Low cost ma non troppo. Dopo anni di discussioni, presunti annunci e valutazioni, Martin Winterkorn, numero uno di Volkswagen Group, ha ufficializzato la data del debutto dell’auto a basso prezzo per il mercato cinese: 2018. Alla Bild am Sonntag ha dichiarato che la prima di una intera gamma sarà una familiare il cui prezzo sarà compreso tra 8.000 e 11.000 euro. Le ultime indiscrezioni davano Volkswagen e la locale Great Wall in trattative per la produzione dei veicoli.

Si tratta di una cifra che sembra poco low cost perfino in Europa, dove Dacia – il marchio rumeno controllato da Renault e che beneficia delle sinergie dell’alleanza con Nissan – riesce ad offrire auto a un prezzo più basso. Senza contare alcune iperboliche promozioni, come quella grazie alle quali in Spagna una Fiat Panda si portava a casa con meno di 6.000 euro. Che era poi la somma ipotizzata inizialmente dal colosso tedesco (il manager Hans Demant se l’era lasciata sfuggire parlando con la Reuters appena un anno fa) quando erano circolate le prime voci di un’operazione automobilistica con listini popolari e perfino della riesumazione del marchio NSU.

Il “low cost” è un campo molto difficile, dove in pochi hanno saputo fare bene. In Europa, per ora ci è riuscita solo la Dacia. La Tata, con la propria Nano “da 2.500 dollari”, avrebbe dovuto motorizzare l’India, ma malgrado una capacità produttiva di 250.000 unità, non è mai andata oltre le 75.000 consegne l’anno. Sempre per l’India, la Renault ha presentato da poco un modello da 5.000 euro, la micro Suv Kwid. General Motors, invece, ha annunciato un investimento da 5 miliardi di dollari in una nuova famiglia di veicoli per i mercati emergenti,  che saranno costruiti in Brasile, Cina, India e Messico e da lì esportati e venduti con il marchio Chevrolet in altri Paesi in via di sviluppo.

Circa il dubbio se Volkswagen possa realmente fabbricare auto a basso prezzo, Winterkorn è stato lapidario: “Assolutamente, ma deve essere conveniente per i clienti e anche per noi”. Un passaggio che dice molto sull’approccio e, probabilmente, anche sulla dilatazione dei tempi: nei progetti iniziali, la “budget Volkswagen” era destinata ad esordire in Cina nel 2016. La crisi internazionale ha sicuramente rallentato i piani, ma le stesse dinamiche del mercato del Regno di Mezzo non possono venire sottovalutate.

L’emergenza emissioni, le lunghe attese per le targhe (che a Pechino vengono addirittura estratte a sorte) e il traffico caotico aprono dubbi sulla validità del progetto. Sul quale grava adesso anche una possibile nuova incognita: nel 2016 potrebbe venire introdotta una norma che impedirebbe l’acquisto di un veicolo a chi non possiede un posto auto. Significa che, in ogni caso, i costi del parcheggio sono destinati a schizzare alle stelle. Acquistare un’auto low cost per poi spendere una fortuna per posteggiarla sarà una delle contraddizioni che gli automobilisti cinesi potrebbero affrontare: nella vicina Hong Kong, nel 2014 oltre 6.700 posti auto in zone residenziali hanno cambiato proprietà ad un prezzo medio di 119.000 euro.

Ma i dubbi degli esperti (la Wirtschaftswoche ne ha sentito uno, Jochen Siebert della JSC di Shanghai) si concentrano sul listino. Perché l’ampia forbice tra gli 8 e gli 11.000 euro non sembra così attrattiva. Per restare nel gruppo VW, Polo e Fabia, per le quali già non c’è la fila davanti ai concessionari cinesi perché sono troppo piccole ma anche troppo care, hanno prezzi non troppo lontani, poco sopra quota 11.000. Secondo Siebert, la Volkswagen dovrebbe offrire una versione low cost di un modello come la Santana (una generosa familiare, appunto) attualmente in vendita a 12.500 euro. Il posizionamento è strategico, anche perché General Motors commercializza la Sail a meno di 9.000 euro: lo scorso anno ne sono state consegnate più di 200.000.

Winterkorn non si è sbilanciato troppo: il progetto low cost comincerà nel Regno di Mezzo (produzione inclusa) ma “valuteremo se il progetto può essere interessante anche per altri mercati”. Di sicuro Volkswagen non ha troppi margini di errore: nel primo semestre 2015 il gruppo ha subito una sopportabile e prevista contrazione di mezzo punto percentuale, ma oltre i 5 milioni di veicoli. Solo che in Cina il singolo brand ha ceduto il 6,7% (1,3 milioni di auto), mentre come gruppo (1,74 milioni) il calo è stato del 3,9%.

Articolo Precedente

Alfa Romeo, il ritorno in America è sulle spalle (da culturista) di Reid Bigland

next
Articolo Successivo

Autostrade tedesche, caos pedaggio camion: lo Stato fa causa all’azienda di riscossione

next