Balls of steel”, palle d’acciaio. Così, giura Letta, pensano di lui in Europa. Per sapere cosa pensino gli italiani ha commissionato invece una serie di sondaggi ad hoc, pagandoli con i fondi della Presidenza del Consiglio e cioé con soldi pubblici. La vicenda è andata così. Si parte il 27 settembre, una data non casuale. E’ il day after del governo, con il Pdl (ministri compresi) che annuncia le dimissioni di massa in caso di decadenza del caro leader. Letta è all’Onu, si dice umiliato e pronto a salire le scale del Quirinale per valutare con Napolitano l’exit strategy dalla crisi che si annuncia a 6mila chilometri di distanza. E’ però ottimista, certo che riuscirà a convincere Berlusconi a tornare sui suoi passi. La lampadina deve essersi accesa pochi giorni prima della prova di forza, quando la bufera già spazzava l’ottimismo dei governisti e il pavimento di Palazzo Chigi scricchiolava più che mai. E’ allora che dalla Presidenza arriva l’input a commissionare il primo sondaggio su se stessa e sul governo. Tutta roba da portare in dote a Silvio, grande amante dei sondaggi, per indurlo a non a staccare la spina, come effettivamente succederà una settimana dopo, con il voto al Senato del 2 ottobre.

Il 27 settembre il Dipartimento per l’informazione e l’editoria affida a Ipsos di Nando Pagnoncelli un sondaggio per “monitorare l’opinione pubblica su tematiche che riguardano la Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Governo (…) i mutamenti delle opinioni e degli orientamenti dei cittadini in relazione ai provvedimenti e ai progetti del governo”. Ipsos lavora da una vita con i piani alti dei palazzi governativi. In virtù di questo l’affidamento è diretto, niente gara. Il contratto prevede un monitoraggio dal 28 settembre al 13 dicembre. Si baserà sul “sentiment” di 50 persone scelte dalla società di consulenza che dovranno discutere online sugli argomenti sopra indicati più quelli che, di volta in volta, la Presidenza riterrà di sottoporre a verifica.

Quanto ci costa ricucire le larghe intese con la colla del consenso? Sul sito della Dcpm è indicato un importo di tutto rispetto: 247mila euro più Iva. Un appartamento per l’ego di Letta? Un po’ troppo per quattro report in croce, anche perché di sondaggi simili Ipsos e gli altri istituti ne scodellano in continuo a beneficio di giornali e tv, senza costi aggiuntivi per la collettività. E infatti non è così. Esaminando il contratto il prezzo effettivo sarà “solo” 47mila euro (più Iva). Un “refuso” che il contribuente accoglierà con sollievo. E tuttavia si dovrà mettere l’animo in pace perché pur avendo pagato il sondaggio non potrà mai sapere cosa dice e neppure se i suoi soldi sono stati ben spesi: l’art. 2 del contratto prevede espressamente che i risultati delle rilevazioni siano di “esclusiva proprietà del committente e non potranno in alcun modo essere diffusi all’esterno”.

Non contento, Letta decide di sondare un altro sondaggista. E si rivolge all’altra metà del cielo nel mercato di chi misura opinioni. Così scatta una seconda commessa, stavolta con l’Istituto Pieopoli che a decorrere dal 1 ottobre e fino al 31 dicembre dovrà fare lo stesso lavoro di Ipsos ma con metodo Cati, cioè interviste telefoniche a campione su 2mila italiani. Anche stavolta la gara non c’è. Di più, la Presidenza esonera Piepoli dal versare la cauzione prevista per legge “in considerazione della notoria solidità dell’Istituto Piepoli”. In cambio, Piepoli concede l’abbuono dell’1% sul corrispettivo. Fatto sta che dal fondo (e dalle nostre tasche) partono altri 23.359 euroCosì, a conti fatti, il prezzo della stabilità finisce per costare, per ora, 73mila euro in tre mesi. Del resto lo chiedono gli italiani. Che pagano, senza saperlo, per farlo sapere a Berlusconi. 

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