“…Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti” (Fabrizio De Andrè, 1973).

Queste parole rappresentano la più efficace sintesi della sensazione che ho provato nel leggere della ennesima tragedia che si è consumata nella famiglia di un disabile.
Ormai con cadenza costante si apprende di genitori che, avanti negli anni, compiono il gesto più innaturale ed assurdo che esiste: l’omicidio del proprio figlio disabile.
E’ accaduto ieri, 10 settembre, in provincia di Benevento, accadrà ancora chissà dove.

Molte volte mi è capitato di raccogliere, ascoltare, vedere genitori di figli disabili che implorano attenzione, invocano aiuto, chiedono di essere “visti”.
Mi è capitato e credo mi accadrà ancora di sentire storie angoscianti che forse andrebbero raccontate nelle scuole e nelle produzioni televisive e cinematografiche.

Si tratta sempre di vicende che hanno come comune denominatore la solitudine, quella mostruosa e orribile sensazione che rende diverse le famiglie dei disabili.
Quando si resta soli, quando le giornate con tuo figlio vengono scandite solo da una terribile sequenza di gesti senza senso si corre il rischio di perdere ogni speranza.

Non so bene che cosa si sarebbe dovuto fare ma so che siamo tutti coinvolti. Artisti, professori, meccanici, studenti, commercianti, intellettuali, casalinghe, industriali, disoccupati, politici.
Siamo tutti coinvolti.

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