In Italia la settimana lavorativa corta è ancora lontana dall’essere una realtà diffusa. Ma il nuovo contratto collettivo per i dipendenti pubblici, firmato lo scorso novembre, rappresenta un passo importante per iniziare a ripensare l’organizzazione del lavoro nel nostro Paese. Il rinnovo, che riguarda solo gli enti centrali che non hanno rapporti diretti col pubblico, prevede la possibilità per il dipendente di contrattare una settimana lavorativa di quattro giorni, mantenendo le 36 ore settimanali e senza riduzione dello stipendio. Inoltre, introduce nuove politiche sullo smart working, allentando il vincolo della presenza fisica negli uffici. L’obiettivo è quello di rendere più attrattiva la carriera nella pubblica amministrazione, soprattutto agli occhi delle giovani generazioni, bilanciando meglio lavoro e vita privata, come già sperimentato con successo in altri Paesi.
BELGIO
38 ore e diritto alla disconnessione
Nel 2022 il Belgio ha riformato il mondo del lavoro con l’obiettivo di aumentare la flessibilità e permettere ai dipendenti, sia del settore pubblico che di quello privato, di gestire in prima persona il loro tempo. È stato il primo Paese in Unione Europea a regolamentare la settimana corta (e il terzo nel mondo, dopo Islanda e Nuova Zelanda). Ogni lavoratore ha la possibilità di scegliere di distribuire le 38 ore del suo contratto su quattro o su cinque giorni, con lo stesso stipendio. Nella riforma sono state introdotte anche altre misure volte a salvaguardare l’equilibrio tra vita e lavoro. Come per esempio il diritto alla disconnessione: i dipendenti pubblici hanno ora la possibilità di tenere cellulare e computer spenti nel loro tempo libero, ignorando tutti i messaggi di lavoro ricevuti al di fuori dell’orario di ufficio, senza subire ritorsioni.
REGNO UNITO
Riduzione turn over e 23 milioni di sterline di risparmio
Il passaggio a una settimana lavorativa di quattro giorni potrebbe ridurre di oltre la metà il turnover del personale del Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali del Regno Unito, facendo risparmiare ogni anno allo Stato fino a 23 milioni di sterline. È sulla base di questi dati che la Public and Commercial Services Union (Pcs), il sindacato dei dipendenti pubblici del Regno Unito, ha chiesto che nel rinnovo del contratto collettivo venga introdotta una significativa riduzione dell’orario di lavoro, senza però che vengano toccati i salari. Secondo le analisi della Pcs, il turnover potrebbe ridursi dal 15,6% al 6,7%, comportando un taglio deciso dei costi di reclutamento e formazione. E crescerebbe anche la produttività: l’introduzione della settimana corta potrebbe ridurre fino del 65% l’assenteismo e le giornate di malattia del personale. Secondo le stime, si tratta di circa tre giorni lavorativi guadagnati per ogni dipendente. Se applicato a tutto il personale del Dipartimento, questo corrisponderebbe ad avere a disposizione 328 lavoratori in più.
PORTOGALLO
Il 72% è over 40 ore: terzo Paese più “duro”
Il 72% dei lavoratori è impegnato per più di 40 ore a settimana. Questo dato rende il Portogallo il terzo paese Ocse con la settimana lavorativa più lunga, preceduto solo da Regno Unito e Irlanda. Ma negli ultimi anni Lisbona sta provando a invertire il trend. Alcune aziende, sulla scia di quanto fatto in altri Paesi, stanno sperimentando con ottimi risultati la settimana breve, aprendo la strada alla possibilità di applicare questo modello per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. Inoltre, negli ultimi anni la politica ha messo il mondo del lavoro al centro di alcune riforme importanti. Come quella che impedisce ai datori di lavoro di contattare i dipendenti fuori dall’orario contrattuale. O quella che permette ai genitori con figli sotto gli otto anni di lavorare da casa senza necessità di chiedere prima l’autorizzazione al datore di lavoro.
SCOZIA
Esperimento a sud: 32 ore a settimana
A partire da gennaio 2024, in Scozia è stato avviato un progetto pilota che coinvolge alcuni lavoratori della South of Scotland Enterprise, agenzia governativa scozzese che si occupa di promuovere lo sviluppo economico, sociale e ambientale nelle regioni meridionali della nazione. Per 12 mesi questi dipendenti pubblici lavoreranno 32 ore a settimana, senza alcuna riduzione di stipendio. L’obiettivo del progetto è quello di studiare pro e contro di queste politiche, per valutare se la settimana lavorativa di quattro giorni possa essere estesa a livello nazionale a tutto il settore pubblico. La sperimentazione è il risultato di una promessa elettorale del partito al governo, lo Scottish National Party. È la prima volta che le agenzie governative del Regno Unito adottano un’iniziativa di questo tipo. Il progetto è stato accolto con entusiasmo in patria: secondo un sondaggio dell’Institute for Public Policy Research, l’80% degli intervistati è favorevole all’idea e sostiene che la riduzione dell’orario lavorativo avrebbe un impatto significativo su salute e felicità.
ISLANDA
L’avanguardia mondiale: il 90% a 36 ore
È il Paese più avanzato del mondo per quanto riguarda le politiche di riduzione dell’orario lavorativo, anche nel settore pubblico. Il 90% degli islandesi lavora 36 ore a settimana, spalmate su quattro giorni, e viene pagato come se ne lavorasse 40. La settimana corta, introdotta nel 2019 dopo anni di campagne sindacali e sperimentazioni, riduce lo stress e gli episodi di burnout, aumenta la soddisfazione professionale e migliora l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Inoltre, ha avuto esiti positivi per quanto riguarda la parità di genere. Ha permesso a molte lavoratrici di passare da contratti part-time a impieghi a tempo pieno, con un miglioramento delle loro condizioni economiche. E ha dato agli uomini più opportunità di partecipare alla vita familiare. Contrariamente a quanto temuto, la produttività è rimasta stabile, dimostrando che è possibile ridurre l’orario di lavoro senza compromettere gli obiettivi aziendali.
FINLANDIA
I dipendenti scelgono come lavorare metà del tempo previsto
Rappresenta un modello in tutto il mondo per quanto riguarda il lavoro flessibile, soprattutto nel settore pubblico. Già dalla metà degli anni ’90, il Working Hours Act ha permesso ai dipendenti di adattare in autonomia l’orario lavorativo alle loro esigenze, anticipandolo o posticipandolo di tre ore. Il quadro legislativo è stato poi aggiornato nel 2020. Da allora i dipendenti possono decidere quando e dove lavorare per metà delle loro 40 ore settimanali. Inoltre, la maggior parte dei lavoratori ha l’opportunità di accumulare tempo libero attraverso gli straordinari. Lavorando per qualche ora in più nelle settimane precedenti alle ferie, i dipendenti possono mettere da parte un tesoretto di ore libere, da spendere successivamente per allungare le proprie vacanze. Questo approccio, oltre a favorire il benessere personale e familiare dei cittadini, aumenta la produttività e la soddisfazione lavorativa dei dipendenti. E permette alle aziende di attrarre profili talentuosi che vivono nelle aree più remote del Paese.
LITUANIA
32 ore se hai un figlio di meno di 3 anni
Nell’aprile 2022, il parlamento lituano ha approvato una legge che garantisce ai dipendenti pubblici (il 30% della forza lavoro del Paese) una settimana lavorativa di 32 ore, divise su quattro giorni, senza intaccare gli stipendi. Il fine della riforma è quello di aumentare l’attrattività della pubblica amministrazione, spesso snobbata per via dei salari più alti offerti dalle aziende private. Non potendo competere da un punto di vista economico, la pubblica amministrazione tenta di attirare personale offrendo ai lavoratori più tempo libero da dedicare ai loro figli. La condizione per accedere al contratto da 32 ore, infatti, è quella di avere almeno un figlio di età inferiore ai tre anni. L’iniziativa ha anche il merito di ridurre il divario retributivo di genere e di abbattere la cosiddetta “penalità della maternità”: dopo aver avuto figli, le donne tendono a ridurre le ore dedicate al lavoro, se non addirittura a sacrificare le proprie carriere, lasciando ai partner le posizioni meglio retribuite. La settimana corta permette di superare questa condizione e riequilibrare i carichi familiari, dando a entrambi i genitori la possibilità di trascorrere più tempo con la famiglia.
ESTONIA
Servizi pubblici sempre online, smart a volontà
L’Estonia è leader mondiale nell’e-government: il 100% dei servizi pubblici è disponibile online 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La digitalizzazione estesa permette ai cittadini di svolgere tutte le pratiche burocratiche con facilità, senza doversi spostare fisicamente. E ai dipendenti pubblici di lavorare a distanza, con larghi margini di flessibilità operativa e un’efficienza maggiore. I tempi di attesa sono pressoché annullati e l’uso delle risorse è ottimizzato: secondo le stime governative, questo modello, basato sul lavoro agile, l’automazione e la trasparenza, fa risparmiare all’Estonia ogni anno 1400 anni di tempo lavorativo. Inoltre, in Estonia solo il 2% dei lavoratori dipendenti ha un orario settimanale superiore alle 50 ore, un dato ben inferiore alla media Ocse del 10%. Questo riflette una cultura lavorativa che privilegia l’equilibrio tra vita professionale e privata, in linea con le politiche di flessibilità che caratterizzano il Paese.
GIAPPONE
Settimana di 4 giorni per salvare la natalità
Il governo di Tokyo corre ai ripari per fronteggiare la crisi demografica: dal 2025 i dipendenti pubblici della capitale potranno scegliere di ridurre la loro settimana lavorativa a quattro giorni, senza rinunciare allo stipendio pieno, per avere più tempo da dedicare alla loro vita privata. L’iniziativa fa parte di una serie di politiche introdotte nel Paese per incentivare le nascite. Il Giappone, infatti, con un tasso di natalità di 1,2 figli per donna (in Italia è dell’1,24%) e quasi un terzo della popolazione che ha più di 65 anni, è il Paese più anziano del mondo. Nel 2024 sarà segnato un record negativo storico: meno di 700 mila nuovi nati, a fronte di 124 milioni di abitanti. È il dato più basso dal 1899. Secondo la classe politica, tra le cause di questo primato negativo c’è anche l’opprimente cultura del superlavoro imposta dalle aziende nipponiche, che sfinisce e deprime i cittadini. Da qui la volontà di allentare la pressione sui dipendenti. Riscrivendo la nota canzone di Celentano: chi lavora non fa l’amore.