Il calendario era quello e quello è rimasto. Solo la sede operativa della maxi esercitazione Nato Trident Juncture era stata spostata dalla Sardegna alla Sicilia. Nulla più. Una decisione comunque presa “per questioni organizzative”. A nulla è valso il parere (consultivo) del Comipa – Comitato misto paritetico: il via libera alle esercitazioni militari nelle basi sarde è arrivato via decreto della Difesa. E in particolare per quella che è stata definita dalla autorità militari “la più grande esercitazione dalla Guerra Fredda” si spara, si testa, si vola da inizio ottobre fino al 6 novembre. In campo 30 Paesi36.000 uomini, 140 aerei e 60 navi. Un’operazione mastodontica secondo la stessa Alleanza Atlantica: “La Nato non effettua un’esercitazione tanto complessa e impegnativa quanto la Trident Juncture 2015 da oltre vent’anni“, si legge su un factsheet del mese scorso.

Le ragioni dell’ok da Roma sempre le stesse: “Esigenze nazionali di difesa e addestramento”. Lo sguardo internazionale vira verso la Russia e le ingerenze in Siria e Ucraina. Lo sguardo nazionale e locale punta invece al braccio di ferro tra Regione, guidata dal presidente Pd Francesco Pigliaru, e la Difesa. In mezzo ci sono i test, le navi militari al porto di Cagliari, l’arrivo dei carri armati e i missili anticarro Tow, Spike, Milan. Teatro principale una delle tre principali basi militari, nel sud Sardegna, a Teulada. Ma sono operative anche Capo Frasca, sulla costa occidentale, e il Poligono sperimentale interforze Salto di Quirra – nei limiti operativi tracciati dall’inchiesta giudiziaria e dal processo ancora in corso per disastro ambientale. Una lunga vicenda partita dalle morti sospette per tumore che vede nel banco degli imputati i generali e i vertici militari che hanno guidato la base. Ma è tutto fermo: il processo è sospeso da mesi. La Corte costituzionale si deve infatti esprimere su una questione sollevata dalla Regione.

Nel frattempo si va avanti ed è sempre attuale – e irrisolto – il dialogo sulle servitù militari avviato con lo strappo diplomatico, dopo l’incendio di un anno fa a Capo Frasca causato dai tornado tedeschi e domato grazie al Corpo forestale regionale. Pure nell’ultimo documento inviato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti si fa un accenno alla riduzione dell’estensione – 35mila ettari totali, più 80mila chilometri di coste off limits – e alla conversione anche in chiave tecnologica, ma civile, delle aree. Ma i passi in avanti, concreti, sono pochi: nonostante la mancata firma di un apposito protocollo da parte di Pigliaru, la Sardegna resta un “nodo irrisolto”, così come viene citato in un’inchiesta conoscitiva della Commissione Difesa della Camera. Non solo: la stessa Isola viene indicata come “l’azionista di maggioranza assoluta della partita delle servitù militari”. Il pegno sono gli indennizzi, pagati in ritardo, e il fermo di pescatori e altre attività. Con il conseguente piccolo giro di assistenzialismo, corredato anche da truffe di falsi beneficiari.

Gli appelli della politica allo stop alla Trident sono arrivati a giochi avviati quando i margini di manovra erano nulli. Recente poi, la posizione anche di un esponente della Giunta, l’assessore ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda: “Fossi in lui (il presidente Pigliaru, ndr) riunirei la giunta in spiaggia a Teulada, dentro al poligono. Non possiamo chiedere questi gesti ai singoli cittadini e dir loro: fatevi arrestare”. Giusto per vedere la reazione del governo Renzi, aggiunge.

Il riferimento va alla due diverse manifestazioni di protesta. La prima dello scorso sabato 31 ottobre: un corteo a Cagliari contro le esercitazioni e la guerra, organizzato dalla Tavola della pace, con varie adesioni: dal deputato Michele Piras (Sel) a Claudia Zuncheddu, Sardigna libera. Altro appuntamento per il 3 novembre davanti alla base militare di Teulada, promosso da associazioni, collettivi e comitati studenteschi. Ma è arrivato l’altolà da parte del Questore di Cagliari, Danilo Gagliardi. Le ragioni? “Una richiesta aleatoria senza un luogo di partenza preciso, un orario, un percorso con un corteo lungo il perimetro del Poligono”. A cui si aggiungono i fogli di via destinati a 20 attivisti del comitato militanti Comitato No Basi, per via di un sopralluogo effettuato in zona militare. Gli organizzatori ribadiscono comunque la loro presenza e rilanciano l’appuntamento.

Intanto, mentre fervono i preparativi, gira in rete le foto scattate a bordo di un aereo nell’aeroporto civile di Cagliari-Elmas. Ritrae numerosi pallet stoccati in pista e pronti a partire. Il contenuto? Bombe in bella evidenza, pronte per essere assemblate e utilizzate. Destinazione presunta: Arabia Saudita. L’immagine è stata diffusa dal senatore Roberto Cotti (M5s). Si tratta probabilmente di prodotti usciti dalla fabbrica di Domusnovas, nel Sulcis, un presidio locale della multinazionale tedesca delle armi Rheinmetall.

Al via le polemiche politiche degli indipendentisti, a seguire Mauro Pili – deputato di Unidos. Poi l’interrogazione al ministro dei Trasporti dei senatori Peppe De Cristofaro (Sel), Emilio Floris (Fi), Silvio Lai (Pd) e Luciano Uras (Sel). Le parole dell’Enac, Ente nazionale aviazione civile, non sono bastate. Si legge che è tutto regolare: “Si trattava di un volo di natura commerciale regolarmente autorizzato nel contesto delle previsioni normative internazionali tecniche che disciplinano il trasporto di tali materiali”. Ecco quindi la Sardegna tra basi militari in cui la guerra simulata c’è e si spara ogni dieci secondi, e quella degli scali civili in cui le bombe – vuote e innocue, si presume – possono viaggiare accanto a trolley e passeggini.

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