La seconda vita del campetto di calcio del parco Laudati a Secondigliano, quartiere di Napoli che è una piccola città nella città, inizia in una mattina di maggio sospesa tra afa e rischio pioggia grazie al gioco di squadra promosso dalla Fondazione Fq. A cinquanta metri dalle case popolari del rione dei Fiori, il famoso “Terzo Mondo”, ex regno del clan Di Lauro e del mercato della droga messo a sistema dalla camorra, “Un calcio a Gomorra” – titolo scelto per il progetto della Fondazione lanciato quasi due anni fa – ha le sembianze di un impianto sportivo moderno. Un campo di calcetto con l’erba sintetica, le porte e le tracciature come da regolamento, a disposizione della comunità e dei ragazzi della scuola calcio gratuita Asd Secondiglianoa condizione che frequentino le scuole”, ricorda il presidente dell’associazione Vincenzo Strino. Poco dopo il taglio del nastro alla presenza del sindaco Gaetano Manfredi, del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, della vice direttrice del Fatto quotidiano Maddalena Oliva e dell’ad di Seif e presidente della Fondazione Fq Cinzia Monteverdi. Una breve ed allegra cerimonia, svolta tra i sorrisi di decine di bambini in tenuta da calcetto che non vedevano l’ora di iniziare a giocare.

Un piccolo ma importante traguardo raggiunto, lì dove c’era un’area di cemento abbandonata a se stessa, grazie alla raccolta fondi di oltre 45mila euro tra i lettori della comunità del Fatto quotidiano e il generoso contributo della ditta Vuolo costruzioni di Francesco Origo, che ha ripristinato le recinzioni: “Abbiamo lavorato anche durante i ponti di aprile e maggio pur di aprire al più presto questo campo”, ha ricordato l’imprenditore.

Un unicum nella storia della città di Napoli dove, come ha precisato Manfredi, per la prima volta si è messa a punto una procedura amministrativa studiata apposta per consentire che una Fondazione privata donasse un bene destinato a restare nella disponibilità del pubblico. Non è stato semplice e non sono mancati i momenti di sconforto, i tre mesi previsti dalla delibera all’inaugurazione sono diventati nove, ma la nave è andata in porto “grazie alla tenacia di Maddalena”, ha sottolineato Cinzia Monteverdi. La vicedirettrice, che ha portato nel progetto la sua sensibilità di giornalista d’inchiesta sui muschilli della droga e della camorra, la conoscenza del territorio maturata sul campo, e la sua capacità di tessere relazioni tra la Napoli borghese e quella popolare (“è nell’incontro tra i contrasti che può nascere la bellezza”), ha tenuto i contatti tra la Fondazione, le istituzioni e le associazioni coinvolte nel progetto, sciogliendo i fili dove si imbrogliavano e seguendo il percorso delle autorizzazioni e dei lavori passo dopo passo. Fino all’inaugurazione di oggi. “Sono orgogliosa di averla nella squadra del Fatto”, ha detto Monteverdi “ma il nostro impegno non finirà qui: vi seguiremo nei prossimi mesi per starvi ancora vicino e supportarvi nel caso l’associazione o l’amministrazione non riescano a farcela da soli, e a voi mamme dico: curate questo campetto come fosse il salotto di casa vostra”.

Perché questa ora è la vera sfida. Fare in modo che tutto questo non torni ad essere un cumulo di macerie vandalizzate dai prepotenti, ma diventi un punto di partenza, una risorsa fissa per la crescita sportiva e sociale di giovani e giovanissimi in un luogo difficile. Solo qualche giorno fa un giovane di 20 anni è stato centrato in pieno pomeriggio da quattro colpi, un agguato che ha colpito il figlio di uno degli esponenti del clan Licciardi.

Un contesto che il procuratore Gratteri conosce bene: “Sono stato invitato qui oggi per vedere che delle persone operose consegnano un dono a questa comunità, sarà importante vedere, il prossimo anno, se questa comunità avrà conservato e migliorato questo dono, vediamo in che condizioni starà l’anno prossimo”. Nel suo intervento Melillo ha fatto un appunto e lanciato un appello: “Non è bello che sia una Fondazione privata a fare qualcosa che dovrebbe essere di competenza dell’amministrazione pubblica e da magistrato dico che non capisco perché siano stati investiti decine di miliardi di euro nel patrimonio immobiliare e non nelle periferie e nel patrimonio pubblico, le procure avrebbe avuto meno lavoro nell’inseguire truffe e denaro sprecato. Mentre – ha proseguito il capo dell’antimafia – a Manfredi dico: scommetta nell’associazionismo, dia una sede all’Ads Secondigliano, assegni gli spazi necessari”. Invito immediatamente raccolto da Manfredi: “L’associazione avrà una sede, vedremo se è possibile trovarla in alcune delle case popolari abbandonate qui di fronte”.

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