Un quartiere dormitorio dove non ci si può allontanare dalla propria abitazione per non rischiare che la propria casa venga venduta per poche migliaia di euro. La storia di Maria è solo una delle tante che si consumano ad Arghillà, nella periferia nord di Reggio Calabria. Assieme a due bambini, adesso Maria dorme in macchina dopo che le è stato distrutto l’alloggio popolare che il Comune le aveva assegnato. “Hanno rubato gli infissi e mi hanno detto che venderanno la mia casa. – afferma la donna – Mi sono rivolto alle autorità competenti, ma non ho avuto nessuna risposta”. Arghillà è una zona che doveva essere residenziale ma che le scelte politiche sbagliate l’hanno trasformata in un ghetto dove delocalizzare la comunità rom di Reggio e dove occupare un alloggio già assegnato ad altri è all’ordine del giorno. Una terra di nessuno tra criminalità, prostituzione, furti, immondizia e spaccio di droga. “In questo quartiere per anni c’è stata una deportazione di persone con problematiche sociali. – aggiunge la scrittrice Katia Colica – È una realtà ai limiti”. E ai limiti vivono le famiglie rom, come quello di Massimo Bevilacqua, occupante abusivo di un alloggio popolare: “La casa era libera e sono entrato per bisogno”. Cinque figli e una moglie da mantenere, Massimo vive rivendendo il ferro vecchio che raccoglie per strada: “Non ho licenza e sono stato arrestato più volte per il mio lavoro. La politica ci ha abbondato. Si ricorda di noi solo per le elezioni quando viene ad Arghillà a comprare i voti a 50 euro”  di Lucio Musolino

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