Promuovere la proliferazione dei killer del sistema immunitario, per spingerli ad aggredire e distruggere le cellule tumorali. Questa la strada battuta da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra – in collaborazione con gli scienziati della Queen Mary University londinese, dello Swiss federal institute of technology di Zurigo e dell’Harvard medical school di Boston – che, in uno studio pubblicato su Science, sono riusciti a potenziare il sistema immunitario di topolini di laboratorio, spingendo i linfociti T citotossici, un tipo di globuli bianchi, a replicarsi in modo esponenziale.

È solo l’ultimo esempio, in ordine di tempo, di uno dei più promettenti filoni di ricerca anticancro, la cosiddetta immunoterapia, una innovativa strategia che fa leva sulle difese immunitarie dell’organismo, addestrandole con interventi mirati e personalizzati, per eliminare selettivamente le cellule del corpo che iniziano a dividersi in maniera incontrollata. E che, negli ultimi anni, sta trovando nuove applicazioni anche nella lotta all’Aids.

Lo studio britannico si basa sull’attivazione di una particolare proteina, battezzata “Lem (Lymphocyte expansion molecule)”, attraverso tecniche di terapia genica. I ricercatori londinesi, osservando alcuni di topolini di laboratorio, hanno scoperto che questi animali, se infettati da un virus, sono in grado di produrre una quantità di linfociti T citotossici 10 volte superiore rispetto ad altri esemplari della stessa specie. Hanno, pertanto, indagato alla ricerca del segreto di questi super-topolini. E hanno, così, individuato il responsabile in una proteina del sistema immunitario finora sconosciuta. Una proteina che, con sorpresa, gli scienziati hanno trovato anche nell’uomo.

La ricerca apre la strada a nuove sperimentazioni, finalizzate a potenziare l’azione del sistema immunitario, stimolando la produzione della proteina Lem. “La nostra speranza – sottolinea Philip Ashton-Rickardt, primo autore dello studio di Science – è quella di riuscire a introdurre nel Dna dei globuli bianchi il gene che attiva la sintesi di Lem”. I primi test saranno eseguiti su cellule coltivate in laboratorio, per poi passare alla sperimentazione sugli animali. “Le implicazioni dello studio sono numerose – chiarisce Claudio Mauro, della Queen Mary University -. Questa scoperta potrà, infatti, aiutarci a comprendere i meccanismi biologici della diffusione di malattie che coinvolgono alterazioni nella risposta infiammatoria e immunitaria, come l’artride reumatoide e l’aterosclerosi”. “Se i dati saranno positivi come speriamo – conclude Ashton-Rickardt -, potremmo passare alla sperimentazione umana tra circa tre anni”.

L’Abstract dello studio su Science

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