Consapevoli dei danni gravissimi prodotti da cittadini inesperti in materia di alta strategia politica e maldestri nella pretesa destabilizzante di voler dire la loro, subito dopo il voto referendario dell’12-13 giugno, gli statisti del Palazzo si sono messi al lavoro per salvare il soldato Berlusconi. Già alcuni commando di eroi sono scesi in campo per la fondamentale missione umanitaria. Sebbene le tattiche siano diverse, tutte convergono verso il nobile scopo.

Tattica A: smentire l’interpretazione pretestuosa che il pronunciamento democratico avrebbe valenza e significato politici. Una linea di comportamento intrapresa dal brigadiere Antonio di Pietro, nel suo stile argomentativo vernacolar/popolare tendente al confusionismo (atteggiarsi a centrista pasdaran), già alle prime avvisaglie del disastro annunciato. L’ipotesi su cui si basa la missione è la possibilità di aggregare al proprio carro l’area moderata, grazie alla quale lanciare un’Opa di destra sullo schieramento di sinistra. Suo punto debole è che tali moderati non esistono in natura, essendo soltanto una Fata Morgana creata da vent’anni di comunicazione mistificatoria, mirata a convincere che il ponziopilatismo si incarnerebbe nella maggioranza degli elettori. E quindi la pratica della furberia potrebbe ritorcersi contro il Di Pietro stesso, inchiodandolo a percentuali di consenso sempre più declinanti. Mentre si allontana ineluttabilmente quel risultato a due cifre che sarebbe il primario obiettivo di tanto scomposto agitarsi.

Tattica B: bloccare l’effetto pernicioso di far discendere dall’esito referendario la conseguenza di un immediato voto di sfiducia contro il governo. Infatti, appena sbarcato a Omaha Beach, il caporale Nicola La Torre dichiarava ai microfoni de La7 per conto del suo Stato Maggiore che “la sfiducia non è un esercizio ginnico”. La manovra si basa sul fatto che alcuni seggi elettorali sono stati allestiti nelle palestre delle scuole e – quindi – se ne deduce che gli elettori referendari, ingannati dall’ambiente, avrebbero confuso la politica con il quadro svedese o le pertiche da cui erano circondati. Purtroppo questa era una condizione non generalizzabile (la maggior parte dei luoghi delegati erano normali aule didattiche). Visto l’imbarazzo del povero caporale La Torre, è scesa in campo pure l’ausiliaria Rosy Bindi. Sfortunatamente la ragazza si è confusa: credeva di essere in confessionale e non sul fronte di guerra. Il suo “non avremmo intenzione di governare”, con cui ammetteva il reiterato peccato mortale della sua parte, è diventato un vero e proprio fuoco amico, contro lo stesso Quartiere Generale da cui proveniva.

Tattica C: propugnare ragionevolezza ed equilibrio. Il tema forte è quello che nei referendum – in particolare quello sul nucleare – i cittadini avrebbero agito sotto gli effetti distorcenti della “emotività”. Per cui le indicazioni espresse ne sarebbero così gravemente inficiate da rendere il pronunciamento scarsamente significativo. Infatti il votante perfetto è quello a cui il tema su cui esprimersi non interessa minimamente. Altrimenti sarebbe – appunto – “emotivo”. Una tesi che, se confermata da un puntuale voto parlamentare, potrebbe annullare i risultati delle consultazioni tenutesi dal dopoguerra in poi (oltre che l’essenza stessa della democrazia come partecipazione appassionata). A partire dalla scelta repubblicana. Infatti, dietro le linee, lavora a questo scopo una Quinta Colonna rappresentata dal migliore esempio di pacatezza e autocontrollo disponibile nella classe politica bipartisan: il ministro della guerra Ignazio La Russa. Non del tutto contrario all’ipotesi di ritorno a una situazione ante 1945, che gli consentirebbe di togliere la naftalina al fez che conserva amorevolmente nel cassetto degli effetti personali.

Queste, ad oggi, le prime iniziative per salvare il soldato Berlusconi. Ma altre sono allo studio e confermano l’impegno, appassionato quanto fantasioso, che si sta profondendo. Dall’innalzamento del quorum referendario al 99% degli aventi diritto per migliorare la rappresentatività di tale voto, oppure la stipula di un armistizio bellico, con l’individuazione di un Generale Pétain (Giulio Tremonti?) o un qualche Quisling (Roberto Maroni?) che consentirebbero l’operazione definitiva chiamata “allargamento della maggioranza” oppure “governo di responsabilità istituzionale”.

Non si esclude – quindi – il coinvolgimento di specialisti neutrali di elevata competenza, particolarmente di area milanese. Visto che il lasciapassare per il soldato disperso potrebbe fondarsi sulle sue indiscutibili capacità realizzative, messe all’opera nello straordinario allestimento di quella meraviglia chiamata Expo 2015.

Dunque, esperti cui dare l’incarico di eliminare i più gravi pericoli che insidiano la sopravvivenza del Berlusconi. A tale scopo potrebbe rivelarsi decisivo l’immediato recupero di personaggi come Lucio Stanca, incaricato di riportare la controinformazione mediatica (fonte di effetti sovversivi) al tempo dei telefoni a manovella, o Letizia Moratti, demandata a recuperare in chiave di pacificazione i grandi cementificatori infastiditi da Giuliano Pisapia. Una giovane consigliera regionale lombarda, “madrelingua” con alte conoscenze in materia di igiene dentale, sarebbe certamente disponibile a svolgere la necessaria azione di collegamento con la locale Questura.

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