“E’ molto difficile affermare che la diminuzione del benzo(a)pirene sia legata al miglioramento delle performance ambientali dell’Ilva”. A parlare così è Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa Puglia che interviene nella polemica scoppiata nei giorni scorsi a Taranto fra l’Ilva e il comitato Altamarea sull’interpretazione dei dati relativi all’inquinamento da benzo(a)pirene, idrocarburo aromatico altamente cancerogeno, nei quartieri a ridosso del grande stabilimento siderurgico tarantino.

Un monitoraggio dell’Arpa relativo ai primi tre mesi del 2011 ha rilevato nell’aria del quartiere Tamburi, il più vicino alle ciminiere dell’Ilva e tristemente noto come una delle aree più inquinate d’Italia, 1,55 ng/m3 di benzopirene a gennaio, 2,82 ng/m3 a febbraio e 1,43 ng/m3 a marzo. A fronte dei limiti massimi di diffusione in atmosfera della sostanza che non dovrebbero superare come media annua 1 nanogrammo al metro cubo.

Dal confronto con i dati relativi dei primi tre mesi di 2009 e 2010 emerge come i valori dell’idrocarburo siano effettivamente in diminuzione. Ed è proprio dalla loro lettura che era scaturito il botta e risposta fra i vertici dell’azienda e il comitato Altamarea, che raggruppa comitati cittadini e associazioni come Arci, Legambiente, Wwf e Libera.

“Prendiamo atto positivamente nel constatare come i valori siano nettamente inferiori a quelli registrati nello stesso periodo del 2010” annunciava ottimisticamente la direzione dell’acciaieria con una nota a firma di Adolfo Buffo, Responsabile Qualità e Ambiente. “I valori riscontrati parlano di una riduzione di circa il 40%, e dimostrano come l’impegno di tutti possa portare a risultati importanti ed incoraggianti nel raggiungere, entro dicembre 2012, il valore obiettivo di 1 ng/m3 fissato dalla legge, ma che la comunità di Taranto, così come l’Ilva, vogliono conseguire nel più breve tempo possibile”.

Immediata la replica di Altamarea che in una nota del presidente Biagio De Marzo bollava le statistiche come una mistificazione ai danni dei cittadini: “Questi dati, contrariamente a quanto l’Ilva dichiara, non sono per nulla un successo in quanto superano in media del 93% il valore che la precedente normativa aveva posto come limite per il benzo(a)pirene. Con evidente intento propagandistico – continua De Marzo – l’Ilva raffronta tale dato cattivo con quello pessimo del 2010 (3 ng/m3 nei primi tre mesi del 2010); confronta cioè un dato inaccettabile (1,93 ng/m3 di media trimestrale) con un dato ancora peggiore, ma entrambi sono superiori a 1 ng/ m3”.

Una battaglia di cifre che riaccende i riflettori anche sull’abolizione da parte del governo, con il decreto legislativo 155/2010, dell’obbligo di intervento per le industrie che superano il limite annuo di 1 ng/m3 di immissioni. Una legge che in pratica autorizza le aziende a rimandare il problema benzo(a)pirene alla fine del 2012, con parametri di controllo stabiliti su base annua e ammorbidendo di fatto i rischi di conseguenze per le industrie inquinanti. Nonostante le emergenze e nonostante l’OMS consideri questa sostanza al massimo livello di pericolosità.

Solo la Puglia, per far fronte proprio alla realtà di Taranto, ha reintrodotto i vincoli nel febbraio 2011 con una legge regionale. “Purtroppo questa legge avrò pochi effetti pratici – sostiene il presidente di Altamarea. “Serve una presa di posizione netta da parte delle autorità sanitarie riguardo la pericolosità di questa sostanza. Non possiamo più accettare che si rimanga a guardare mentre per anni la gente continua a respirare questi veleni”.

L’inchiesta tv su l’Ilva di Taranto dal programma Malpelo su La7 dell’ottobre del 2008

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Nucleare, per eliminarlo
non basta evitare B.

next
Articolo Successivo

Anche il governo svizzero dice No all’atomo

next