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Ho letto con interesse il Masterplan per il mezzogiorno apparso sul sito del governo.

Si tratta di linee guida introduttive che prospettano, sin dall’introduzione, la scrittura di “una nuova pagina per il Mezzogiorno d’Italia”. Per restare ai commenti, devo prendere atto di alcuni aspetti importanti: nel documento si prende coscienza del divario tra Nord e Sud, accresciutosi nel periodo 2001-2013. In particolare, si accenna alla bassa quota di export del Sud (10%) e al tasso di occupazione al 42,6%, contro una media nazionale del 56,3%.

Il Masterplan accenna alla disponibilità di una cospicua dotazione economica da spendere entro il 2023, alla definizione di nuove regole fiscali, alla necessità di gestire un’aggregazione delle aziende di servizio pubblico. E, soprattutto, si accenna al gap infrastrutturale, all’Alta Velocità, alla Banda Ultra-larga. Al “Piano della portualità e della logistica – che punta a fare dell’Italia meridionale e in particolare del mezzogiorno un hub delle merci per tutta l’Europa”.

Non mi è ben chiaro cosa intenda il documento quando, con riferimento alla scuola, riporta “al Mezzogiorno più che altrove è necessaria la svolta che porti il sistema educativo a valorizzare il merito”, visto che sono fermamente convinto che le condizioni in cui i docenti del Sud sono costretti a lavorare in scuole obsolete e prive di dotazioni siano già un merito di per sé. Ma passiamo oltre.

Si tratta di linee guida, ricordo. Quindi, inutile cercare di cogliere tempistiche in una mera lista di buone intenzioni di cui è lastricato il nostro futuro. Ma è già un punto di partenza, mi si dirà. Certo. I fondi di cui si tratta sono così composti: fondi strutturali (Fondi europei di sviluppo regionale e Fse) pari a 56,2 miliardi per la programmazione 2104-20 e 39 miliardi di Fondi di Sviluppo e Coesione. Con riferimento alle partecipate locali “un ruolo importante di supporto al riguardo potranno svolgere le grandi utility del Centro-Nord che quei processi di aggregazione hanno già vissuto”. Non capisco: non sarebbe ora di responsabilizzare il tessuto imprenditoriale e amministrativo del Sud, magari con regole chiare e orientate in chiave meritocratica soprattutto su enti locali e piccole e medie imprese che hanno tutto l’interesse a crescere, conformemente alla realtà imprenditoriale del Sud? Nessun riferimento viene fatto, nel Masterplan, alla presenza ingombrante della criminalità organizzata e alla sua cancerosa influenza sulle realtà produttive meridionali.

Il governo, per attuare il Piano, costruirà 16 Patti per il Sud, coinvolgendo Regioni e città metropolitane nella programmazione e declinazione degli interventi. Il problema principale, a questo punto, è rappresentato dalle priorità. Sarebbe ora che il coinvolgimento degli enti locali fosse attivo e partecipato visto che nelle scelte ritenute “strategiche” come quelle sulle perforazioni petrolifere (con tanto di Air Gun) le Regioni hanno dovuto indire un referendum per esprimere la propria contrarietà.

Vi è da sperare che, al di là dei proclami dal vago sapore retorico, si dia priorità a dotazioni infrastrutturali di base e messa in sicurezza del territorio piuttosto che a imprese come quella del leggendario Ponte sullo Stretto, su cui sarebbe il caso di sentire finalmente la popolazione. O, almeno, i sindaci.

Illuminanti le parole del sindaco di Messina Accorinti, nella sua recente apparizione televisiva, che riassumono la visione del problema Sud in pochissime frasi, ricordando la mancanza di acqua potabile, nel 2015, in molte città siciliane, e la presenza di una rete ferroviaria con troppi ritardi. La mancanza di ridondanza nella rete stradale determina crisi lunghissime nei collegamenti, con una sola frana. Ricordate la vicenda della Regia Trazzera autofinanziata dai parlamentari cinquestelle?

Le parole di Renato Accorinti: “A noi non manca solo l’acqua, ci mancano tutte le infrastrutture”. “Non chiediamo molto, vogliamo l’essenziale almeno. Da soli facciamo il nostro futuro, ma ci serve il minimo. Devono consentirci di stare al passo con gli altri. Vi immaginate una frana per 2 mesi in una città come Roma? La verità è che ci sono due Italie e non va bene. La colpa non è solo di questo governo, sono 150 anni che va avanti questa storia. L’Italia si può salvare solo se si mette il Sud nelle condizioni”.

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