Per gli indagati di violenza sessuale di gruppo potranno anche essere emesse misure cautelari diverse dal carcere. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, che, dando un’interpretazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, ha deciso che in questo tipo di processo il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato, ma può applicare misure cautelari alternative.

Con la sentenza di oggi, la Cassazione ha annullato una ordinanza del tribunale del Riesame di Roma, che aveva confermato il carcere – ritenendo che fosse l’unica misura cautelare applicabile – per due giovani accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del frusinate e rinviato il fascicolo allo stesso giudice per una nuova valutazione, tenendo conto dell’interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.

Dopo l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale (2009) non era consentito al giudice di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere. Sulla vicenda, la Corte Costituzionale nell’estate del 2010 ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere “nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure”.

“Unica interpretazione compatibile con i principi fissati dalla sentenza della Corte Costituzionale – è quanto stabilito dalla Cassazione – è quella che estende la possibilità per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare” per il reato di violenza sessuale di gruppo.

La decisione della Corte di Cassazione ha subito provocato un vespaio di polemiche, specie da parte di parlamentari e associazioni. Se per Alessandra Mussolini quella della Cassazione è “una sentenza aberrante”, l’ex ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna ha invece parlato di “sentenza impossibile da condividere, contro le donne, che manda un messaggio sbagliato”, mentre per Barbara Pollastrini del Pd la decisione è “lacerante”. “Aumenteranno i silenzi delle vittime” ha detto la deputata democratica Donata Lenzi, con Barbara Saltamarini (Pdl) che ha parlato di “doppia violenza” per chi subisce uno stupro di gruppo. “Chi si macchia dell’infame reato di violenza sessuale non può scontare la propria pena comodamente a casa, seppur con le dovute misure cautelari” ha detto la senatrice Pdl Ombretta Colli, mentre per Teresa Bellanova del Pd “non possono esserci misure alternative al carcere per chi compie nei confronti di una donna una violenza così lacerante, fisicamente e psicologicamente”.

Ancor più dura la presa di posizione di Telefono Rosa. “Un ennesimo passo indietro dove a rimetterci è la parte più debole ossia le donne vittime di violenza. Questa sentenza ribadisce quello che già nel 2010 la Corte Costituzionale aveva detto, concedendo misure alternative a stupratori di gruppo” ha detto la presidentessa dell’associazione, Gabriella Moscatelli, che ha comunque confermato di avere piena fiducia “nel ministro Severino e siamo certe che lei saprà ascoltare il grido di dolore e l’indignazione che oggi ogni donna prova venendo a conoscenza di questo giudizio della Cassazione”.

Articolo Precedente

Caso Brontos, procura di Milano chiede
rinvio a giudizio per Alessandro Profumo

next
Articolo Successivo

Il legale di Lusi: “Mai usato lo scudo fiscale”
I pm puntano ad accertare altre reponsabilità

next