Vorrei tornare sul tema della diseguaglianza. In Italia la diseguaglianza nella distribuzione del reddito è alta se confrontata con la gran parte degli altri Paesi avanzati ed è rimasta alta per gran parte degli ultimi quindici anni.

A fronte di questa stabilità vi sono stati però dei processi che hanno riguardato alcune categorie in particolare: si è avuto un impoverimento delle famiglie operaie e impiegatizie con rischi di scivolamento verso la povertà relativa; vi è una elevata volatilità del reddito per i giovani; si sono avuti all’estremo opposto fenomeni da “superstar”: fasce ristrette al top della distribuzione si sono appropriate di quote molto elevate del reddito complessivo. I lavoratori autonomi sono andati meglio di gran parte del ceto medio dipendente. Maurizio Franzini nel suo recente volume “Ricchi e poveri”, (UBE 2010) sottolinea il fatto che si riscontra a livello internazionale una correlazione tra trasmissione intergenerazionale delle posizioni economiche e alta diseguaglianza. I Paesi nei quali vi è alta diseguaglianza sono Paesi nei quali più vischioso è il cambiamento di ceto sociale da una generazione e l’altra. La trasmissione intergenerazionale (i figli dei poveri restano poveri e i figli dei ricchi restano ricchi) è alta negli Stati Uniti contrariamente allo stereotipo che vuole l’America come terrà di elevata mobilità sociale. Viceversa la trasmissione intergenerazionale è bassa in Svezia e in altri paesi Nordici, regioni di forte mobilità sociale.

L’Italia, come gli Stati Uniti, è un Paese ineguale e nel quale c’è poca mobilità sociale. Il coefficiente di correlazione tra i redditi dei figli e quelli dei padri è contenuto nei paesi Scandinavi, è invece pari allo 0,47 in USA, allo 0,50 nel Regno Unito e allo 0,51 in Italia. Questo significa che oltre metà della differenza di reddito che c’è tra due giovani lavoratori è spiegabile dalla differenza di reddito che sussiteva tra i rispettivi genitori. Le condizioni di nascita insomma hanno in Italia una forte influenza sulla posizione economica e sociale delle persone. I figli degli operai tendono a restare in una condizione di disagio economico, come i loro genitori. Si tratta di un tema cruciale. Infatti, un sistema economico ha legittimazione se è percepito come “equo”. Certo vi sono vari modi per definire l’equità ma diciamo che serve che tutti o il maggior numero dei cittadini deve avere sufficienti opportunità per salire nella gerarchia sociale. Se invece le posizioni sociali sono cristallizzate si ha un sistema di stampo feudale e la stessa democrazia assume connotazioni fragili.

Molto importante è capire quali siano i canali attraverso i quali si realizza la trasmissione intergenerazionale dei vantaggi e degli svantaggi economici. L’istruzione in un sistema economico “aperto” è uno dei canali più importanti per rompere la trasmissione intergenerazionale e per favorire l’ascesa sociale di chi per nascita appartiene a una classe sociale umile. Affinchè l’istruzione funzioni come “ascensore sociale” servono: 1) scuole di qualità 2) meccanismi di selezione meritocratici.

Scuole di qualità: le scuole devono fornire le competenze necessarie per il mercato del lavoro; devono essere molto meritocratiche: chi è bravo riceve i voti migliori; ci devono essere borse di studio adeguate per chi è bravo ma privo di mezzi economici.
Meritocrazia: per accedere ai lavori l’unico criterio deve essere quello del merito, della bravura, delle competenze. Chi è figlio di poveri ma ha studiato e ha meritato un titolo di studio con voto elevato deve poter avere accesso a un posto di prestigio ben retribuito.

In Italia manca la meritocrazia. La scuola non è meritocratica, salvo pochissime eccezioni. Chi ha figli in età scolastica sa che in classe si copia, che esistono le “interrogazioni programmate”, che si suggeriscono le risposte ai compagni interrogati. I programmi sono vecchi. Mancano poi vere borse di studio per i meritevoli. Le borse universitarie sono correlate solo al reddito dichiarato dai genitori: quasi sempre finiscono per essere assegnate ai figli degli evasori fiscali e non ai meritevoli senza mezzi.

Il mercato del lavoro non è meritocratico. Si accede ai vari lavori con le raccomandazioni, con le reti familiari, con gli amici di papà o di mamma. Ci si tramanda la professione da generazione a generazione. Siamo un Paese feudale e non un’economia “aperta”.

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