Continuità con la logica della prudenza fiscale “che va di pari passo con la necessità di imprimere nuovo slancio alla crescita economica, migliorare la competitività e garantire maggiore equità”, con  i tagli all’Irpef che produrranno effetti positivi per il 99% dei contribuenti. Il ministro del Tesoro difende a spada tratta la legge di Stabilità, ma qualcosa non quadra tra i suoi conteggi, quelli dell’Istat e della Corte dei Conti e di Bankitalia.

Secondo quanto dichiarato da Vittorio Grilli nel corso di un’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’intervento di riduzione delle aliquote Irpef interessa 30,3 milioni di contribuenti, con un beneficio medio pro capite di 160 euro. Gli effetti negativi, sempre secondo il ministro, saranno “solo” per 490.000 soggetti, su un totale di oltre 40 milioni di persone. E, ha minimizzato, l’aumento delle aliquote Iva “riguarda il 50% dei consumi” e colpisce i “consumi meno rilevanti per fasce di reddito più basse”, mentre gli interventi Irpef avranno effetti positivi per il 54% dei dipendenti e per il 34% dei pensionati.

LA CORTE DEI CONTI. La politica di bilancio, con la legge di stabilità, “appare nuovamente orientata, dopo anni, verso l‘alleggerimento del carico fiscale. Lo sgravio è concentrato sulle famiglie” che negli ultimi 5 anni “hanno visto il proprio potere d’acquisto ridursi di oltre il 5%”, ha detto il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, secondo il quale alcune trasformazioni proposte “avrebbero trovato lo strumento attuativo più appropriato nella delega fiscale”.

“Al di là dei suoi potenziali effetti sulla domanda di consumo, la riduzione delle aliquote Irpef può aprire spazi per un recupero della competitività”, ha aggiunto, spiegando però che la decisione di intervenire sull’Irpef e sull’Iva, secondo la magistratura contabile, “produce effetti diretti meno espansivi sul reddito disponibile delle famiglie, ma va apprezzata perché muove in direzione di una struttura impositiva caratterizzata da un minor peso della tassazione sui redditi rispetto a quella sugli scambi”.

Quanto ai conti in tasca alla manovra, tra provvedimenti di sgravio fiscale e interventi di inasprimento di imposte e tasse, le entrate movimentate “si commisurano, complessivamente, a oltre 15 miliardi nel 2013, mentre superano i 40 miliardi nel triennio”. Secondo Giampaolino la manovra, dal lato delle entrate, dovrebbe produrre uno sgravio netto “commisurato a poco più di 2,3 miliardi nel 2013 e a oltre 3,7 miliardi nel triennio 2013-2015”.

Per i magistrati contabili, poi, la manovra fiscale interessa, prevalentemente, le famiglie, sulle quali nel 2013 si concentra il 100 per cento degli sgravi e il 57 per cento degli inasprimenti impositivi. Attenzione, però, la legge di Stabilità potrebbe generare dell’emersione di ulteriori aumenti impositivi, come l’Imu e le tariffe, che “le amministrazioni locali potrebbero deliberare per compensare gli ulteriori tagli di spesa o i nuovi aggravi derivanti dal disegno di legge”.

Gli interventi Irpef, poi, ha confermato Giampaolino, sono “sfavorevoli per i contribuenti collocati nelle più basse classi di reddito complessivo: 20 milioni di soggetti, fino a 15mila euro”. Secondo la magistratura contabile il taglio delle aliquote Irpef, che non tocca i 10 milioni di incapienti, avrebbe “risultati limitati” anche per i restanti 10 milioni, mentre l’aumento delle aliquote Iva inciderebbe “in misura significativa”.

BANKITALIA. In linea con i magistrati contabili, anche via Nazionale evidenzia un rischio, dalla manovra, di inasprimento del fisco locale.  Con l’introduzione della legge di Stabilità “vi è il rischio che molti enti decentrati, per compensare gli effetti sulla quantità e qualità dei servizi forniti, inaspriscano l’imposizione fiscale locale”, ha infatti detto vicedirettore centrale della Banca d’Italia Salvatore Rossi, secondo il quale  per rilanciare la crescita economica è necessario “ridurre simultaneamente la spesa pubblica improduttiva e la pressione fiscale”. 

”L’evidenza finora disponibile con riferimento alle aliquote dell’Imu deliberate dai Comuni – sottolinea Rossi – suffraga la rilevanza del rischio” che nel prossimo futuro aumentino le tasse locali. “In prospettiva sarebbe opportuno completare il processo di decentramento dotando gli enti di una sufficiente autonomia impositiva, a fronte però di entrate trasferite dal centro che siano circoscritte a finalità perequative e siano definite ex ante. La maggiore autonomia si dovrebbe accompagnare con adeguate forme di responsabilizzazione e di trasparenza”, ha proposto. 

Quanto all’Iva, “l’evasione resta molto ampia: aumentare il peso di questa imposta sul totale delle entrate tributarie richiede un rafforzamento dell’azione di contrasto all’evasione”, mentre le agevolazioni fiscali andrebbero riconsiderate una ad una domandandosi “se siano ancora utili”. Secondo Bankitalia “un regime di tassazione con aliquote più basse e agevolazioni meno numerose e più semplici riduce le distorsioni, accresce la trasparenza, stimola lo sviluppo economico”.

LA VERSIONE DELL’ISTAT. Pollice verso, specialmente sul fronte Iva, dal presidente dell’Istat,  Enrico Giovannini, secondo il quale l’aumento dell’imposta “interesserà prezzi di beni e servizi relativi a quasi l’80% della spesa per consumi” e, tra i soggetti interessati, “le famiglie con figli, in particolare se minori, risultano avere benefici inferiori rispetto alla media del quintile di appartenenza. Il risultato – ha spiegato Giovannini – dipende dal più alto rapporto fra il numero di persone che generano spese deducibili e detraibili e il numero di percettori che caratterizza queste famiglie. Le modifiche dell’Irpef penalizzano i primi e attribuiscono vantaggi solo ai secondi, attraverso la riduzione delle aliquote”.

”Nell’ipotesi di un completo e immediato trasferimento sui prezzi al consumo dell’aumento delle aliquote Iva previsto nel disegno di legge, l’impatto teorico sui singoli prezzi dei prodotti – ha precisato Giovannini – sarebbe pari allo 0,83% per i beni e servizi ad Iva ordinaria e dello 0,91% per quelli su cui grava l’aliquota del 10 per cento. I primi pesano per il 51% circa sul paniere dei prezzi al consumo, mentre i secondi pesano per circa il 29%”.

Complessivamente, quindi, secondo i conteggi dell’Istat la manovra interesserà prezzi di beni e servizi relativi a quasi l’80% della spesa per consumi. Più in dettaglio, il previsto incremento riguarda per intero le divisioni di spesa delle Bevande alcoliche e tabacchi e dell’Abbigliamento e calzature, mentre ha un’incidenza superiore al 95% per quanto riguarda i Trasporti, le Comunicazioni e i Servizi ricettivi e di ristorazione”.

Giovannini ha rilevato anche che “lo svantaggio relativo delle famiglie con figli risulta più evidente se questi sono di minore età, o comunque ancora impegnati negli studi o non economicamente autosufficienti, poiché si lega al fatto che la cura dei figli riduce le probabilità di occupazione delle madri (e, per quelle occupate, costituisce un ostacolo al conseguimento di maggiori guadagni)”. 

Per il presidente dell’Istituto di statistica, la riduzione d’imposta media per famiglia, inclusiva di quella relativa alle addizionali regionali e comunali, “è pari a circa 240 euro”.  Le misure inoltre comportano un beneficio medio di 340 euro l’anno per il 77,7% delle famiglie e un aggravio di circa 290 euro per il 7,4%, mentre per il rimanente 14,9% delle famiglie l’effetto sarà sostanzialmente nullo”. 

ZERO SACRIFICI. Eppure secondo Grilli “oggi abbiamo una legge che per la prima volta in 18 mesi è neutrale. Per la prima volta in diversi anni la legge è a saldo zero, non chiediamo al Paese ulteriori sacrifici nel suo complesso”.

 

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