La cosiddetta ripresa? Merito del governo Letta. La rivendicazione è del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che si trova a Bruxelles per l’incontro periodico con i colleghi europei. “La ripresa della seconda parte del 2013 è dovuta a misure che abbiamo adottato noi, è ‘homegrown’ (letteralmente fatta in casa, ndr)”, ha detto l’ex direttore generale della Banca d’Italia in una conferenza stampa a margine dell’Ecofin riferendosi, probabilmente, a quel + 0,1% registrato dal Pil a fine 2013. “Abbiamo ereditato un’economia in calo del 2% a trimestre. Ora l’economia non si contrae più o cresce moderatamente”, ha aggiunto. Tuttavia, ha messo le mani avanti, “è probabile che le stime della Commissione europea (sulle previsioni economiche del prossimo 25 febbraio, ndr) saranno più negative di quelle che abbiamo formulato noi, anche se più positive di quelle che la Commissione pensava qualche tempo fa”.

Poi l’avvertimento. A chi gli ha chiesto se l’Italia possa permettersi di sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil come ha ventilato Matteo Renzi, il ministro è stato categorico: “Ritengo di no. Non esiste una regola che impedisce all’Italia di andare oltre il 3%: ci vada, poi però – è stato l’avvertimento – paga le conseguenze di credibilità, reputazione, reazioni sul mercato e sanzioni”. E, ancora: “Il deficit di oggi va ad aumentare il debito di domani. Se ci si lamenta perché il debito è alto, poi non si può invocare sulla stessa pagina di giornale o nello stesso discorso politico l’aumento del deficit, perché il deficit lo si deve pagare”. Più morbida la posizione della Ue arrivata dal presidente dell’eurogruppo Jeroen Dijsselbloem: “Rehn ha detto che L’Italia è un Paese profondamente europeista e prenderà sul serio gli impegni sul patto stabilità – ha risposto  a chi gli chiede se Bruxelles darà più tempo all’Italia -“ma Rehn ha anche la capacità di dare più tempo agli Stati se lo ritiene necessario, con condizioni supplementari”.

Proprio a proposito del commissario, Saccomanni ha raccontato che nell’incontro con Rehn di lunedì ha ribadito “la strategia che chiariva in modo netto che la nostra legge di stabilità prevedeva un certo tasso di crescita e un certo obiettivo di disavanzo e che il raggiungimento del disavanzo è in linea con gli impegni, ben sotto il 3%, consapevoli che il profilo di riduzione del debito non è in linea con le regole numeriche meccaniche”. Per questo il ministro ha detto di aver ricordato a Rehn “le misure di riduzione (del debito, ndr) in parallelo al budgetary process che erano utili per realizzare gli obiettivi”. Saccomanni ha quindi “riferito che sui progetti illustrati a novembre, che erano in fase di disegno, oggi sono andati avanti, quindi c’è un chiaro progetto sulle privatizzazioni, sono state individuate due società da privatizzare, nominati gli advisor, c’è un progresso anche sul fronte della normativa per il rientro dei capitali, anche il decreto Banca d’Italia è stato fatto e sulla spending c’è un programma in avanzato stadio”. E poi: “Sull’emissione del debito l’Italia si finanzia a un tasso medio del 2 per cento. E’ un risultato clamoroso, che non ha precedenti nella storia, raggiunto perché abbiamo seguito queste politiche”. Le sue stime sono di una riduzione dell’onere del pagamento del debito di 3 miliardi nel 2014.

In coda, poi, la disponibilità a continuare l’opera iniziata con Enrico Letta. Saccomanni, in vista della presentazione della lista dei ministri che faranno parte del governo guidato da Matteo Renzi, non esclude la possibilità di accettare un eventuale incarico: “Non sono stato contattato da nessuno e se mi contatteranno ci rifletterò – ha detto – quanto prima si risolve questa fase di incertezza in Italia tanto meglio è, mi pare questo anche l’auspicio dei colleghi con cui ho parlato in questa due giorni“. In ogni caso, è il suggerimento, il nuovo governo dovrebbe continuare a portare avanti le iniziative dell’esecutivo uscente, in particolare sulla spending review. Il programma sulla spending review “è in via di attuazione ma non ci sono deadline. Ora c’è un cambio di governo, ma non mi pare ci siano intenzioni di non portare avanti queste iniziative. C’è una domanda di accelerazione su altri fronti, ma questi capisaldi non sono in discussione”, ha detto.  L’Italia, ha concluso, “per anni ha avuto una spesa pubblica fuori controllo e disavanzi che erano arrivati fino al 12%, quanta crescita stabile e sostenibile abbiamo prodotto?”. 

Articolo Precedente

Zone franche, torna la promessa politica da manuale delle leggende fiscali

next
Articolo Successivo

Francia, il conto si apre dal tabaccaio. “Così si potrà fare a meno delle banche”

next