Non solo la mancanza di cibo e medicinali. Dopo 7 mesi di bombardamenti che hanno causato la distruzione delle principali infrastrutture, nella Striscia di Gaza le condizioni igieniche e sanitarie sono pessime. In questa testimonianza video un’operatrice di Oxfam che si trova nel sud della Striscia mostra una grossa pozza con acqua di scarico in strada: “L’odore è opprimente, insopportabile. Come vedete la situazione igienica è terribile”. E l’aumento delle temperature non fa che peggiorare la situazione. Nelle tende dove si sono rifugiate centinaia di migliaia di persone sono aumentati gli insetti e le zanzare. “Tutto questo è un rischio per la salute delle persone”.

Secondo Oxfam, che ha lanciato l’allarme, l’invasione di Rafah, dov’è stata interrotta l’erogazione d’acqua potabile, potrebbe causare nuove gravi epidemie a Gaza nelle prossime settimane. “Sono oltre 350mila le persone in fuga verso rifugi e campi profughi già sovraffollati e al collasso nelle altre zone della Striscia, mentre la popolazione è senza cibo e carburante a causa della chiusura dei valichi alla frontiera e le strade sono invase di rifiuti e fiumi di liquami, che traboccano dalle fognature”.

Gli attacchi israeliani hanno già causato danni per almeno 210 milioni di dollari alle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie in tutta Gaza, distruggendone circa l’87%, come rivelano le immagini satellitari. Tra questi anche gli impianti istallati dall’ong. “Almeno 5 delle nostre strutture, che garantivano acqua pulita e servizi igienico sanitari essenziali a oltre 180mila persone al giorno, sono stati gravemente distrutti dal 7 ottobre e altre sette sono state danneggiate. – spiega Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – I nostri colleghi a Gaza ci raccontano di una situazione disperata. La popolazione in questo momento è costretta a bere acqua sporca e contaminata, soffre di malnutrizione e i bambini vengono punti di continuo dagli insetti che brulicano ovunque. In queste condizioni nuove epidemie di epatite A e di colera saranno inevitabili. Sono malattie che prosperano in luoghi sovraffollati e privi di servizi igienici adeguati. In questo momento, mentre le temperature aumentano, centinaia di migliaia di persone sono costrette a vivere in condizioni disumane, con la paura di morire da un momento all’altro sotto i bombardamenti. Una situazione che potrebbe precipitare con l’invasione di Rafah.

Le nostre équipe sanitarie curano da mesi infezioni cutanee e casi di dissenteria, ma nelle ultime settimane abbiamo rilevato migliaia di casi di epatite A e altre malattie gastrointestinali e respiratorie. – aggiunge Celine Maayeh, Advocacy and Research Officer di Juzoor, organizzazione partner di Oxfam a Gaza, al lavoro in oltre 50 rifugi per sfollati e nei centri sanitari del nord della Striscia – Anche se finora siamo riusciti a curarli, il caldo e l’accumulo di rifiuti e liquami stanno creando il mix perfetto, perché si generi una vera e propria catastrofe sanitaria che le nostre squadre sanitarie da sole non possono affrontare”.

“L’intero sistema di approvvigionamento idrico e di gestione delle acque reflue di Gaza è prossimo al collasso totale, perché i danni sono molto estesi. – sottolinea Monther Shoblaq, CEO della Coastal Municipalities Water Utility, altra organizzazione partner di Oxfam, responsabile dell’approvvigionamento idrico e del funzionamento dei servizi igienico-sanitari a Gaza – Non c’è energia per far funzionare i pozzi d’acqua, gli impianti di desalinizzazione e di trattamento delle acque reflue. Stiamo facendo il possibile, ma la situazione è disperata”.

Il racconto Voci di Gaza fa parte di una serie di testimonianze raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.

LA PETIZIONE – Oxfam ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) per “fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.