Il punto della giornata
Il gabinetto di guerra di Israele ha deciso che arriverà una risposta all’attacco con oltre 300 tra droni e missili da parte dell’Iran. Ma a livello strategico Tel Aviv ha deciso – anche su pressioni di alcuni membri, come Gantz, l’alleato-nemico di Netanyahu – di temporeggiare, riservandosi di decidere quale sarà la portata della reazione al raid di Teheran nella notte tra sabato e domenica. Un freno lo hanno tirato anche gli Stati Uniti e tutte le potenze mondiali, riunitesi in un G7 di emergenza e impegnate convincere Israele a non mostrare i muscoli immediatamente per evitare un’escalation che trascinerebbe gli Usa in una faccia a faccia diretto con il regime degli ayatollah. La Casa Bianca ha ribadito più volte che non sosterrà Israele nel caso decidesse un contrattacco immediato e anche in seno all’Onu l’ambasciatore statunitense ha ribadito la necessità di abbassare la tensione, fermo restando la necessità di punire Teheran per aver violato gli obblighi internazionali.
Al Palazzo di Vetro, nel corso del Consiglio di sicurezza, il segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha condannato fermare l’azione iraniana ma ha anche voluto sottolineare l’inviolabilità delle sedi diplomatiche, sottintendendo che l’attacco di Israele al consolato di Damasco è stato un errore. La discussione in seno al Consiglio di sicurezza ha assunto anche toni molto forti, con Tel Aviv arrivata a paragonare il regime iraniano al Terzo Raich e l’ayatollah Khamenei a Hitler: “Servono tutte le sanzioni possibili contro di loro”, è stata la richiesta. Si vedrà nei prossimi giorni, ma la linea statunitense sembra proprio essere quella: una reazione coordinata con gli alleati nei prossimi giorni per “punire” il raid con una sfilza di sanzioni. Il massimo possibile, così da calmare la furia del premier israeliano e dell’ala più intransigente del suo governo dando un segnale all’Iran senza rischiare che saltino i delicati equilibri in altri Paesi del mondo mediorientale. Una nuova sfida per la presidenza di Joe Biden e gli alleati occidentali, che nel comunicato finale della riunione del G7 hanno anche rimarcato la necessità di abbassare la tensione anche dentro la Striscia di Gaza.