La guerra dei mondi
di Antonio Padellaro

Modello Corea per l’Ucraina. L’Onu che fa cose buone

Abituati come siamo alla orribile quotidianità della guerra in Ucraina e della strage infinita a Gaza abbiamo dimenticato che nel dopoguerra il mondo ha spesso saputo trovare in se la soluzione alle peggiori catastrofi belliche e umanitarie. Non sorridete perciò se parliamo delle Nazioni Unite. Sappiamo tutti che da tempo immemorabile nelle cronache internazionali l’Onu non viene quasi mai citato, come si fa con gli enti inutili destinati all’oblio (un lussuoso viale del tramonto con un bilancio di 54 miliardi di dollari l’anno). Eppure, un tempo nelle stanze del Palazzo di Vetro furono trovate importanti soluzioni condivise a conflitti e controversie altrimenti irrisolvibili con gravi rischi per gli equilibri globali.

Relegata a ente inutile, in realtà può separare Crimea & C. da Mosca

Per esempio, nel dopoguerra a seguito della guerra di Corea l’Onu svolse un ruolo decisivo nella divisione della penisola i due stati. Corea del Nord (sotto l’egida cinese) e Corea del Sud (alleata degli Stati Uniti) attraverso il Comando delle Nazioni Unite in Corea (Unc) e la Zona Demilitarizzata. La Dmz è una striscia di terra che attraversa la penisola coreana e funge da zona cuscinetto tra le due Coree, creata in seguito alla zona di armistizio del 1953.

Per esempio, ventisei anni più tardi le Nazioni Unite ebbero un ruolo decisivo nel mettere al bando la politica dell’apartheid in Sudafrica, dove un una minoranza bianca al potere persisteva in una brutale politica di discriminazione nei confronti della maggioranza nera che in quella terra aveva le proprie radici. Dopo l’espulsione dal Commonwealth nel 1961, nel 1979, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite invitò gli Stati a interrompere le relazioni con il regime dell’apartheid da parte di compagnie multinazionali, banche e altre istituzioni, e in ambito Onu fu costituito un Comitato speciale contro l’apartheid. Nel 1985 e nel 1986, la Comunità Europea varò l’embargo sul commercio delle armi, la cessazione delle esportazioni di petrolio e degli scambi culturali e sportivi e, in seguito, un embargo sui nuovi investimenti. Dal 1964 (Tokio) il Sudafrica fu inoltre escluso dalle Olimpiadi. Solo con la liberazione di Nelson Mandela nel 1991 il Sudafrica riebbe il suo posto nella comunità internazionale.

Cosa c’entri il modello Corea con l’ipotesi di un cessate il fuoco in Ucraina è presto detto. A cominciare dalla creazione di una zona smilitarizzata presidiata dai Caschi Blu (un tempo mitici, poi retrocessi in fureria) che separi Crimea, Donbass e gli altri territori occupati dalla Russia dalle regioni sulle quali l’Ucraina mantiene la propria sovranità. Di questo congelamento del conflitto che non comporterebbe concessioni da nessuna delle due parti si parlò già nei primi giorni della presidenza Trump.

Quanto al governo Netanyahu (nei confronti del quale non si può non nutrire la stessa “forte repulsione” espressa dalla senatrice Liliana Segre) è realistico pensare a un isolamento internazionale sul modello sudafricano con adeguato carico di sanzioni economiche? No che non lo è fintanto i governi occidentali (a cominciare da quello italiano) continueranno a nascondersi sotto la poltrona di Donald Trump.

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