Diminuiscono le vaccinazioni dell’età pediatrica in Italia. Secondo gli ultimi dati forniti dal ministero della Salute (qui le percentuali del 2014 disaggregate per regione), “le coperture vaccinali nazionali a 24 mesi d’età, relative all’anno 2014 (coorte di nascita 2012), contro la poliomielite, il tetano, la difterite, l’epatite B, Haemophilus influenzae b e la pertosse (vaccino esavalente, tre dosi nei primi 11 mesi di vita dei bambini), sono scese al di sotto del 95%, valore minimo previsto dall’obiettivo del Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2012-2014 (leggi qui). Nel 2013 – si legge sul sito del ministero – erano di poco superiori a questa soglia. Mentre quella per morbillo, parotite e rosolia (Mpr, vaccino trivalente somministrato al primo anno di vita) è diminuita di quasi quattro punti percentuali rispetto ai dati aggiornati del 2013, passando dal 90,3% all’86,6%”.

“Questa situazione, che tende progressivamente a peggiorare – afferma Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) -, rischia di avere gravi conseguenze sia sul piano individuale sia su quello collettivo. Scendere sotto le soglie minime significa perdere via via la protezione della popolazione nel suo complesso, e – aggiunge l’esperto dell’Iss -, aumentare contemporaneamente il rischio che bambini non vaccinati si ammalino, che si verifichino epidemie importanti e che malattie per anni cancellate dalla protezione dei vaccini non siano riconosciute e trattate in tempo. È necessario – sottolinea Ricciardi – che, a fronte dei dubbi dei cittadini, gli operatori siano in grado di far comprendere che la mancata vaccinazione crea un rischio enormemente più alto rispetto a quello temuto di eventuali effetti collaterali”.

Di diverso parere Eugenio Serravalle, pediatra pisano e autore di testi critici sulla vaccinazione: “I toni di questa campagna sono sempre improntati all’allarmismo. Se da un lato è vero, come sottolinea l’Iss, che è in atto una flessione delle coperture medie nazionali per quasi tutte le vaccinazioni, dall’altro vuol dire che il movimento di riflessione critica sulla pratica vaccinale di massa trova sempre maggiori consensi nei Paesi industrializzati. E non è un caso, viste le scarse informazioni che ricevono i genitori riguardo alle vaccinazioni. Un’indagine del Censis, (presentata in Senato nell’ottobre 2014, ndr) – ricorda il pediatra – ha evidenziato che il 79% dei genitori afferma di sapere cosa sia il calendario vaccinale (leggi qui), ma solo il 5,6% è stato in grado di indicare che in Italia le vaccinazioni obbligatorie sono quattro (antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica e antiepatite B); inoltre, più del 25% considera erroneamente obbligatorie le vaccinazioni in realtà raccomandate dal Sistema sanitario nazionale (Ssn). È importante sottolineare – spiega Serravalle – che, mentre si sostiene la volontà di eradicare malattie come la rosolia o la difterite, in pratica non è più possibile effettuare i vaccini singoli. È come se raccomandassi a qualcuno di percorrere in bicicletta il tragitto fino al lavoro, e poi gli mettessi a disposizione solo dei tandem, o delle bici a quattro posti”.

Ma qual è la situazione al di fuori del nostro Paese? Anche negli Usa le vaccinazioni sono in calo, soprattutto in alcuni Stati come la California. Negli Stati Uniti causa della riduzione della copertura vaccinale nazionale, un bambino americano su otto non è protetto contro il morbillo, malattia virale responsabile nel mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), di 400 decessi al giorno nel 2013. Ad affermarlo, un’indagine preliminare dei ricercatori della Emory University di Atlanta, estesa al periodo tra il 2008 e il 2013 e ancora in attesa di pubblicazione, dopo la presentazione nei giorni scorsi alla “Infectious diseases week 2015” (leggi qui), meeting che riunisce ogni anno i principali specialisti Usa di malattie infettive.

Per quanto riguarda il Vecchio Continente, invece, nei 29 Paesi europei – i 27 dell’Ue più Norvegia e Islanda – 15 non hanno alcuna vaccinazione obbligatoria (leggi qui). Secondo l’Ufficio regionale Oms per l’Europa, nel 2014 e nei primi mesi del 2015 ci sono stati più di 22mila casi di morbillo (leggi qui) in sette Paesi del Vecchio Continente, tra cui l’Italia con più di 1600 casi. L’obiettivo iniziale dell’Oms di eliminare morbillo e rosolia in Europa entro la fine del 2015 è stato adesso inserito nel nuovo “European vaccine action plan” (Evap) per il 2015-2020 (leggi qui).

“Quando consideriamo che nel corso degli ultimi due decenni abbiamo assistito alla riduzione del 96% dei casi di morbillo – afferma Zsuzsanna Jakab, direttrice dell’Ufficio regionale Oms per l’Europa -, e che siamo solo a un passo dall’eliminazione della malattia, non dobbiamo farci prendere alla sprovvista da questi numeri. È inaccettabile – conclude l’esperta – che dopo gli sforzi compiuti negli ultimi 50 anni per rendere disponibili a tutti vaccini sempre più efficaci, il morbillo continui a costare vite, denaro e tempo”.

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