Giuseppe Sala sui conti Expo ha mentito due volte. La prima quando ha dichiarato che il bilancio 2015 non sarebbe stato in rosso (il 23 dicembre 2015 in una videointervista al fattoquotidiano.it e poi il 20 gennaio 2016 al confronto con gli altri candidati delle primarie al teatro Dal Verme). La seconda quando ha dichiarato solennemente che l’operazione si concludeva con il patrimonio netto positivo (il 25 gennaio davanti alle commissioni Expo e Partecipate di Palazzo Marino). Ora i dati – non ancora definitivi, ma ufficiali – allegati al verbale dell’assemblea dei soci di Expo spa del 9 febbraio 2016 provano la doppia bugia del commissario Expo, candidato sindaco del centrosinistra. Il bilancio 2015 risulta infatti in rosso per 32,6 milioni. E il patrimonio netto risulterà, a fine attività, negativo per almeno 44,1 milioni.

Intendiamoci: Sala avrebbe potuto dire che un’operazione come Expo non si giudica dai conti, perché aveva obiettivi d’immagine (rilanciare nel mondo Milano e l’Italia) e di volano per uno sviluppo economico a più lungo termine (per misurarlo, sono al lavoro gli economisti della Bocconi). In fondo, le cifre di Expo sono semplici: sono stati conferiti, negli anni, soldi pubblici per 1 miliardo e 241 milioni di euro. Gli incassi (da biglietti, sponsorizzazioni, royalties) sono stati poche centinaia di milioni. Alla fine, tutto il tesoretto di Expo sarà bruciato, anzi non basterà. Questa è la cruda verità. Le dichiarazioni di Sala si sono invece sempre mosse in un’alea di ambiguità, nel tentativo di non farsi poi smentire dai fatti. Ma i fatti alla fine arrivano a chiudere i conti. Eccoli.

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1. Il bilancio 2015. Il budget approvato il 19 marzo 2015 prevedeva “un utile d’esercizio significativo, derivante da ricavi stimati di vendita dei biglietti per il semestre espositivo che è atteso tale da consentire la copertura delle perdite di gestione dei precedenti esercizi”. Obiettivo fallito. I visitatori sono stati molti meno del previsto, probabilmente circa 18 milioni, invece dei 24 o 20 ipotizzati. Ma i dati veri non sono rivelati da Sala, che si trincera dietro il dato dei biglietti venduti: 21,4 milioni, che sono però restati in parte nei cassetti dei distributori. Per cercare di aumentare i visitatori è stato abbassato il prezzo medio di vendita (17,4 euro). Una parte dei ricavi da biglietti (ben 19,9 milioni di euro) non è ancora stata incassata e forse non lo sarà mai. Ancora da incassare anche 51,4 milioni da sponsorizzazioni. Sono 71,3 milioni a rischio che, tolti i 20 milioni accantonati come fondo rischi, potrebbero portare il rosso di bilancio previsto nel documento dell’assemblea soci (32,6 milioni) a quota 84 milioni. A questi vanno aggiunti i soldi che Arexpo, la società che detiene i terreni, deve dare a Expo spa (153,3 milioni: 86,8 per l’infrastrutturazione dell’area, acquisto aree minori e bonifiche su cui c’è accordo; e 66,5 milioni per le bonifiche contestate), ma che non le darà perché, ormai diventata “sviluppatore immobiliare” del dopo Expo, ingloberà Expo spa e dunque non pagherà.

Il rosso sale così a 237,2 milioni. E in questo risultato c’è l’aiutino concesso dal governo Renzi in extremis, a dicembre 2015: 20 milioni per un nebuloso “aumento oneri di sicurezza” senza il quale il rosso sarebbe stato addirittura di 257 milioni.

2. Il patrimonio netto. È positivo, giura Sala, per 14,2 milioni. Peccato che l’operazione Expo non si chiuda a dicembre 2015, come fa finta di credere il commissario-candidato: nel suo oggetto sociale – come dice chiaramente il collegio sindacale – è compreso anche lo smantellamento dei padiglioni, fino a giugno 2016, quando il sito sarà consegnato ad Arexpo. Il budget di spesa previsto per i sei mesi del 2016 è di 58,3 milioni: il patrimonio positivo di 14,2 milioni diventerà dunque a giugno negativo per 44,1 milioni. È la seconda bugia di Sala. Del resto, che le cose si mettano male è segnalato dallo stesso verbale dell’assemblea soci: a fine giugno 2016 la società, che dovrà provvedere alla liquidazione del personale, avrà un buco di cassa di 88,4 milioni. Poi c’è l’incognita degli extracosti, i compensi in più pretesi dai costruttori, su cui sono ancora aperti contenziosi. Expo, insomma, si chiuderà a giugno con un buco di almeno 44,1 milioni, altro che patrimonio netto positivo. Ma Sala si è ormai messo al sicuro come candidato sindaco del centrosinistra, che lo dovrà difendere a ogni costo. Nel gioco delle tre carte tra Expo e Arexpo, diranno che i soldi pubblici che dovranno ancora essere buttati nell’impresa non sono da considerare pagamenti dei debiti di Expo, ma anticipi per il meraviglioso futuro del piano Arexpo (peraltro ancora sconosciuto). Chi vorrà, potrà crederci.

3. Trasparenza zero. C’è stata una vischiosa resistenza a rendere pubblici anche i dati già disponibili, in una mancanza di trasparenza ancor più preoccupante in chi si candida a diventare sindaco. Dunque: 1. L’assemblea dei soci di Expo spa era stata convocata per il 29 gennaio, ma è stata poi tenuta aperta fino al 9 febbraio: guarda caso dopo le primarie (6 e 7 febbraio). 2. Il verbale è stato consegnato ai consiglieri comunali solo il 26 febbraio, su espressa richiesta del presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, dopo le anticipazioni pubblicate dal Fatto Quotidiano. 3. Al verbale sono allegate 32 pagine di grafici e cifre, che sono datate 21 dicembre 2015: perché sono state tenute nascoste e non sono state consegnate prima ai consiglieri, almeno in preparazione della riunione delle commissioni Expo e Partecipate di Palazzo Marino del 25 gennaio? Negli Stati Uniti e negli altri Paesi democratici, di norma chi mente ai cittadini deve rinunciare alla carica. Da noi Giuseppe Sala continua la sua corsa verso Palazzo Marino, nel silenzio assordante di gran parte della stampa.

da Il Fatto Quotidiano del 2 marzo 2016

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