E’ ancora importante andare a votare per l’abrogazione delle norme sul legittimo impedimento, anche se la Corte Costituzionale le ha già significativamente modificate.

La legge n. 51/2010 fu esplicitamente approvata per mettere una pezza alla falla che si era creata con la cancellazione del lodo Alfano, ovvero delle norme che sospendevano i processi per le prime tre cariche dello Stato (tra cui, guarda un pò, quella del Presidente del Consiglio). La Corte Costituzionale disse che non si potevano violare il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge senza una norma di rango costituzionale, ovvero votata da un’ampia maggioranza con procedure particolari, volte a garantire il coinvolgimento delle opposizioni e/o il consenso dei cittadini tramite referendum. Il rischio di lasciare senza copertura il premier portò in fretta e furia alla legge sul legittimo impedimento, che mirava a dare comunque una possibilità di sospendere “di fatto” i procedimenti sgraditi in attesa di realizzare un lodo Alfano costituzionale (l’unica strada per chiudere del tutto la partita e non rischiare nuove censure dalla Corte).

Mettiamo subito in chiaro che il legittimo impedimento nel nostro ordinamento esiste già: è un istituto che garantisce la partecipazione dell’imputato e del suo difensore al processo, così che se uno di loro documenta un impedimento reale e assoluto il processo non può celebrarsi e deve essere rinviato. La legge in discussione consentiva però al Presidente del Consiglio (e ai ministri) di ottenere un rinvio del processo facendo certificare dalla Presidenza del Consiglio (o dai rispettivi Ministeri) il fatto che erano impegnati in particolari attività istituzionali: la valutazione della legittimità dell’impedimento era cioè lasciata di fatto all’imputato stesso e non rimessa alla decisione del Giudice.

Questo sistema, che realizzava anche una violazione della divisione tra poteri oltre che del principio di uguaglianza, è stato sostanzialmente “disinnescato” dalla sentenza della Corte Costituzionale, la quale ha correttamente ridato al Giudice il potere di valutare il legittimo impedimento addotto dalla parte e di scegliere se rinviare o meno.

In poche parole: rispettare le prerogative e gli impegni istituzionali dei membri del Governo non può voler dire sacrificare del tutto la possibilità che la giustizia compia il suo corso. Oggi quindi è stato ristabilito un equilibrio teoricamente accettabile: perché allora cancellare anche quel che resta del legittimo impedimento?

Credo che l’importanza e il significato di una vittoria dei Sì sarebbero soprattutto simboliche: un messaggio dei cittadini ai loro governanti con il quale si ricorda loro che la legge è uguale per tutti e che gli italiani non sono dei sudditi. D’altronde se è vero che molti ordinamenti prevedono immunità per gli esponenti del potere legislativo ed esecutivo, è anche vero che nessun altro Paese occidentale conosce i livelli di corruzione e di collusione con la criminalità organizzata del nostro sistema politico (e questo lo ha confermato anche di recente Pisanu, membro del Pdl e presidente della Commissione Parlamentare Antimafia). A ciò si aggiunga che in Italia le autorizzazioni a procedere (quando esistevano ancora) e l’autorizzazione agli arresti (vedi Cosentino) non sono stati degli strumenti per trovare equilibrio tra i poteri ed evitare persecuzioni politiche, ma si sono trasformate di fatto in uno strumento di impunità della classe dirigente.

Leggi come quella sul legittimo impedimento seminano ambiguità, portano disuguaglianza e affermano impunità, mentre l’Italia ha bisogno di trasparenza, credibilità e legalità.

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