Intorno agli 11 anni ho cominciato a maturare una specie di inclinazione, una propensione a percepire i fremiti che attraversano le coscienze della gente.

All’inizio subivo questa sensibilità come qualcosa di invadente e non gradito. Crescendo ho cominciato a figurarmi le intuizioni che avevo come se fossero spiritelli che saltellano qua e là da una persona all’altra, senza che se nessuno li veda.

Ad oggi, mi sento di dire che spesso si tratta di folletti di poco conto (le cosiddette tendenze), a volte genietti meno frivoli (i costumi). Da diversi anni questa propensione si è evoluta e ha assunto anche un carattere sinistro. E’ diventata una luccicanza che mi fa comparire in testa delle strane parole Povero che s’inseriscono nei miei pensieri allo stesso modo dei mitici fotogrammi porno piazzati in mezzo alle pubblicità della Coca Cola. Le parole non mi compaiono davanti allo specchio come per il figlio di Jack Nicholson in Shining, ma più o meno funziona uguale.

Queste parole che mi compaiono in testa sono quelle che le persone non vogliono sentire.

Sì, perchè ci sono un sacco di parole, immagini e idee di cui le persone non vogliono sapere.

Nel corso degli anni ho percepito diverse di queste parole, ma la prima esperienza risale al 2001. Era una parola scomoda, e anche Povero poco piacevole foneticamente. Qualcuno s’era divertito a scriverla su uno striscione di una parata del May Day, a Milano.

Nel 2004 è nato San Precario e da allora la parola Precario è entrata nella hall of fame dei termini scomodi, senza mai riscattarsi ma raggiungendo incredibile diffusione.

Precario è una parola che continua a stare sulle palle a tutti per ovvii motivi. Sfido chiunque a farsi piacere parole come Rogna, Lebbra, Cassintegrato, Appestato, Alieno, Piaga. Se fossero odori sarebbero zaffate di quelle Povero che uno si guarda circospetto e fa finta di avere il polpaccio addormentato per cambiare posizione e spostarsi due metri più in la’.

Precario, come le altre parole che la gente non vuole sentire, prima o dopo doveva uscire allo scoperto. Questa storia Povero delle parole scomode è un po’ come Gianfranco Fini: da quanto tempo è scomodo alla maggioranza? Un’infinità. E nessuno lo voleva dire chiaro e tondo. Inevitabile che si dovessere lasciar descrivere in barba alla Povero sua scomodità. Alcuni sostengono che la precarietà sia un’interpretazione sbagliata della flessibilità, altri sostengono che anche Gianfranco Fini in quanto a interpretazioni sia piuttosto confuso rispetto al fare o meno opposizione. Incrociamo le dita che Povero comincino a circolare parole più adatte a definire entrambi i casi.

Da un po’ di tempo mi saltella in testa un’altra parola di quelle che la gente non Povero vuole sentire. E’ una parolina magica ben più seccante di Precario. Per alcuni angosciante. Perchè quando verrà fuori sarà difficilissima da tollerare. Roba che Precario è stato come darsi una spruzzata di deodorante. E chi tiene le antenne dritte la parola l’ha già capita.