Eluana Englaro ha smesso di essere in vita il 18 gennaio 1992, giorno in cui un terribile incidente stradale la ridusse in stato vegetativo. Dal punto di vista biologico è morta il 9 febbraio 2009, dopo 17 anni di sospensione in uno stato di non vita, gran parte dei quali trascorsi mentre intorno al suo corpo inerte veniva combattuta una durissima battaglia giuridica e bioetica.

Durissima e spesso insensata. Ci si augurava che quantomeno dopo la morte anagrafica le fosse concesso in sorte di riposare in pace, come a qualsiasi anima volata via da questo mondo. Invece no. Eluana e il suo corpo annichilito continuano a essere oggetto d’uno scontro trascinato sull’onda di un irriducibilismo morale che si fa cinismo. Quasi che si fosse in presenza d’una guerra non ancora chiusa nonostante la cessazione delle ostilità.

È notizia di oggi, riportata in prima pagina da la Repubblica: durante una seduta del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, un gruppo di consiglieri regionali del centrodestra spalleggiati dall’Udc  si è opposto al finanziamento regionale in favore del film che richiama la vicenda di Eluana. Il finanziamento sarebbe dovuto al fatto che parte della pellicola, diretta da Marco Bellocchio, è ambientata nella regione, e per questo motivo beneficerebbe di fondi per la promozione territoriale.

Ma i consiglieri che hanno firmato l’ordine del giorno contrario al finanziamento sostengono di non voler vedere circolare un’immagine della loro regione associata al caso Englaro. Come se si parlasse di chissà quale turpitudine, di circostanze screditanti per l’immagine di un territorio e della sua comunità, quando invece c’è in ballo un dramma umano dal quale evidentemente non abbiamo ancora imparato abbastanza. E intanto che insistiamo a non capire e a non intenderci, Eluana continuerà a essere chiamata in ballo dentro le sciocche dispute dei vivi. Non avendo fatto nulla di male per meritarsi questo.

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