Semplicemente “figli di”.

Senza il sostantivo femminile di complemento.

L’importanza del cognome che spesso è un passepartout risolutivo.

Non è una colpa, anzi molti rampolli dal cognome celebre hanno lavorato con impegno e determinazione per affrancarsi dai luoghi comuni.

Nello sport nulla è stato regalato negli anni a Mazzola o Maldini e in tempi più recenti a Meneghin e soprattutto Tania Cagnotto.

I delfini dei capitani d’industria si son fatti le ossa nelle aziende di famiglia fino ad arrivare ai vertici come i Barilla, Riello, Zegna, Pininfarina.

Il mondo del cinema e dello spettacolo, da sempre incline alla filiazione artistica, ha comunque temprato: Gassman, Risi, Tognazzi, Ingrassia, Amendola, mentre quello della politica ha temprato molto poco, lasciando però in dote robusti pacchetti di voti ai vari: La Malfa, Cossiga, Forlani, Craxi, Bossi, La Loggia, Vizzini.

Un fenomeno a parte sono i giornalisti televisivi, catapultati nelle redazioni Rai e Mediaset: Geronzi, Agnes, Scalfari, Loiero, Confalonieri, Santalmassi, Orsello, Sterpa e mi scuseranno i dimenticati!

La musica leggera italiana ha prodotto fino ad oggi effetti risibili: Morandi, Fornaciari, Facchinetti, con un solo distinguo per De Andrè, mentre il mondo del rock oltrefrontiera ha regalato negli anni migliori esempi, da Arlo Guthrie a Rosanne Cash, da Dweezil Zappa a Rufus Wainwright per giungere agli ultimi due: Jakob Dylan e Harper Simon.

Jakob Dylan ci ha provato varie volte, ma certo affrancarsi da quel cognome non è cosa semplice. In realtà avrebbe potuto lasciare Zimmermann, come scritto sul passaporto, ma certo Dylan scatena ben altre attenzioni.

Dopo la bella avventura dei Wallflowers è andato alla ricerca delle sue radici folk, trovandole in “Women and Country”, l’ultimo nuovo album. Un disco nel quale i due elementi: la donna e la terra, il proprio paese, diventano le basi su cui poggiare la propria esistenza; un concetto molto più americano che europeo e sul quale in passato molti folksinger, a cominciare da Johnny Cash, hanno scritto.

Nothing but the whole wide world

Registrato in una sola settimana, sotto la supervisione di T-Bone Burnett: ” Woman and Country” è il disco delle radici, sia nel linguaggio, semplice e diretto, che nei suoni, con chitarre, banjo e mandolini in bella evidenza. Ballate morbide ma spesso avvolte di una sottile malinconia che in pochi istanti, riescono a prenderti:

They’ve trapped us boys

Harper Simon ha invece unito i due cognomi dei suoi genitori: Peggy Harper e Paul Simon e anche lui è voluto andare alle origini della sua storia, atterrando a Nashville e chiedendo a Bob Johnston, leggendario produttore di Bob Dylan, Leonard Cohen, Willie Nelson e anche Simon & Garfunkel, ma orami in pensione da un paio d’anni, di prendersi cura del suo disco.

Ne è nato un gioiellino:

Shooting star

Le radici country ci sono tutte in questo disco che è a tutti gli effetti il primo album importante di Harper Simon, suo padre Paul gli ha dato una mano co-firmando due pezzi, un’altra importante gliel’hanno data la chitarra di Marc Ribot, la batteria di Steve Gadd i grandi session men che hanno suonato nel disco e i consigli di un amico d’infanzia: Sean Lennon:

Quel solco tracciato da Simon & Garfunkel, proseguito pochi anni fa con i Kings of Convenience, ritorna all’ultima generazione di chi l’ha creato:

Wishes and stars

Se a questo punto la nostalgia per gli originali vi ha preso, sprofondate pure nei ricordi con questo delicato valzerino, un pezzo nuovissimo, ma che rimanda all’istante ad atmosfere mai dimenticate e che in molti avremmo voluto continuare a sentire per anni.

The Audit

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