per la ristrutturazione.

Come dire che, anche per quest’anno, la mission del riordino della giungla di bonus e agevolazioni fiscali che alleggeriscono la dichiarazione dei redditi (la cosiddetta tax expenditures che secondo la Corte dei Conti è composta da 799 voci e vale 313 miliardi di euro) è stata derubricata dall’agenda governativa. Il motivo? In primis, non c’è bisogno di una copertura certa per questi sconti fiscali: non rendendoli strutturali, ma prorogandoli di anno in anno, il costo della misura (circa un miliardo di euro all’anno) ha un impatto immediato e si autofinanzia grazie al circolo virtuoso che di fatto innesta. Basti pensare che per il bonus sui lavori in casa, quello del 50% per le ristrutturazioni e quello del 65% per il risparmio energetico, nei primi sette mesi dell’anno – secondo il rapporto Servizio studi della Camera e Cresme – il Fisco ha restituito ai contribuenti oltre 16 milioni di euro, già il 23,8% in più del 2015. E per tutto il 2016 l’Istituto di ricerca si attende 1,7 milioni di domande complessive (1,39 milioni per le ristrutturazioni edilizie e 328mila per il risparmio energetico) per un investimento di 29,2 miliardi di euro (comprensivo dell’Iva) che segnerebbe il record storico assoluto dopo i 27,9 miliardi del 2013, i 28,4 miliardi del 2014 e i 25,1 miliardi del 2015. Ma dal 1998 al 2016 le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a 237 miliardi di euro, di cui 205 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e poco meno di 32 miliardi la riqualificazione energetica.

Un trend positivo che dimostra che quello delle detrazioni non è solo un costo per lo Stato, ma si tratta di leve fondamentali per il Paese. Se, infatti, nell’ultimo anno si può parlare di ripresa del settore immobiliare ed edile è soprattutto grazie all’effetto delle agevolazioni fiscali sulla casa che, largamente diffuse e molto ben note ai contribuenti, hanno generato un incremento del numero degli occupati. Nel dettaglio, si tratta di 291mila posti di lavoro nel 2016 per un totale di 1,46 milioni di posti di lavoro cumulati negli anni 2011-2016.

E non finisce qui. C’è un altro punto a favore dello Stato: mentre incassa immediatamente Iva, tasse, imposte e anticipi molto ingenti per l’esecuzione dei lavori (con l’evidente vantaggio dell’emersione del nero), è invece nell’arco di 10 anni che poi redistribuisce le detrazioni. Chiara, quindi, la richiesta dei sindacati che si sta sollevando in queste ore: “Ridurre gli anni in cui detrarre le spese con un nuovo meccanismo di rimborso in un’unica soluzione”, come chiede FenealUil. Che aggiunge: “Il bonus va esteso alle aziende che realizzano i lavori e agli incapienti, vale a dire i contribuenti che percepiscono un reddito fino a 8mila euro all’anno e che, quindi, – avendo l’Irpef azzerata – non possono richiedere nessun detrazione”. La soluzione potrebbe essere quella di recuperare gli incentivi fiscali tramite gli oneri del riscaldamento, quindi, con sconti in bolletta. Mentre, tra i tecnici si fa sempre più insistente l’idea che il governo starebbe spingendo in contemporanea gli interventi di risparmio energetico e quelli antisismici, eventualmente innalzando lo sconto nel caso venissero fatti insieme.

Tra leggi in materia di costruzioni anti-sismiche malfatte e la non obbligatorietà dell’adeguamento sismico degli edifici esistenti e dell’assicurazione per il danno da terremoto, l’ecobonus al 65% per gli interventi antisismici risulta la detrazione che zoppica di più dal punto di vista delle preferenze. Introdotta dal 2012, consentiva una detrazione del 36% che fu poi portato al 50% e al 65%, ma vale solo per le prime case in zona antisismica 1 e 2. Tradotto in numeri, spiega l’Ance (l’Associazione dei costruttori), su 34 milioni di abitazioni in Italia, 15 milioni sono seconde case. Tant’è che l’annuncio di Renzi ha subito gelato le aspettative di chi si aspettava la stabilizzazione degli sgravi e, soprattutto, un potenziamento oltre il tetto del 65% per quanto riguarda gli interventi strutturali per la sicurezza.

In attesa di capire se anche queste aperture, così come l’ipotesi di alzare l’asticella della percentuale di detrazione Irpef, finiranno nella Stabilità 2017, fino al 31 dicembre 2016 è ancora possibile richiedere il 50% di detrazioni sulla ristrutturazione di casa fino a 96mila euro, il 50% sull’acquisto di mobili per la casa ristrutturata fino a 10mila euro e il 65% sugli interventi di risparmio energetico fino a 100mila o adeguamento antisismico degli edifici.

Ristrutturazioni edilizie – La detrazione compete per interventi di manutenzione ordinaria (solo per le parti comuni degli edifici), di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia. È possibile fruire dell’agevolazione anche per la ricostruzione di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi (quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza), per la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per gli interventi destinati a prevenire il rischio di atti illeciti o di bonifica dall’amianto.

Misure antismiche – Il bonus vale per l’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della documentazione.

Risparmio energetico – L’ecobonus spetta per la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento, il miglioramento termico dell’edificio (coibentazioni, pavimenti e finestre comprensive di infissi), l’installazione di pannelli solari; la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale; l’acquisto e la posa in opera di schermature solari, di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili.

Ad essere agevolabili sono anche le spese sostenute per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di sistemi domotici, cioè dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento, produzione di acqua calda e climatizzazione nelle unità abitative. Si tratta un po’ della cenerentola delle categoria, poco conosciuta al grande pubblico, ma che – conti alla mano – consente un risparmio sulla bolletta e di avere indietro un bel gruzzoletto.

Questi dispositivi, infatti, devono mostrare attraverso canali multimediali i consumi energetici, consentendo anche da lavoro o dal ristorante di programmare accensione, spegnimento o temepratura dell’impianto. In particolare, la detrazione è riconosciuta se le spese sono state sostenute per la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento, il miglioramento termico dell’edificio (coibentazioni, pavimenti, finestre, comprensive di infissi), l’installazione di pannelli solari, la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale. Una novità importante riguarda le modalità di pagamento nel caso di lavori sulle parti comuni dei condomini. Questi ultimi, infatti, quando non hanno a disposizione l’intera somma necessaria per pagare i lavori di riqualificazione energetica, possono cedere la loro quota di detrazione alle imprese che eseguono i lavori. A loro volta, le aziende dovranno scontare il prezzo finale di una somma corrispondente.

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