La minoranza Pd abbandona Matteo Renzi al Senato, Silvio Berlusconi resta saldo al suo fianco tra i malumori di Forza Italia. Ma per il momento al Senato la maggioranza necessaria non c’è e il voto sulla legge elettorale slitta in attesa di trattative che possano ricomporre le due fratture. Si è conclusa così la convulsa giornata dedicata all’Italicum a palazzo Madama: in Aula la seduta si è chiusa alle 20.30, senza che nessun emendamento al testo sia stato votato. Tantomeno quello che porta la firma del democratico Stefano Esposito, che riscrive per intero la legge e in grado di inibire il voto degli altri 48mila emendamenti.

La riforma dovrebbe passare al Senato con un’ampia maggioranza: nonostante i voti contrari dei dissidenti del Pd e di Forza Italia, nonostante il no dei Cinque Stelle e nonostante l’appoggio degli ex grillini agli emendamenti Gotor, la nuova legge elettorale dovrebbe essere approvata con 224 voti circa, 62 in più rispetto alla maggioranza assoluta (pari a 162 voti). Il punto è proprio questo: l’alleato azzurro manterrà fede al patto del Nazareno, come va predicando da settimane, e farà in modo che i suoi fedelissimi votino il tanto sospirato l’Italicum 2? Secondo rumor che si rincorrono tra le Aule parlamentari, sul piatto ci sarebbe l’articolo 19 bis infilato da un’anonima “manina” nel decreto attuativo della delega fiscale, ovvero la cosiddetta norma Salva-Berlusconi che consentirebbe all’ex Cav, condannato a quattro anni e due di interdizione dai pubblici uffici nel processo per i diritti tv Mediaset, di chiedere al giudice di far decadere la sentenza perché il reato si è estinto.

Per questo l’Aula tonerà a riunirsi mercoledì dalle 9.30 (fino alle 15 e di nuovo dalle 19.00 alle 22; giovedì si voterà tutto il giorno e venerdì fino alle 12), mentre il voto finale è atteso per la prossima settimana (prima di giovedì 29, giorno per il quale il Parlamento è convocato in Seduta comune a Montecitorio per l’elezione del presidente della Repubblica), come stabilito dalla Conferenza dei capigruppo. Nel frattempo ci sarà tutto il tempo per le trattative: quelli interne al Pd tra la minoranza guidata da Miguel Gotor; quelle necessarie tra le file di Forza Italia per recuperare i dissidenti capeggiati da Raffaele Fitto e quelle, appunto, tra Renzi e Berlusconi sull’articolo 19 bis.

Il giorno dello strappo con i dissidenti democratici per il presidente del Consiglio è anche il momento per rinforzare il patto del Nazareno: “Voteremo compatti per l’emendamento Esposito“, ha detto l’ex Cavaliere ai suoi dopo l’incontro a Palazzo Chigi con il leader Pd. E in serata ha espresso nuovamente apprezzamento per l’Italicum: “La legge in discussione al Senato può forse essere lo strumento per superare quella frammentazione endemica del quadro politico che riteniamo essere uno dei peggiori mali della nostra democrazia e che troppe volte, nei decenni passati, ha contribuito a minare l’efficacia della azione di ogni governo”.

Video di Manolo Lanaro

 

La fronda interna, però, rema contro. “Sulla legge elettorale Berlusconi fa un errore madornale”, ha detto il critico Raffaele Fitto. “Noi non siamo il soccorso azzurro di Renzi e del suo governo. In questo modo si suicida Forza Italia. E’ inaccettabile”. 10 esponenti azzurri e 7 di Gal avrebbero invece deciso di non seguire la linea dell’ex Cavaliere indicata da Denis Verdini e Paolo Romani. A puntare i piedi dunque, i frondisti, fittiani in testa, che daranno battaglia con il voto contrario anche in Aula. Il patto del Nazareno ha compiuto un anno in questi giorni e ancora una volta dimostra di essere in salute. L’Italicum dopo la prima approvazione alla Camera ha subito numerose modifiche, elementi che non erano dentro il primo accordo con l’ex Cavaliere e che nei mesi scorsi avevano creato problemi per la tenuta dell’accordo. Ora i veri problemi per il presidente del Consiglio sono con i suoi. La rottura è andata in scena a Palazzo Madama durante l’assemblea con i senatori: in 29 hanno firmato il documento del bersaniano Miguel Gotor contro i capilista bloccati della nuove legge elettorale e hanno lasciato la riunione al momento del voto, anche se in seguito in 3 sono tornati sui propri passi e hanno annunciato che voteranno secondo i voler del premier. “Non c’è alcuna trattativa”, ha detto Gotor. “Non possiamo dare all’Italia un Parlamento di nominati. Ormai la discussione è solo con Berlusconi“. Gli ha risposto il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: “Spero che in aula la minoranza si adegui”. Il vero pensiero per Renzi ora sono i numeri. “Affrontiamo l’aula”, ha detto Boschi, “sapendo che i numeri ci sono e in poco tempo potremmo dare agli italiani una nuova legge elettorale che sia efficiente”. I primi che hanno detto appoggeranno la minoranza Pd sono gli ex del Movimento 5 stelle: fino a questo momento sparpagliati nel gruppo Misto, hanno deciso di provare a ricompattarsi in vista delle prossime votazioni. E in un comunicato hanno annunciato il loro appoggio all’emendamento Gotor.

I 29 senatori critici del Pd si battono contro i capilista bloccati del nuovo Italicum. “Il punto centrale”, ha detto Renzi in assemblea, “è il premio di lista, mentre la questione dei capilista bloccati non è decisiva. Con questa riforma ci saranno alla Camera molti più eletti con le preferenze che non con le liste bloccate. Se il partito che vincerà le elezioni non esprimerà nessuna candidatura plurima, eleggerà 100 deputati come capilista e 240 con le preferenze. Parliamo quindi del 71% di eletti con le preferenze e il 29% con i capilista bloccati”. I dissidenti nel documento hanno chiesto un confronto con il leader Pd: “Non c’è nessuna notte dei lunghi coltelli”, ha detto il senatore Corsini. Doris Lo Moro invece ha messo a disposizione il mandato di capogruppo in prima commissione. I firmatari sono Albano, Broglia, Corsini, Chiti, Gotor, Migliavacca, Capacchione, Casson, Cucca, D’Adda, Dirindin, Filippi, Fornaro, Gatti, Guerra, Paleotti, Idem, Lai, Lo Giudice, Lo Moro, Manassero, Manconi, Mineo, Mucchetti, Pegorer, Puppato, Ricchiuti, Sonego, Tocci. 

Il presidente del Consiglio ha difeso la riforma in mattinata anche su Twitter: “Con l’Italicum preferenze e singoli candidati di collegio. Spariscono le liste bloccate. Ballottaggio è garanzia anti-inciucio”. Gli ha risposto la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che ha ribadito che con i capilista bloccati i due terzi dei deputati saranno ancora nominati dai partiti. E Renzi ha replicato: “Mai votato liste bloccate, io. Mai eletto in liste bloccate, io. Conversione tardiva la tua, ma apprezzata. Ciao Giorgia”.

La discussione va a sovrapporsi con l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. A destra Berlusconi sembra aver trovato un accordo con Angelino Alfano per sostenere un candidato non più a sinistra che possa avere l’appoggio anche di Matteo Salvini. Renzi invece, tra lotte interne al Pd e tentativi di mediazione, pensa a fare un nome alla vigilia della prima seduta del Parlamento. Martedì prossimo, in un giro di incontri con tutti i partiti, il premier rivedrà Berlusconi per cercare l’intesa su un candidato. Per allora conta di avere in tasca la legge elettorale al Senato e la riforma costituzionale alla Camera. I 5 Stelle intanto cercano di organizzare la loro strategia per il Colle. I capigruppo Andrea Cecconi e Andrea Cioffi si sono incontrati a Milano con Gianroberto Casaleggio per decidere le prossime mosse. Ancora in dubbio quando aprire la consultazione online per il nome da candidare al Quirinale: l’idea è quella di aspettare la mossa di Renzi per non bruciare subito la propria preferenza. Il direttorio invece è in trasferta a Bruxelles per un colloquio a porte chiuse con gli eurodeputati.

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