Non è stato convalidato dal giudice di pace il trattenimento nel Cpr di Ponte Galeria per Seif Bensouibat, cittadino algerino a cui nei giorni era stato revocato lo status di rifugiato e disposta l’espulsione dal territorio nazionale per alcuni messaggi scritti in una chat sulla situazione a Gaza. A dare la notizia è stata Valentina Calderone, Garante delle persone private della libertà personale di Roma Capitale. Tornerà quindi libero, ma sul rischio di espulsione dall’Italia pesa ancora il decreto e la revoca del permesso di soggiorno di cui godeva dal 2013 e contro i quali i suoi legali Arturo Salerni e Flavio Rossi Albertini hanno annunciato ricorso. “Una buona notizia, ma non finisce qui: c’è ancora in piedi l’espulsione e c’è da occuparsi della revoca del suo status di rifugiato”, ha commentato la Garante sul suo profilo Instagram. Bensouibat lavorava come educatore nel liceo Chateaubriand della Capitale da dove è stato licenziato a febbraio proprio per quanto affermato nei messaggi e, aveva spiegato il preside, su richiesta della polizia.

La colpa di Bensouibat è quella di aver espresso sostegno ad Hamas dopo l’intervento israeliano a Gaza, seppure in forma privata, nel suo status su Whatsapp. Per questo il 38enne algerino, dal oltre dieci anni rifugiato politico in Italia, è stato perquisito nella sua abitazione, indagato, licenziato dal liceo dove lavorava da nove anni a tempo indeterminato e infine condotto al Centro di permanenza per il rimpatrio di Roma Ponte Galeria. Incensurato, sia in Italia che in Algeria, ma questo non ha impedito alla Commissione territoriale di revocargli lo status di rifugiato e questo ha innescato le procedure per l’espulsione. La vicenda è finita anche in Parlamento, con interrogazioni parlamentari presentate sia in Senato che alla Camera ai ministri dell’Interno, Giustizia ed Esteri. “Questa vicenda è scioccante, non possono accadere simili cose in un paese democratico, ho presentato una interrogazione al ministro Piantedosi”, aveva annunciato il vicepresidente di AVS alla Camera Marco Grimaldi dopo che l’uomo era stato rinchiuso nel Cpr.

Dal Centro di Ponte Galeria ha spiegato quanto gli era accaduto a Fanpage. “Giovedì hanno bussato alla mia porta, erano agenti di polizia che mi hanno detto che dovevano darmi una notifica. Mi hanno chiesto di seguirli, ma non mi hanno detto dove mi avrebbero portato”, ha raccontato. “Ho un cane a casa, con cui vivo da tanti anni. Avrebbero potuto dirmi che quella notte non sarei tornato a casa, avrei lasciato più acqua e più cibo al cane, invece non mi hanno detto niente. Sapevo solo che avrei dovuto ritirare una notifica all’ufficio immigrazione”. La notifica si rivela un decreto di espulsione e dopo qualche ora nell’ufficio immigrazione viene portato al Cpr. “Mi sento tradito dalla terra che dieci anni fa mi aveva accolto, mi sento perseguitato, vittima di una grande ingiustizia. Sono un essere umano ma qui non valgo niente. Mi hanno tolto tutto, il mio lavoro, la mia casa, il mio cane. Sono stato accusato di cose gravi, hanno rovinato la mia immagine, cosa vogliono farmi di più?”, ha spiegato ancora. “L’unica cosa che non mi hanno ancora tolto è la dignità e la vita, ma ho paura che qui dentro la perderò, e so che accadrà se mi rimanderanno in Algeria”.

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