Un programma formidabile: calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e… rutto libero! Questa la predisposizione d’animo con cui quasi quarant’anni fa il ragioniere Ugo Fantozzi si preparava alla visione di Inghilterra-Italia. Perché la partita tra le due nazionali, dai “leoni di Highbury” del 1934, al gol di Capello per lo storico 0-1 a Wembley nel 1973, fino alla finale per il terzo posto dei Mondiali di Italia ’90, ha sempre rappresentato qualcosa di epico: la sfida ai maestri, agli inventori del football, verso cui il calcio italiano ha sempre sofferto di un complesso d’inferiorità. Ma da stasera, quando a Kiev Inghilterra e Italia si sfideranno per l’accesso alle semifinali di Euro 2012, i rapporti di forza potrebbero cambiare una volta per tutte.

Perché già quest’anno sulla panchina del Manchester City che ha vinto la Premier League, come su quella del Chelsea che ha trionfato in Champions League, sedevano due tecnici italiani: Mancini e Di Matteo. Così come fino a questo inverno era Fabio Capello l’allenatore della nazionale inglese. E pensando anche ai recenti trionfi d’Oltremanica di Vialli, Zola e Ancelotti, si capisce come oramai i maestri – che solo nel 1973 presentando la partita di Wembley scrivevano sui loro tabloid: “Allo stadio 20 mila camerieri” ironizzando sugli emigrati italiani che si spezzavano la schiena nelle cucine d’Albione – si capisce che gli allievi di strada ne hanno fatta. Alla fine, l’Inghilterra può celebrare solo il Mondiale del 1966 vinto in casa, mentre l’Italia ha cucite sulla maglia 4 stellette simbolo di altrettanto mondiali vinti.

Ma i pregiudizi sono duri a morire. E così quando nell’estate del 2010 un appena ventenne Mario Balotelli sbarca a Manchester, subito è accolto come Mad Mario: summa degli stereotipi italiani. Talentuoso ma pigro, geniale ma incostante, più attento alla dolce vita che all’etica del lavoro. I tabloid si scatenano e lo seguono giorno e notte. Lui, di suo, non fa nulla per lasciarli a bocca asciutta. Ed ecco che Balotelli, quasi mezzo secolo dopo Fantozzi, diventa Oltremanica il nuovo prototipo dell’italiano medio, cui stasera il suo paese, in poltrona con la birra gelata e la frittatona di cipolle, chiede di prendere per mano una squadra che sulla carta parte favorita.

L’Italia si presenta a Kiev con il 4-3-1-2 con cui ha sconfitto l’Irlanda. Al posto di Chiellini, infortunato, Bonucci. Detto di Balotelli, in campo dal primo minuto al posto di Di Natale al fianco di Cassano, l’altra variazione dovrebbe riguardare Montolivo come trequartista al posto di Motta, affaticato (e visto quanto poco si è mosso l’ex interista in queste prime partite potrebbe sembrare una battuta…). Dall’altra parte, agli ordini del tecnico Hodgson, scende in campo una squadra che gioca un 4-4-2 scolastico e demodé, i cui unici punti di forza sono il centrocampista Gerrard e il centravanti arretrato Rooney. Un bad boy che in quanto a peripezie fuori dal campo non ha nulla da invidiare a Balotelli ma che in campo, anche se con qualche anno in più, ha già vinto tutto e cerca il 30esimo gol con la maglia della nazionale: un altro pianeta.

Perché se è vero che gli italiani in Inghilterra dai “camerieri di Wembley” sono diventati allenatori di successo, è anche vero che sempre di emigrazione verso la terra promessa si tratta. La Premier League inglese è infatti distante anni luce dalla Serie A italiana: in termini di fatturato, stipendi, merchandising e diritti televisivi (appena firmato il nuovo contratto: un miliardo di sterline per il triennio 2013-2016). Dei 368 giocatori che hanno cominciato Euro 2012 ben 79 (21,4%) provenivano dai campionati inglesi mentre solo 31 giocano in Italia. Se una volta gli inglesi erano considerati i maestri del calcio – avendolo ‘inventato’ loro – ma poi non sono mai riusciti a mantenersi all’altezza delle aspettative, perlomeno con la nazionale, oggi lo sono sicuramente nel calcio moderno: ovvero nel business del pallone.

Chi vince stasera affronterà in semifinale la temibile e terribile (in tutti i sensi) Germania, mentre l’altra semifinale è iberica. Da una parte il Portogallo di Cristiano Ronaldo, il giocatore che fino ad ora più di ogni altro ha impresso la sua impronta in questi Europei di Polonia e Ucraina, dall’altro la Spagna che ieri ha superato la Francia. Una tattica troppo timorosa – il terzino Debuchy avanzato all’ala – e alcune decisioni punitive che si sono rivelate un boomerang – l’esclusione iniziale di Nasri – del tecnico francese Blanc hanno permesso agli spagnoli di dominare la partita. Ancora una volta in campo senza punte e con Fabregas finto centravanti, gli spagnoli si sono qualificati con un 2-0 secco (doppietta di Xabi Alonso) che non ammette repliche: i maestri sul campo oggi sono gli spagnoli.

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