Sarà una partita a due la nomina del nuovo procuratore capo di Catania. Dopo sei settimane di rinvii, la Quinta Commissione del Consiglio superiore della magistratura – competente sugli incarichi direttivi – ha formulato le sue proposte al plenum, l’organo al completo, spaccandosi esattamente a metà. Il favorito della vigilia, il procuratore di Potenza Francesco Curcio, ha raccolto tre voti su sei, mettendo d’accordo tutte le correnti togate: i progressisti di Area, rappresentati in Commissione da Antonello Cosentino, i “moderati” di UniCost con Roberto D’Auria e i conservatori di Magistratura indipendente (Mi) con Maria Luisa Mazzola. I restanti tre consensi sono andati a Francesco Puleio, procuratore aggiunto (il “vice” del capo) nel capoluogo etneo: per lui si sono espressi il togato indipendente Andrea Mirenda, il laico di Italia viva Ernesto Carbone e quella di Fratelli d’Italia Daniela Bianchini.

Sarà il plenum, nelle prossime settimane, a decidere chi tra i due andrà a guidare una delle più grandi Procure d’Italia (46 pm in pianta organica e 41 in servizio), di importanza fondamentale nel contrasto a Cosa nostra. Il posto è vacante da quasi un anno dopo l’addio di Carmelo Zuccaro, diventato famoso per le sue indagini contro le ong, “promosso” al ruolo di procuratore generale sempre a Catania. La scelta del successore è considerata un passaggio di estrema delicatezza e ha attirato l’attenzione dei vertici del potere giudiziario e politico, tanto che la pratica è rimasta bloccata in Commissione per quasi un mese e mezzo nell’attesa di una quadra tra correnti e partiti: una situazione a cui si è ribellato il relatore Mirenda (unico togato eletto senza l’appoggio delle correnti), che lunedì, dopo l’ennesimo rinvio, ha abbandonato i lavori con un gesto clamoroso, denunciando l’ingerenza nella discussione di “dinamiche quando non opache, sicuramente estranee alle regole procedimentali e di merito“.

Alla fine il voto in Commissione ha confermato il vantaggio di Curcio, “papa straniero” vicino ad Area e sponsorizzato dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Sul suo nome si è realizzata un’inedita larghissima intesa tra le tre principali correnti: Magistratura indipendente, dopo aver tenuto le carte coperte fino all’ultimo, ha scelto di allearsi con i “rivali” progressisti isolando UniCost, che a quel punto si è accodata abbandondando Puleio, il proprio candidato di bandiera. In plenum, però, quest’ultimo potrebbe avere le sue chance, soprattutto se i laici di centrodestra andranno compatti su di lui: all’interno di Mi, infatti, non tutti hanno apprezzato l'”inciucio” su Curcio, a cui potrebbero mancare alcuni voti. Escono dalla gara, invece, Ignazio Fonzo e Sebastiano Ardita, gli altri aggiunti catanesi candidati al posto e considerati tra i papabili: su Ardita, pm di grande esperienza e di orientamento conservatore, si sono incrociati i veti di Mi (che non gli perdona lo strappo del 2015, quando abbandonò il gruppo per fondare Autonomia&indipendenza insieme a Piercamillo Davigo) e del centrodestra, che lo condiera poco affidabile dal punto di vista politico, data anche la sua storica vicinanza a un pm “anti-sistema” come Nino Di Matteo, tra i padri dell’indagine sulla Trattativa Stato-mafia.

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