Uber PopUber non paga i contributi Inps e Inail ai lavoratori, ma i conducenti di Uber Pop sanno che non avranno pensioni e che non potranno vedersi liquidato un eventuale infortunio sul lavoro. In caso di incidente potrà intervenire solo l’assicurazione del veicolo usato per il trasporto, più o meno favorevolmente, in base alla polizza stipulata. Sono forse qualche centinaio i conducenti milanesi che con lo smartphone mettono a disposizione se stessi e la propria autovettura per una attività non regolata ed ora espressamente vietata dai giudici milanesi.

Non sappiamo quante tasse paga Uber all’Erario italiano, c’è da pensare però che sia un sorvegliato speciale del fisco. I conducenti arruolati da Uber ed i taxisti tradizionali forse lo sono meno. Concorrenza sleale dicono i giudici nella sentenza. Ma le autovetture di Uber pop non hanno dei posizionamenti strategici di cui dispongono i taxisti ufficiali (parcheggi nelle stazioni, negli aeroporti e nelle piazze) e chissà se assieme al contingentamento delle licenze e alle barriere all’ingresso non si configuri un abuso di posizione dominante per i taxisti regolari.

Gli autisti di Uber pop svolgono attività in nero. Ma Uber Pop sembra intercettare dei segmenti di mercato poco appetibili e trascurati per i taxisti: giovani, aree periferiche e corse notturne del sabato sera. Uber Pop incontra i favori di molti clienti, anche perché una corsa dalla città a Malpensa costa circa 35 euro, contro la tariffa “amministrata” e quasi mai rispettata di 90 euro dei taxi ufficiali.

Nuove nome più concorrenziali e meno protezionistiche, non solo per i taxi, ma per tutto il settore dei trasporti sono comunque necessarie per incontrare i favori del mercato dei trasporti oggi lontano dai livelli europei. La sentenza sul lavoro nero di UberPop apre un annoso capitolo. Quanti elettricisti, idraulici, imbianchini o muratori fanno attività al nero sulla piazza di Milano? Per quanti di loro si tratta di doppio lavoro perché già occupati di aziende pubbliche e private, (in particolare dove l’orario di lavoro è minore) e quanti sono cassintegrati? Anche in queste attività la sicurezza sul lavoro (impalcature apparati elettrici ecc.) gioca un fattore decisivo e deve essere rispettata. Molti posti di lavoro vengono “rubati” molte aziende non possono entrare sul mercato per questo fenomeno del doppio lavoro in nero ma soprattutto sono tanti i posti di lavoro che vengono sottratti ai disoccupati.

Gli utenti di tali attività “domestiche” siamo noi che, per risparmiare qualche euro, ci facciamo imbiancare la casa da chi un lavoro già ce l’ha e non chiediamo la fattura, che peraltro non potrebbe neppure essere emessa. Con queste tare, omissioni di controlli amministrativi, sicurezza “volatile” e infortuni sul lavoro mascherati ed evasione fiscale e contributiva, quanto tempo dobbiamo ancora convivere?

La ferrea legge del più forte, imposta dai giudici con questa sentenza, sarà ancora la solita foglia di fico ipocrita di un sistema in crisi, in preda al si salvi chi può. Le corporazioni ben tutelate ed i “doppio lavoristi” singoli od organizzati da Uber Pop contribuiscono all’agonia del Paese. Anche le innovazioni derivanti dalla tecnologia debbono essere governate e ben gestite non dai tribunali ma dalla politica, che ieri chiudeva gli occhi davanti a fenomeni dilaganti di lavoro nero svolto spesso per arrotondare i bassi salari ed oggi li chiude ancora davanti alle vibranti proteste della corporazione dei taxisti e davanti all’innovazione e al gradimento per gli utenti che Uber ha portato.

Articolo Precedente

Marina, l’ammiraglio de Giorgi ordina: noccioline in ogni porto

next
Articolo Successivo

Dichiarazione dei redditi, flop del 2 per mille ai partiti: parte la cura dimagrante?

next