Abitare sopra un ristorante o un locale e non riuscire a dormire. Oppure vivere accanto a un laboratorio, in una zona interessata da lavori stradali o da immissioni sonore eccessive, che interferiscono con il sonno e possono pregiudicare il benessere o la salute. Come fare a difendersi? Il problema dell’inquinamento acustico, in verità, non è di facilissima soluzione. Come spiega Andrea Tombolato, esperto e membro del direttivo AIA (Associazione Italiana di Acustica), “la percezione e l’elaborazione del suono è soggettiva. Il suono può essere considerato gradevole o indesiderato, può rappresentare un problema ambientale o un pregiudizio alla salute, a seconda del contesto e delle persone che lo percepiscono (bambini, adulti, anziani)”. Inoltre, fisicamente, ci sono sorgenti di rumore molto diverse tra di loro. “Ecco perché stabilire una soglia univoca e un unico criterio valido per tutte le situazioni è di fatto impossibile. Si deve innanzi tutto considerare l’ovvia differenza tra normali attività diurne e la delicata funzione del riposo notturno, che certamente merita maggiore e specifica attenzione”, continua Tombolato.

Fare un esposto. O rivolgersi a un avvocato: le strade per tutelarsi

Ma come si pone il legislatore di fronte al problema? E cosa si può fare allora se ci si ritiene vittime di inquinamento acustico?

Dal punto di vista normativo, è nell’ottobre del 1995 che l’inquinamento acustico fa il suo ingresso ufficiale nel panorama nazionale con la legge quadro n. 447, che si prefigge lo scopo di tutelare le legittime fruizioni dell’ambiente costruito e naturale dall’introduzione di rumore eccessivo. Un recente decreto nazionale, di recepimento della direttiva europea 2002/49/CE, prevede che l’azione di governo del territorio debba (pre)occuparsi di riconoscere e valorizzare le aeree quiete (parchi e zone di pregio ambientale, ma non solo), oltre che di risanare le situazioni degradate. “Non ha infatti senso stabilire per determinate zone una particolare tutela storica, culturale, ambientale, paesaggistica (Landscape) trascurando completamente il panorama sonoro (Soundscape)”, afferma l’esperto.

Ma se, appunto, la propria qualità di vita è pregiudicata dal rumore? Che fare cioè quando gli strumenti tecnici, amministrativi, politici non hanno funzionato a sufficienza? Il cittadino ha due possibilità: rivolgersi all’amministrazione comunale, presentando un esposto (l’apposita modulistica si trova normalmente sul sito web istituzionale del Comune), ovvero passare alle vie legali. “Una burocrazia efficiente, nel primo caso, e una giustizia efficace, nel secondo, sono il volto amico che la pubblica amministrazione può presentare al cittadino in difficoltà. Il nodo rimane, però, la prevenzione, la programmazione, la politica ambientale che, sotto forma di tutela dell’interesse generale è politica in senso stretto, politica tout court”.

La valutazione acustica degli immobili, tema importante ma poco considerato

Un consiglio molto importante che gli esperti di inquinamento acustico danno è quello di chiedere conto, all’atto dell’acquisto di un immobile, delle caratteristiche acustiche, “che devono rispettare i requisiti minimi stabiliti con DPCM 5 dicembre 1997. Meglio ancora sarebbe se governi e amministrazioni comunali incentivassero la diffusa applicazione della norma tecnica UNI 11367:2023, a carattere volontario, che pone obiettivi di vera qualità acustica degli immobili, visto che un conto è abitare una villetta singola in quartiere residenziale, un altro risiedere in un condominio affacciato su una strada a traffico sostenuto”, continua Tombolato. Detto in maniera più chiara: quando si compra una casa, in genere, ci si basa solo sull’impressione visiva. Ma per capire com’è realmente il panorama sonoro di quell’abitazione bisognerebbe dormirci, anzi magari affittarla e viverci un po’, perché solo in questo modo ci si rende di conto se va bene o no. In realtà, la legge prevede la redazione della cosiddetta Valutazione di clima acustico, uno studio elaborato da un consulente che documenta il panorama sonoro dell’immobile. “Ma molti utenti non sono al corrente di questo fatto, che oltretutto si risolve spesso in una mera autocertificazione – continua l’esperto – dietro la quale in molti casi si nasconde un vuoto”.

Città 30, un buon modo per ridurre il rumore

In ogni caso, l’attenzione alla qualità del costruito non basta, “se la progettazione acustica non è integrata nella complessiva pianificazione urbanistica e territoriale, comunale e sovracomunale; si tratta di una lucida previsione della Legge 447 (articolo 6). Non mancano, insomma, le norme e i regolamenti, ma non sono ancora sviluppate a sufficienza la cultura e la disponibilità ad assumere le responsabilità che sono necessarie per raggiungere i risultati prefissi dal legislatore”.

Con riguardo al contesto urbano, conclude Tombolato, la città a 30 chilometri orari potrebbe essere una scelta importante anche dal punto di vista acustico, un’operazione coraggiosa.

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