Approvazione tra le polemiche. La riforma del Lavoro da oggi è diventata legge, eppure l’attenzione dei media e del mondo politico è stata calamitata da un’uscita ‘a vuoto’ del ministro che l’ha elaborata. “Stiamo cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l’atteggiamento delle persone. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici” ha detto Elsa Fornero al Wall Street Journal (“Work isn’t a right; it has to be earned, including through sacrifice”), scatenando una bufera di reazioni che hanno monopolizzato le ore antecedenti alla votazione alla Camera. Le dichiarazioni della Fornero, inoltre, hanno quasi rischiato di mettere in secondo piano l’atteggiamento del Pdl, mai così sfilacciato al momento di esprimere il parere del partito. Come già accaduto per la legge anticorruzione, i berlusconiani hanno votato in ordine sparso: 87 deputati su 209 hanno fatto mancare il loro sostegno al governo. Contro il provvedimento hanno votato 7 esponenti, 34 si sono astenuti e 46 sono stati gli assenti (di cui 11 in missione). Tra gli altri, hanno votato contro Guido Crosetto e Renato Brunetta. Astenuti il relatore del ddl, Giuliano Cazzola, e l’ex ministro Antonio Martino. Assente, fra gli altri, Silvio Berlusconi.

La gaffe di Elsa Fornero
La dichiarazione del ministro del Lavoro al Wall Street Journal ha provocato tutta una serie di reazioni politiche incendiarie, tanto che la titolare del Welfare poco dopo è stata costretta a correggere il tiro: “Il diritto al lavoro non può essere messo in discussione perché è riconosciuto dalla Costituzione” ha detto (Ecco la trascrizione dell’intervista in inglese). La precisazione, tuttavia, non ha avuto i crismi dell’ufficialità. Fonti del dicastero, del resto, ha precisato che nell’intervista la Fornero ha fatto riferimento “alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”. Insomma: il diritto è del lavoro, non del posto di lavoro. Ma non è bastato per placare la reazione dei partiti, in particolare quelli di opposizione. Antonio Di Pietro ha parlato di ‘asineria’, la Lega si è chiesta se il ministro abbia giurato su Topolino, il segretario di Rifondazione Ferrero ha definito aberranti le parole del titolare del Welfare.

Le reazioni dei partiti
“A quanto pare – ha ironizzato Antonio Di Pietro sul suo blog – la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’articolo 1 della Costituzione. Cara professoressa, questa è un’asineria bella e buona”. “La nostra Costituzione – ha continuato il leader dell’Italia dei Valori – dice l’esatto contrario. Secondo la Carta, infatti, il lavoro è un diritto, così come lo è l’essere messi in grado di condurre una vita dignitosa in cambio del lavoro prestato. Questo governo, invece, continua a comportarsi come se l’articolo 1 della nostra Costituzione dicesse che l’Italia, anziché ‘una Repubblica democratica, fondata sul lavoro’, sia ‘una Repubblica oligarchica, fondata sulle banche e sulle caste’. Prima di capovolgere così il principio fondamentale della Repubblica, non sarebbe opportuno che i professori Monti e Fornero consultassero gli italiani per capire se sono d’accordo?”. L’Italia dei Valori ha inoltre lanciato un referendum abrogativo della riforma del lavoro: “A ottobre ci rivolgeremo ai cittadini con apposito referendum per vedere se avete ragione voi, la vostra anomala maggioranza, o noi e i lavoratori”.

All’arrembaggio anche la Lega con il senatore Gianvittore Vaccari: “Il lavoro è un diritto. Il ministro Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino? Napolitano richiami al suo dovere il ministro del Lavoro” ha aggiunto il senatore, ricordando, oltre all’articolo 1, anche l’articolo 4 della Carta: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Probabilmente, ha concluso Vaccari, “la Fornero ha dimestichezza con troppi testi ma con pochi luoghi di lavoro”.

Le parole della Fornero sono “aberranti” secondo il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, che ha rincarato la dose: “La riforma che il governo sta blindando in queste ore con la fiducia alla Camera è un provvedimento pessimo, altro che buono: via libera ai licenziamenti con la demolizione dell’articolo 18 e precarietà per tutti”. E annuncia un referendum per ristabilire la vecchia forma dell’articolo 18. 

Riforma approvata, Pdl in ordine sparso
Tra le nubi della tempesta sulla gaffe della Fornero, la Camera ha approvato la riforma del mercato del lavoro. Proprio la parte che prevede il “nuovo” articolo 18 è stata approvato con i voti di fiducia di ieri. In vista del voto definitivo, la Fornero si è recata a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio Mario Monti. L’approvazione è avvenuta di corsa proprio per richiesta esplicita del presidente del Consiglio che vuole presentarsi al tavolo del Consiglio dell’Unione Europea di domani presentando quelli che ha definito i “progressi dell’Italia”, tra i quali appunto la riforma del lavoro.

“E’ una buona riforma”
Il provvedimento è ‘uscito’ quindi da Montecitorio senza alcuna modifica rispetto alla versione approvata dal Senato. “Continuo a considerare questa riforma una buona riforma” ha spiegato la Fornero oggi. Ma ha ribadito che “il governo è disposto a fare cambiamenti”. I partiti, che hanno concesso la delega all’esecutivo non senza malumori, si aspettano ora che sulla questione degli esodati, sugli ammortizzatori e sulla flessibilità in entrata, l’esecutivo intervenga “al più presto”.

Contestazioni e proteste
Contestazioni in piazza in occasione degli stati generali del Sociale, dov’è intervenuta la stessa Fornero: un gruppo di manifestanti ha lanciato pile elettriche, zucchine e uova contro gli agenti della Guardia di Finanza. Qui il ministro ha ripetuto che la riforma va fatta partire perché ha novità importanti per i giovani. Proteste sono proseguite anche fuori da Montecitorio durante il voto. Negativa la reazione dei sindacati, con la Cgil che ha organizzato a piazza Montecitorio un ‘grande presidio’ contro un provvedimento che giudica “dannoso”. Raffaele Bonanni della Cisl, invece, non ha risposto “a quello che si era detto dall’inizio, e cioè che da queste norme ci sarebbero stati più posti di lavoro”. Anzi,  ha aggiunto, “meno si tocca il testo e meglio è, perché lo si vuole toccare solo per peggiorarlo”. La Fornero, però, ha rispedito le accuse al mittente: “Il governo ha avuto un dialogo di circa tre mesi con le parti sociali per arrivare a un documento condiviso, da tutte le parti sociali tranne la Cgil” è la risposta del ministro del Lavoro.

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