Si è insediato questa settimana il nuovo direttore generale della cooperazione italiana alla Farnesina: Giampaolo Cantini, ex console italiano a Gerusalemme, persona di cui tutti parlano benissimo ed a cui ovviamente vanno i più sentiti auguri di buon lavoro. Prende il posto di Elisabetta Belloni, che per 4 anni e mezzo ha tenuto le redini della cooperazione in un periodo alquanto tempestoso, caratterizzato dalle scelte di politica estera quantomeno ondivaghe dell’ultimo governo Berlusconi che, ovviamente, hanno avuto un effetto a cascata anche sulle scelte delle politiche italiane di cooperazione allo sviluppo.

Il Dg Belloni non è mai stato troppo amato dal variegato mondo della cooperazione. Accusata di essere una donna dura, poco disponibile al compromesso ed al negoziato, non adeguatamente sensibile alle tematiche dello sviluppo. Più volte ha avuto scontri, anche roventi, con le rappresentanze del mondo della cooperazione. Insomma, credo che in molti operatori non lasci un buon ricordo.

Io, invece, la vorrei ringraziare. Perché ha svolto il proprio ruolo senza fare sconti a nessuno, evitando di bazzicare troppo nei circoli tradizionali in cui si decidono le politiche e che sovente si sono trasformati in incubatori di relazioni lobbystiche poco virtuose. Ha messo in sicurezza i finanziamenti per la cooperazione anche per il 2013, che certo sono decisamente inferiori rispetto al passato ed alle nostre aspettative, ma comunque garantiscono un portafoglio di base che permette di continuare, anche se a ritmo ridotto, il nostro lavoro. E non è poco, vista la situazione della finanza pubblica ed i tagli che stanno massacrando il welfare nelle sue variegate componenti.

Ha inoltre portato a termine la revisione delle procedure di presentazione ed approvazione dei progetti per le Ong, passando finalmente ad una modalità pubblica e trasparente con un bando annuale cui potranno partecipare tutti gli attori, senza scorciatoie e vie preferenziali cui troppi erano abituati. Ora alcuni di noi si stracciano le vesti e paventano possibili effetti disastrosi di questa decisione, ma ricordiamoci che da anni abbiamo chiesto noi, prima che lo facesse la Corte dei Conti, un sistema maggiormente tracciabile e che garantisse trasparenza ed accountability, sul modello della Commissione Europea ed i grandi donors istituzionali.

Insomma, abbiamo avuto una professionista seria e competente, e pazienza se la carezza al bimbo africano non rientrasse tra le sue skills principali. A mio parere, a un civil servant si chiede di produrre risultati tangibili, indipendentemente da sensibilità ed inclinazioni che sono ovviamente un fatto personale. Vale per lei lo stesso discorso che vale per il Ministro Terzi: pur non avendoci mai dato l’impressione di stravedere per il nostro settore, ci ha trattato come un alleato affidabile e di valore e sempre con profondo rispetto, senza eccessive manifestazioni pubbliche di appoggio ma con un rigore professionale che, personalmente, mi mancherà molto. E che si è visto nei risultati.

Certo, per la nostra cultura ci troviamo più a nostro agio con un Ministro come Riccardi, più vicino alle nostre posizioni e con un background che ci accomuna. Ma, facendo un bilancio serio ed obiettivo di questo anno di governo Monti, penso che, se usciamo quasi indenni da un’annata così complicata, lo si deve al 100% al Ministero degli Esteri ed ai suoi (molti) eccellenti funzionari, mentre negli annali della gestione Riccardi resterà solo la kermesse del Forum della Cooperazione dell’ottobre scorso che – e mi spiace in questo caso essere stato buon profeta – alla fine si è dimostrata principalmente una vetrina di lancio politico per il Ministro stesso, come confermato dagli avvenimenti successivi.

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