Il classico libro delle vacanze che non t’aspetti. Il sussidiario delle polemiche. Già, perché ad un certo momento, mentre il ragazzino di prima elementare sfoglia “Che spasso il ripasso” (questo l’innocente titolo) s’imbatte nell’esercizio che gli chiede di inserire per ogni lettera dell’alfabeto una parola che inizia con quella lettera.

Apparentemente un normalissimo esercizio per imparare a leggere, scrivere, ripassare l’alfabeto. Peccato che sulla pagina originaria ve ne è incollata un’altra. E peccato per la casa editrice (Lisciani editore) che si distingua perfettamente in controluce (o molto più semplicemente staccando un foglio dall’altro) la più vecchia delle due.

Con scritto su: A come “accetta che ti voglio dare in testa”, B come “bastonata che ti arriva sulle gambe” e ancora C come il “cappio che ti stringe il collo”. Una cantonata, chiamiamola così, dell’editore. Che subito, tramite un comunicato ufficiale diretto “a tutti coloro che hanno acquistato Che spasso il ripasso – classe prima”, si scusa, sostenendo che è in atto un “tentativo illecito di screditare la nostra azienda”. “Per cause ancora in corso di accertamento e assolutamente non dipendenti dalla nostra volontà – si legge ancora – sono apparse scritte alcune frasi che possono risultare inaccettabili soprattutto se rivolte ai bambini”.

Ma il volume è già in distribuzione, ed essendosi accorti dell’errore, i dirigenti della casa editrice ammettono di avere applicato una etichetta adesiva. La quale potrebbe però “non risultare soddisfacente”. Di qui la sostituzione gratuita del libro a chiunque ne faccia richiesta. La casa editrice, che da 40 anni opera nel settore dell’editoria per l’infanzia, parla addirittura di un tentativo di “sabotaggio”.

Di queste frasi violente se ne è accorto quasi per caso un papà della provincia di Cremona, dove evidentemente il libro è stato distribuito. Ma è naturale che il volumetto potrebbe essere stato acquistato in qualsiasi parte d’Italia. Per la verità inizialmente si è anche pensato ad una bufala, come ne girano tante sul web. Ma le foto, oltre alla precisazione della casa editrice, contribuiscono ad assicurare la veridicità della notizia.

Il genitore che si è accorto del misfatto, e che ha deciso di mantenere attaccate le due pagine per non far leggere al figlio le frasi incriminate, vorrebbe contattare altri papà e altre mamma per sporgere denuncia. Non accontentandosi, evidentemente, delle scuse dell’azienda.

Articolo Precedente

Scuola, crediti universitari a chi dà ripetizioni gratis: il progetto di Roma Tre

next
Articolo Successivo

Riforma della scuola, la paura dei precari “Non sappiamo numero delle supplenze”

next