Sono 14 i candidati definiti “impresentabili” dalla commissione parlamentare Antimafia dopo l’analisi sulle liste presentate nei Comuni che hanno avuto inchieste o procedure di scioglimento a causa di infiltrazioni della criminalità organizzata. I 14 sono tutti candidati in liste civiche. La presidente della commissione Rosy Bindi ha precisato come in alcuni Comuni i partiti politici non abbiano presentato candidati e in altri siano state presentate solo liste civiche. “Che le liste civiche fatte nel modo che abbiamo visto siano un varco per le mafie è indubbio – ha sottolineato – Abbiamo visto nel tempo la presentazione di liste civiche nate per protesta contro la politica, ma il quasi 100 per cento di liste civiche in quasi tutti i Comuni sciolti per mafia è allarmante”.

La relazione conclusiva è stata approvata all’unanimità. “Se si vuole combattere la mafia – ha detto la Bindi in un appello a tutte le forze politiche – non ci si può nascondere, bisogna metterci la faccia”. Il ragionamento è che “i partiti nazionali non hanno esibito i propri simboli, si sono ‘nascosti’ nelle liste civiche, a volte anche in modo innaturale, con centrodestra e centrosinistra che si sono trovati insieme”. Secondo la Bindi è “una situazione particolarmente condizionata dai poteri mafiosi, che attraverso il trasformismo dà vita alla infiltrazioni della mafia”. “Se vogliamo davvero combattere la mafia la politica non può nascondersi ma deve metterci la faccia. Non è un caso che in alcuni comuni ci siano importanti partiti politici che non hanno presentato liste e non hanno candidati. Questo è un altro motivo di riflessione per noi”.

Solo in un caso, su 14, si tratta di un candidato a Roma, per la quale sono stati verificati i candidati al consiglio comunale e al sesto municipio che comprende le zone – tra le altre – di Tor Bella Monaca, Tor Vergata, Torrespaccata. “La situazione è complessivamente incoraggiante – ha detto la presidente della commissione Rosy Bindi – anche se alcuni dati sono preoccupanti”. “Otto – ha spiegato Bindi – sono riconducibili all’incandidabilità per la legge Severino, che hanno quindi certificato il falso e si tratta di condanne gravi; 3 casi di ineleggibilità, nel caso quindi di elezione questi dovrebbero essere sospesi dalle prefetture; 3 casi relativi al codice di autoregolamentazione”.

La Bindi spiega che “ci sono situazioni che ancora non sono state registrate, ma che rischiano di portare un voto inquinato. Facciamo quindi un appello ai partiti politici perché loro sicuramente non possono non conoscere chi hanno candidato. Tra l’altro vorrei ricordare che governare con il voto delle mafie significa governare male”. L’operazione di verifica delle liste ha analizzato 3275 candidati, 2mila solo a Roma.

Secondo la commissione Antimafia la situazione è “sicuramente incoraggiante rispetto allo scorso anno – afferma la Bindi – Credo che attenzione che si è creata intorno alla qualità della classe dirigente ci consegna dei dati preoccupanti, ma anche rassicuranti per le situazioni più critiche”.

Per la commissione tuttavia devono essere migliorate sia la legge Severino sia le norme sullo scioglimento dei Comuni. “La legge Severino richiede un tagliando – dice la Bindi – e non siamo i primi a dirlo. A parte il gioco strano tra incandidabilità e ineleggibilità, un altro aspetto da rivedere riguarda le pene, con condanne definitive non inferiori a 2 anni, ma è anche vero che molti candidati sono stati condannati varie volte. La legge però non consente di sommare le condanne”. Ma per la Bindi anche la legge sullo scioglimento dei municipi ha bisogno di modifiche. Bindi ha citato il caso del Comune di Platì, sciolto per 15 volte e dove si presentano due liste civiche con candidati legati alle amministrazioni precedenti che hanno provocato lo scioglimento.

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