Il licenziamento via sms, nel giorno dopo l’alluvione che ha distrutto Olbia, ha lasciato di stucco l’Italia. Niente giusta causa, però. Perché Alessandra Dalu, 38 anni, per il noto costruttore della zona – secondo il suo racconto – lavorava da quasi tre anni, ma in nero. Ogni mattina da lunedì a venerdì puliva la casa, sabato gli uffici. Mezza giornata per 550 euro al mese in contanti, niente contributi, niente assicurazione, niente liquidazione. E nemmeno un briciolo di solidarietà, nelle stesse ore in cui si contavano vittime e dispersi ed era appena iniziata la corsa dei volontari.

I fatti. La donna, il 19 novembre scorso, non si è presentata al lavoro per soccorrere la sorella, la cui abitazione era stata sommersa dal fango. Aveva avvisato via sms, e sempre via messaggino le è arrivata la doccia fredda: “Non ho bisogno di te”. Da qui la rabbia e la stizza per l’ingiustizia subita e la testimonianza pubblica all’emittente regionale Cinque Stelle Sardegna. Per Alessandra Dalu sono stati anni e mesi di rinvii e promesse mancate di regolarizzazione, ora, dopo la perdita definitiva del lavoro a una settimana dall’alluvione ha vinto la paura. E presentato una denuncia alla Guardia di Finanza anche grazie al patrocinio gratuito offerto dal legale Andrea Viola (blogger di ilfattoquotidiano.it). Una decisione che in queste ore è diventata sofferta e senza via di ritorno.

Non potrebbe essere altrimenti: i titoli dei giornali e le interviste sul web non sono infatti piaciuti all’imprenditore e così sono arrivate minacce non proprio sottili di ritorsioni economiche. “In questo momento non ho nemmeno la forza di parlare – dice con voce rotta e quasi intimorita a ilfattoquotidiano.it – mi sento stretta in una morsa. E mi spiace anche che ci sia così tanta attenzione per la mia storia di fronte al dramma di chi ha perso tutto, proprio come mia sorella. Stanotte per esempio dovrebbe dormire per terra, ma la porterò qui a casa mia, non la posso lasciare lì”. Sulle reazioni da parte dell’imprenditore racconta che il marito, un muratore disoccupato, ha provato a contattare il suo datore di lavoro per tentare una riconciliazione, ma la conversazione si sarebbe chiusa con un’intimidazione chiara: “Non lavorerete più”. E poi il silenzio, nessuna comunicazione dai diretti interessati, ma tanta solidarietà.

“Di certo – continua la signora – non siamo una famiglia benestante. Abbiamo una bambina di 11 anni. Ho accettato di lavorare in nero perché quei soldi mi servivano, e mi servono ancora, eccome. Mi piacerebbe aiutare mia sorella, farò quel che potrò. Come fanno a Olbia e in tutta la Sardegna”. Alessandra Dalu riflette ancora sulla sua storia: “Non ho capito ancora il perché, le ragioni. Mi sembra tutto così assurdo. Di certo non mi aspettavo di restare a casa in questi giorni e per questi motivi. Ancora ora penso di riprendere. Ma non sarà così”.

Una storia di terribile ingiustizia smentita dalla controparte, la Bassu costruzioni. Via telefono dall’ufficio di Olbia centro con fermezza si afferma: “Non c’è nulla di vero. In queste ore stiamo predisponendo un comunicato stampa indirizzato alle redazioni locali e nazionali, con una nota dei nostri legali”. Via mail arriva la smentita ufficiale in cui si legge: “Salvatore Bassu e Rossella Tedde , rispettivamente titolare dell’impresa di costruzioni e la moglie, spiegano la loro versione – precisano che Alessandra Dalu non è mai stata dipendente della famiglia, non ha mai avuto un rapporto subordinato con la ditta Bassu né percepito una retribuzione fissa perché il lavoro di pulizia è consistita in prestazioni occasionali”. Sui fatti avvenuti il giorno dell’alluvione pare ci sarebbe stato un banale errore di interpretazione. Famiglia contro colf, dunque. E il caso ora andrà avanti a suon di carte bollate.

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