“Sono omosessuale e con questa mia rivelazione vorrei promuovere una seria discussione sul tema tra gli atleti professionisti”. A parlare è Thomas Hitzlsperger, 31 anni, ex centrocampista della nazionale tedesca (52 presenze tra il 2004 e il 2010) cresciuto nelle giovanili del Bayern Monaco prima di una carriera che lo ha portato sia in Inghilterra (Aston Villa, West Ham, Chesterfield e Everton) che in Italia (alla Lazio i primi sei mesi del 2010) prima di ritirarsi lo scorso settembre a causa dell’ennesimo infortunio. L’intervista è stata rilasciata al settimanale Die Zeit e sta facendo il giro del mondo: mai prima d’ora un calciatore della nazionale tedesca aveva fatto coming out. “Accettarlo è stato un processo lungo e difficile prima di tutto per me stesso. Solo negli ultimi anni mi sono reso conto che avrei preferito vivere con un uomo piuttosto che con una donna. Non mi sono mai vergognato di come sono. Nel calcio l’omosessualità è completamente ignorata, sia che si parli del campionato tedesco, inglese o italiano. L’idea di una dura competitività tra gli atleti non si sposa con l’idea che qualcuno degli atleti possa essere gay”. La rivelazione di Thomas Hitzlsperger, seppur il frutto di una decisione spontanea da parte del calciatore, si inserisce all’interno di una serie di iniziative e sollecitazioni che da quattro anni caratterizzano il calcio tedesco.

Nel 2010 il manager di Michael Ballack affermò al Der Spiegel che nella nazionale c’era un gruppo di giocatori gay. Due anni dopo, ecco un’intervista di un giocatore tedesco che alla rivista Fluter confessava anonimamente la propria omosessualità: “Sono costretto a recitare giorno dopo giorno… E’ difficile convincere i tifosi che i gay sono normali, l’unica alternativa è vivere questa situazione in maniera privata e mentendo a me stesso”. Angela Merkel rispose assicurando che chiunque avesse voluto fare coming out “non avrebbe avuto nulla da temere, il calcio è il motore dell’integrazione”. Le sue parole non ebbero esito, almeno da un punto di vista istituzionale, fin quando lo scorso luglio la lega calcio tedesca ha sottoscritto un documento, la Fussball und Homosexualität per stimolare le 26mila società calcistiche registrate in Germania ad un approccio aperto e senza pregiudizi verso l’eventuale omosessualità dei loro atleti. Hitzlsperger precede pochi altri calciatori. Il primo fu l’inglese Justin Soni Fashanu, che dopo una travagliata carriera in patria, a suo dire condizionata negativamente anche dalle reazioni dei suoi compagni di squadra e allenatori davanti la sua presunta omosessualità, ebbe la forza di fare coming out nel 1990 poco prima di trasferirsi in Canada ai Toronto Blizzard. Davanti alla scoperta persino il fratello John ne prese le distanze e Fashanu entrò in depressione, fino ad arrivare al suicidio, avvenuto nel 1998 a seguito anche di una brutta storia di cronaca che lo vide protagonista. A lui seguirono, ma sempre una volta attaccati gli scarpini al chiodo, lo statunitense Robbier Rogers e il francese Olivier Rouyer.

Nel 2011 stato la volta del ventunenne giocatore svedese Anton Hysén, difensore dell ‘Utsiktens BK allenato da suo padre Glenn Hysén (ex difensore della Fiorentina di fine anni ‘80). In Scozia lo scorso settembre per sensibilizzare calciatori e tifosi sul tema dell’omofobia vari giocatori hanno indossato dei lacci color arcobaleno, mentre da inizio 2013 la lega inglese ha lanciato la campagna la campagna Football .V. Homophobie per togliere l’aurea da tabù all’omosessualità nel calcio. A sostenerla è sceso in campo anche l’ex tecnico dell’Inter e attuale ct della nazionale inglese Roy Hogson: “Non vorrei mai vedere qualcuno escluso dal praticare o guardare questo magnifico gioco solo perché ha paura di quel che potrebbero dirgli. Il calcio trascende ogni tipo di differenza”. E in Italia? Se negli anni passati Marcello Lippi (“Gay nel calcio? Mai visto uno”) e Antonio Cassano (“Gay in nazionale? Sono problemi loro. Ma spero di no”) negavano l’esistenza dell’omessualità nel calcio, in tutt’altra direzione si è mosso Cesare Prandelli che nella prefazione del libro Il campione innamorato – Giochi proibiti nello sport di Alessandro Cecchi Paone ha scritto: “ Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente sé stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’individuo in ogni manifestazione della sua verità e della sua libertà”. Per ora da parte della federazione italiana tutto tace e nessuna iniziativa è stata messa in atto. Le priorità sono altre.

Twitter: @daddioandrea

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