La Cina continuerà ad acquistare titoli di debito delle nazioni europee. Lo ha assicurato oggi il premier Wen Jiabao a margine dell’incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel volata in Cina, ricordavano ieri i giornali, anche allo scopo di promuovere le obbligazioni italiane e spagnole tuttora al centro delle preoccupazioni dell’eurozona. Decisive, a quanto pare, le rassicurazioni fornite dalla stessa Merkel al capo del governo di Pechino che, riferisce l’agenzia Xinhua, si è dichiarato maggiormente fiducioso sull’evoluzione degli eventi. E oggi sono arrivate anche le precisazioni del governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan: la Cina, ha spiegato, avrebbe voluto proseguire negli acquisti dei bond europei già lo scorso mese di febbraio ma il piano era stato bloccato per le perplessità espresse dalle stesse autorità cinesi sui ai rischi dell’investimento.

Negli anni passati la Cina aveva già operato importanti investimenti nel debito europeo raggiungendo un’esposizione che, lo scorso autunno, era stata quantificata in circa 800 miliardi di euro, una cifra simile a quella investita nel debito statunitense (circa 1000 miliardi di dollari). L’esposizione maggiore riguarda da sempre le obbligazioni ad elevato rating (Francia, Germania e Olanda soprattutto) ma gli acquisti hanno interessato anche le emissioni di Italia (sempre in autunno si parlava di 76 miliardi), Spagna, Grecia e Portogallo. Proprio la progressiva svalutazione dei titoli delle periferie (gli acquisti risalgono al 2007 quando gli spread erano ancora trascurabili) avrebbe fornito parecchie preoccupazioni a Pechino enfatizzandone, in qualche modo, quella cautela piuttosto accentuata che dura ancora oggi. Lou Jiwei, numero uno del fondo sovrano cinese, sconta ancora il peso delle perdite patite sugli investimenti condotti negli Usa prima del terremoto Lehman Brothers, un’esperienza che gli ha attirato in patria più di una critica.

Proprio Jiwei, rivelarono lo scorso anno fonti governative al Financial Times, sarebbe stato protagonista nel settembre 2011 di un incontro a Roma con l’allora ministro delle finanze Giulio Tremonti e alcuni rappresentanti della Cassa Depositi e Prestiti. All’epoca si discusse di possibili nuovi acquisti del debito italiano da parte di Pechino ma l’operazione non andò mai in porto. I cinesi, dal canto loro, provarono a sondare il terreno per un altro genere di investimento puntando soprattutto agli asset industriali (ovvero Eni ed Enel) nel pieno rispetto della linea tracciata dalla loro banca centrale, particolarmente allergica all’ipotesi di sobbarcarsi qualsiasi rischio di volatilità dei mercati (“Ve lo immaginate cosa sarebbe accaduto se i nostri 3.200 miliardi di dollari di riserve estere fossero stati controllati da George Soros?” chiese provocatoriamente lo scorso anno Li Daokui, membro del comitato per le politiche monetarie della banca centrale agitando lo spettro del celebre speculatore Usa in occasione del World Economic Forum di Dalian).

In attesa di ulteriori buone notizie dal fronte cinese, l’Italia fa oggi i conti con la stretta attualità. In giornata, il Tesoro ha collocato quasi 7,3 miliardi di bond a media e lunga scadenza con buoni risultati complessivi. Nel dettaglio, il mercato ha assorbito 4 miliardi di euro di titoli a dieci anni sui quali l’Italia accorderà un rendimento del 5,82% contro il 5,96 dell’asta precedente. 2,5 miliardi il valore complessivo del collocamento dei titoli quinquennali con una domanda in crescita (bid-to-cover a 1,424 contro il precedente 1,29) e un rendimento in netta discesa al 4,73% (contro il 5,29 del mese di luglio). Di fatto, i costi di indebitamento dell’Italia confermano il trend ribassista con cali più accentuati, guardando alle aste di questa settimana, sui titoli a breve scadenza. In sostanza il mercato sta premiando soprattutto i bond a breve termine (quelli che la Bce potrebbe acquistare per primi se il piano Draghi ottenesse il via libera) ma gli effetti sono comunque positivi anche per i decennali.

 

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