La lettera di Berlusconi e Bossi all’Europa li farà di nuovo sganasciare dal ridere. Questo è certo. Più che se nella lettera ci fosse la famosa “Signorina veniamo noi con questa mia addirvi” che Totò e Peppino scrivevano alla malafemmina. Il livello di improvvisazione è più o meno lo stesso, la differenza sta nella classe (immensa quella dei due attori napoletani). Siamo italiani e la farsa ce l’abbiamo nel sangue, niente di strano perciò che ci ridano dietro. Lo fanno da sempre.

Siamo quelli che nel medioevo formavano le compagnie di “joculatores” (buffoni) e giravano le corti tentando di sopravvivere coi propri spettacoli. Il medioevo è alle spalle, e la corte oggi è una sola: quella di Bruxelles. La differenza è che gli joculatores in Italia oggi hanno preso il trono del re e, dopo un quasi ventennio di abbuffate e oscenità di vario genere, oggi passano alla cassa tentando di spiegare con parole loro che i soldi per pagare il conto non ce li hanno.

Ho idea che quando le generazioni future ripenseranno a questi anni si meraviglieranno soprattutto di una cosa: del fatto che non solo abbiamo acconsentito a tutto questo, ma anche che alla fine abbiamo accettato di pagare il conto. Magari con quei soldoni grandi come tovaglie con cui Totò e Peppino pagavano la cena alle ballerine al Gran Milàn. E con una lettera a Barroso, che forse finisce così: “Salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi, (che siamo noi)”.

(Vignetta di Natangelo)

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