Marcia su Roma novant’anni dopo: in 1000 invadono Predappio (video e foto)
Celebrato il gesto compiuto dal Duce e dai fascisti nel 1922. Affluenza record nel piccolo paese romagnolo con tanto di famiglie con bambini. E tra chi fugge "tradito" dal partito di Berlusconi, c'è chi andrà a votare anche per Grillo e Ferrero: "Basta Pdl, meglio l'antipolitica"
L’antipolitica tiene viva la Fiamma, tanto che quest’anno, per il novantesimo anniversario della Marcia su Roma, Predappio è stata invasa da una marea nera neofascista. Sono arrivati oltre mille da tutta Italia, molti di più degli anni passati, nel paese che diede i natali a Benito Mussolini. Quando nella scalinata all’ingresso del cimitero un signore grida i soliti slogan triti e ritriti A noi, Vincere e vinceremo, l’ultimo dei tre colpisce per l’attualità: A casa i disonesti. E via i cori da stadio: Duce! Duce! Duce!
Percorrendo la lunga sfilata diretta al mausoleo del dittatore i commenti di questi nostalgici smontano, rottamano pezzo per pezzo la politica di oggi. A partire dal Pdl: “Ero nel Msi, poi in Alleanza nazionale e alla fine sono entrato perfino in quel carrozzone che è il Popolo della libertà. È la volta buona che voto Forza Nuova”, racconta un militare di carriera di Viterbo. Duemila euro al mese e due bambine da mantenere, la politica lo ha deluso. Allora tanto vale tornare duri e puri. “Oggi con questa crisi come le sfamo le mie figlie? Guarda, il fascismo ne ha fatti di danni, ma le scuole, gli acquedotti sono ancora quelli costruiti da loro”.
Dentro il calderone, per la maggioranza dei convenuti alla Marcia su Predappio, ci finisce inevitabilmente la vicenda della Regione Lazio: “Franco Fiorito era uno che viene dal Movimento sociale italiano”, racconta Emanuele di Frosinone. “Lo scandalo di un ente guidato da Renata Polverini ci ha fatto male al cuore”.
Ci sono anche i paradossi ideologici in questa eterogenea folla giunta a Predappio, numerosissima nonostante la “tassa di soggiorno” inserita dal sindaco Pd la scorsa settimana. Per esempio il paradosso di chi alle prossime elezioni voterà Beppe Grillo: “Qualche volta ho votato Berlusconi”, racconta Costantino, un autotrasportatore molisano, camicia nera in raso e fez sul capo. Per lui il blogger genovese è il meno peggio in questa politica corrotta: “O ci raddrizza o ci manda definitivamente nel baratro“. Per la maggioranza però Grillo è solo spettacolo: “Quella non è politica, è cinema”.
Qualcun altro si spinge anche oltre: “Paradossalmente mi piace Paolo Ferrero di Rifondazione comunista”, ci dice Mirco, vent’anni e una tessera con la Destradi Francesco Storace.
Si delinea una speciale classifica dei politici meno amati: in cima c’è Gianfranco Fini, considerato un traditore del suo mentore Giorgio Almirante. Segue il governo di Mario Monti: “Sono dei golpisti, ci hanno rubatola sovranità economica, militare e politica”, racconta un ragazzo giunto con un gruppo da Milano.
Lungo la sfiata che porta al mausoleo del Duce un signore cammina con sua figlia piccola per mano. Gli chiediamo se alla bimba racconta delle migliaia di italiani imprigionati o morti a causa della dittatura fascista. “Questa è la storia che insegnano nella scuola italiana, ma è sicuro che sia davvero successo?”, risponde il papà, mentre la ragazzina lo guarda ammirato. E le leggi razziali come si concilierebbero con i compagnetti di classe stranieri della piccola? “E’ un problema degli stranieri”, risponde tranquillo il papà neofascista.
Perché qui il tema stranieri è molto sentito. Per un signore vestito come una SS, che al posto della cadenza teutonica ha quella veneta, l’Italia deve tornare agli italiani. O ai padani? “Non andrò a votare”, racconta Paola, una signora giunta con un pullman dall’Alto canavese, Piemonte. “Certo, una volta c’era la Lega Nord”. Una volta, poi gli scandali sono arrivati pure lì.
In questo paese dove ogni angolo parla del Ventennio, il resto è folklore condito in varie salse. C’è il signore in perfetta tenuta da federale, ci sono i naziskin pronti ad andare allo stadio e ci sono le signore vestite come donna Rachele (o Claretta Petacci, dipende dai gusti) con tanto di velo del lutto sul volto. L’unico dato certo è che non hanno più alcun timore a sfilare. “Vent’anni fa”, racconta un’abitante “erano quattro gatti. Guarda oggi”. In effetti tra le braccia tese dei curiosi per scattare la foto col telefonino e quelle per il saluto romano, sono decisamente in maggioranza le seconde.
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