Sono passati più di quattro anni dallo scoppio dell’attuale crisi finanziario-economica e molto ancora si discute sulle sue cause. Una cosa però è certa: la responsabilità maggiore va attribuita alle banche e quindi ai banchieri che, pur di potersi assegnare bonus e stipendi sempre più alti, non hanno esitato a minare la stabilità dell’intero sistema finanziario, a rovinare famiglie e imprese e a violare le leggi. Ad oggi un’uscita dalla crisi appare ancora molto lontana, soprattutto perché i comportamenti delle banche non sono affatto cambiati.

Anzi, i banchieri, dopo aver visto che gli stati e le banche centrali sono prontamente corsi in loro soccorso senza pretendere alcuna contropartita, hanno ripreso indisturbati la loro azione distruttiva per la ricchezza degli altri, ma molto redditizia per la propria. In questi anni gli istituti di credito sono finiti sotto indagine per reati odiosi come l’evasione fiscale (Unicredit e tutte le principali banche italiane) e la manipolazione dei tassi di interesse sui mutui (Barclays e tutte le principali banche inglesi). Esse hanno inoltre aiutato narcotrafficcanti e terroristi a riciclare denaro sporco (Jp Morgan e diverse grandi banche americane).

Alcuni di questi reati risalgono a prima dello scoppio della crisi, ma in molti istituti gli amministratori sono sempre gli stessi (Jamie Dimon di Jp Morgan in testa). Pochi hanno lasciato in seguito agli scandali (Bob Diamond di Barclays), alcuni hanno prontamente trovato un nuovo prestigioso incarico (Alessandro Profumo passato a Mps da Unicredit dopo averla quasi fatta fallire) e qualcuno è addirittura passato a incarichi di maggiore responsabilità (Corrado Passera di Intesa-Sanpaolo diventato ministro dello Sviluppo economico). L’ultimo scandalo in ordine temporale è stato quello che ha investito le principali banche americane, fra cui Jp Morgan e Bank of America (la stessa accusata da Parmalat ai tempi del commissario Enrico Bondi di aver aiutato la famiglia Tanzi a depredare l’azienda di Collecchio), che secondo l’autorità giudiziaria statunitense avrebbero ignorato l’obbligo di controllare il flusso di transazioni in contante, consentendo così a narcotrafficanti e terroristi di ‘pulire’ i loro capitali.

JpMorgan, inoltre, è nel mirino delle autorità federali perché accusata di aver trasferito denaro in Paesi colpiti dalle sanzioni statunitensi come Cuba e Iran. “Queste questioni sono rimaste in sospeso durante la crisi finanziaria, ma ora le autorità possono tornare a occuparsi del riciclaggio di denaro e di altri problemi” ha detto Alma Angotti, direttrice di Navigant, una società che offre consulenza alle banche sulle leggi anti-riciclaggio. Finora, gli investigatori si erano concentrati soprattutto sulle transazioni operate da banche europee, accusate di aver fatto affari con Stati colpiti dalle sanzioni statunitensi. Ad agosto, la britannica Standard Chartered, accusata di transazioni per conto dell’Iran, ha accettato di pagare 340 milioni di dollari di multa alle autorità bancarie di New York.

Uno scandalo di dimensioni ancora maggiori è stato quello che ha riguardato la manipolazione del Libor, l’equivalente dell’Euribor sulla piazza finanziaria londinese. Prestiti auto, prestiti agli studenti, tassi delle carte di credito e mutui a tasso variabile vengono tutti calcolati in base al Libor, per un valore di circa 10 miliardi di dollari, senza contare i 350mila miliardi di dollari di derivati. Ebbene il Libor viene calcolato dalla banche stesse, a cui non sembrava vero di poter guadagnare miliardi di dollari in più alzando (frazionalmente e artificiosamente) il tasso di interesse. Nello scandalo non sono coinvolte solo le banche inglesi ma tutte le principali: Barclays, Royal Bank of Scotland, Deutsche Bank, JpMorgan Chase, Citigroup, Ubs, Credit Suisse, Bank of Tokyo-Mitsubishi Ufj, Hsbc, Mizuho Financial, Rabobank, Société Générale e Sumitomo Mitsui.

Nello scandalo Libor non sono coinvolte banche italiane, visto che non contribuiscono a fissare il Libor, ma le cose potrebbero cambiare quando la Commissione Antitrust europea concluderà l’indagine che sta conducendo sull’Euribor. E in tal caso potrebbero risultare coinvolte Intesa SanPaolo, Unicredit, Montepaschi e Ubi Banca. Su una possibile manipolazione dell’Euribor sta indagando anche la Procura di Trani, la stessa che ha condotto un’indagine su S&P, Moody’s e Fitch con l’accusa di manipolazione del mercato tramite la divulgazione di report sulla solvibilità dello stato italiano. Gli istituti italiani si sono comunque distinti in un’altra tipologia di truffa, nota fra gli addetti ai lavori come lo schema Brontos, un sofisticato sistema per evadere le tasse. Le banche, che per mettere a punto lo schema si erano avvalse della consulenza legale dello studio Vitali Romagnoli Piccardi (quello fondato da Giulio Tremonti che allora era ministro del Tesoro), hanno sanato le pendenze civili con delle transazioni: Bpm ha pagato all’Agenzia delle Entrate 200 milioni, Banco Popolare 210 milioni, Credem 54 milioni, Unicredit 191 milioni, Mps 260 milioni, Intesa Sanpaolo (allora diretta da Passera) 270 milioni.

Sul fronte penale, invece, il tribunale di Milano ha rinviato a giudizio Alessandro Profumo e altri 16 dipendenti di Unicredit, a cui si vanno ad aggiungere 3 dipendenti di Barclays che era la sponda estera dell’operazione. Se riciclaggio di denaro sporco, manipolazione del Libor e evasione fiscale con lo schema Brontos sono reati di sistema, dove cioè ha preso parte l’intero sistema bancario di una nazione, ne esistono altri che sono iniziative di singole banche o singoli banchieri. Fra questi rientra sicuramente lo scandalo che ha portato all’arresto di Massimo Ponzellini con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e alla corruzione privata. Secondo gli inquirenti l’ex presidente della Banca Popolare di Milano avrebbe concesso finanziamenti a società attive nel gioco d’azzardo e legate alla criminalità organizzata in cambio di un ritorno personale. Nell’inchiesta è finito anche Marco Milanese, braccio destro di Giulio Tremonti ed ex sottosegretario, a dimostrazione del fatto che la pericolosità delle banche è favorita dalla connivenza della politica.

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